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PIGNATARO MAGGIORE – Operazione Caleno, Appello: condannati in tre

PIGNATARO MAGGIORE –  Processo in appello per gli imputati dello stralcio dell’Inchiesta “Caleno”. La terza sezione Appello del tribunale di Napoli modifica la sentenza di primo grado del gup Di Gregorio condannando anche Antonio Izzo che era stato assolto.  I giudici hanno comminato ad Izzo una pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione. Confermati i 4 anni e 10 mesi per Luigi Messuri e i 3 anni e 4 mesi per Gerardo Palumbo. La procura distrettuale aveva fatto appello al primo giudizio, svoltosi con giudizio abbreviato, ritenendo la pena non congrua. Invece l’unico cambiamento è stata la sentenza di condanna per Izzo.  Per la difesa sono stati impegnati gli avvocati Carlo De Stavola ed Elisabetta Carfora.  Le accuse contestate erano: associazione camorristica e danneggiamento. L’operazione della Dda coinvolse anche Giuseppe Lubrano accusato dell’omicidio Abbate ed altri 15 indagati del clan Lubrano–Ligato. I sostituti procuratori della Dda partenopea, Giovanni Conzo ed Eliana Esposito, avevano chiesto 12 anni e 6 mesi di reclusione per Messuri e nove anni per Palumbo e Izzo.  I giudici,  stralciarono il capo di imputazione per l’omicidio di Raffaele Abbate (padre del pentito Tonino), facendo slittare il giudizio per alcuni di loro. L’operazione che colpì i vertici delle cosche dell’Agro Caleno partì dopo l’omicidio di Raffaele Abbate, avvenuto nel 2000 in una villetta in località Partignano, e di Lello Lubrano, freddato da un commando in pieno centro cittadino. Nel corso delle indagini, vennero fuori anche numerosi episodi di estorsioni ed intimidazioni ai danni di operatori commerciali della zona. Le accurate indagini e l’ausilio fornito dal collaboratore di giustizia Giuseppe Pettrone, permisero agli investigatori di scovare i capi e i gregari del sodalizio criminale. Le accuse ipotizzate furono quelle di associazione mafiosa, omicidio, estorsioni, detenzione illegale di armi e danneggiamento. Vittime delle estorsioni, titolari di imprese edili, aziende dell’Agro Caleno ma anche piccoli commercianti. Tra i destinatari dei provvedimenti vi era anche uno dei capi storici della cosca, Raffaele Ligato, da anni rinchiuso in carcere e condannato all’ergastolo. Le indagini avrebbero ricostruito tutte le alleanze condotte nel corso degli anni dal clan Lubrano-Ligato, legato ai clan mafiosi e nello specifico a quello dei Corleonesi, attraverso la famiglia Nuvoletta di Marano ( tanto che Luciano Liggio, Totò Riina e Bernardo Provenzano, passarono dei periodi di latitanza proprio a Pignataro Maggiore. I Lubrano, infatti, grazie al matrimonio tra Raffaele Lubrano e Rosa Nuvoletta, si erano imparentati con la cosca napoletana.