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Teano – Serena uccisa perchè voleva denunciare un giro di droga


teano. Delitto di Arce: pesantissime le ipotesi accusatorie della Procura della Repubblica di Cassino contro i cinque nuovi indagati. Due le piste: l’ex fidanzato o due carabinieri. Sarà decisiva la prova del Dna. Gli inquirenti intendono dimostrare che Serena venne uccisa per evitare che denunciasse un giro di droga.
Gli indagati sono l’ex fidanzato di Serena, Michele Fioretti, sua madre Rosina Partigianoni, l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco e un altro militare dell’Arma, Francesco Suprano. Le accuse ipotizzate dal procuratore capo di Cassino Mario Mercone sono di omicidio volontario e occultamento di cadavere.

Una ragazza trovata morta in un bosco, la testa avvolta da un sacchetto di plastica, il 3 giugno del 2001, un presunto colpevole assolto in Cassazione dopo 17 mesi di carcere, un suicidio con molte ombre e adesso, a dieci anni dall’omicidio, quella che potrebbe essere la svolta: cinque persone sono indagate per l’assassinio di Serena Mollicone, la diciottenne di Arce tramortita con un colpo alla testa, legata, imbavagliata e soffocata da un assassino ancora senza nome. I cinque saranno sottoposti al test del Dna per comparare i risultati con le tracce biologiche trovate sui legacci con cui era stata immobilizzata la vittima. Gli avvisi di garanzia sono un passaggio obbligatorio soprattutto nell’eventualità che i reperti vengano distrutti durante gli esami di laboratorio. Due, sostanzialmente, le piste degli investigatori: una porta all’ex fidanzato e alla madre, l’altra (che in questa fase sembra più solida) è quella di un giro di droga. Serena avrebbe avuto intenzione di denunciare Marco Mottola (oppure lo stesso fidanzato) per spaccio. Qualcuno l’avrebbe colpita alla testa e, pensando di averla uccisa, avrebbero chiesto aiuto ai genitori che sarebbero intervenuti con il sacchetto di plastica sul viso. All’epoca Franco Mottola guidava la caserma dei carabinieri di Arce. I carabinieri erano già rimasti coinvolti nel giallo: nell’aprile del 2008 il brigadiere Santino Tuzzi si uccise con la pistola d’ordinanza dopo essere stato interrogato come testimone. Chi indaga cercherà di scoprire se, il giorno della scomparsa, Serena sia andata in caserma come sostengono in molti. “Dopo 10 anni finalmente vedo un po’ di luce – esulta Guglielmo Mollicone – sono anni che faccio i nomi di chi ha ucciso Serena: quelli che avrebbero dovuto garantire l’ordine e la sicurezza, quelli in cui mia figlia aveva riposto la sua fiducia e proprio a loro si era rivolta per denunciare lo spaccio di droga in paese. Serena aveva deciso di parlare di Marco Mottola. Quella mattina andò in caserma ma, invece di entrare negli uffici, fu fatta salire all’ultimo piano, nell’alloggio del maresciallo, come confermò Santino Tuzzi che lavorò fino alle 14 e non la vide scendere. Da allora – aggiunge Guglielmo Mollicone – Serena non è stata più vista”. Secondo l’uomo, quello di Santino Tuzzi sarebbe stato un omicidio “Tre giorni prima di morire gli avevano tagliato le gomme della macchina”. Il padre della vittima non risparmia neanche Carmine Belli, il carrozziere assolto dopo tre gradi di giudizio: “Sapeva ma non ha voluto parlare”. Quanto all’ex fidanzato e alla madre, finiti nel gruppo degli indagati, Guglielmo Mollicone è perplesso: “Forse è per non indagare solo nella direzione dei carabinieri”.

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