Ultim'ora

MADDALONI – INTERDITTIVA ANTIMAFIA CONTRO CATURANO AUTOTRASPORTI, IL TAR HA DECISIO: E’ NULLA

MADDALONI – Interdittiva antimafia contro la società Caturano Autotrasporti, il Tar annulla gli atti della Prefettura. Tutto scritto nella sentenza sul ricorso numero di registro generale 2019 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da Caturano Autotrasporti Srl e Pietro Caturano, contro U.T.G. Prefettura di Caserta, Ministero dell’Interno, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca,  per l’annullamento

– quanto al ricorso introduttivo: del provvedimento prefettizio prot. n. 2121/12B 16/ANT7AREA 1^ del 3.12.2012, recante informazione interdittiva antimafia; di ogni altro atto connesso e conseguenziale;

– quanto ai motivi aggiunti: della relazione prefettizia in data 30/4/2013; del verbale del GIA del 30/11/2012; del rapporto del Comando provinciale dei Carabinieri di Caserta prot. n. 270934 del 28/11/2012; del rapporto della Questura di Caserta in data 13/10/2012.

Con ricorso notificato il 5/4/2013, la società Caturano Autotrasporti ed il sig. Caturano Pietro, in proprio e nella qualità di amministratore in carica della società, proponevano l’impugnativa in epigrafe contro gli atti concernenti l’interdittiva antimafia comunicata a seguito della richiesta di contributi avanzata al MIUR ai sensi dell’art. 14, co. 1, lett. c), del decreto ministeriale n. 593 del 2000.

Le amministrazioni dello Stato intimate si costituivano in giudizio, producendo documenti e resistendo alle pretese avverse.

Con atto notificato il 30/5/2013, il ricorrente proponeva motivi aggiunti contro gli istruttori del provvedimento prefettizio.

La domanda incidentale di tutela cautela è stata respinta con ordinanza n. 962 del 19/6/2013, riformata in sede di appello dal Consiglio di Stato, sez. III, con ordinanza n. 3421 del 30/8/2013, limitatamente alla fissazione dell’udienza per la trattazione della controversia.

DIRITTO

1. Nel merito con il ricorso in esame ed i motivi aggiunti si deduce che:

– i ricorrenti sarebbero immuni da condizionamenti della criminalità organizzata ed estranei a contesti criminali; mancherebbero elementi per ipotizzare il contrario;

– la determinazione sarebbe basata su valutazioni erronee;

– gli atti istruttori farebbero riferimento ad un episodio risalente a oltre dieci anni or sono; dall’episodio, ammesso che sia accaduto, non sarebbe scaturita alcuna operazione, segno che il ricorrente non sarebbe acquiescente ai desideri della criminalità;

– fatti ancor più remoti richiamati in una nota della Questura del 1999 avrebbero avuto un esito favorevole per il ricorrente, siccome smentiti dalla stessa Questura nel 2000;

– la denuncia della DIGOS di Frosinone si sarebbe risolta con una richiesta di archiviazione del P.M.;

– l’interdittiva emessa a carico di altra società non sarebbe mai stata comunicata agli interessati;

– relativamente all’ordine di custodia cautelare a carico del socio Aniello C., il TAR Campania, sez. I, con sentenza n. 1901 del 10/4/2013, avrebbe annullato l’interdittiva relativa al suddetto soggetto in relazione alla pronuncia del Tribunale del riesame; nella propria relazione, la Prefettura non terrebbe conto della decisione del giudice amministrativo;

– Stefano B., sarebbe cliente di altra società del gruppo Caturano; il ricorrente avrebbe unicamente rapporti commerciali con il medesimo e tale sarebbe la ragione del contatto riferito dalle forze dell’ordine;

– mancherebbe una adeguata istruttoria; la determinazione sarebbe illogica e traviserebbe i fatti; gli atti sarebbero viziati da sviamento.

2. Giova premettere che l’interdittiva impugnata è essenzialmente motivata “per relationem” con il rinvio alla relazione dei rappresentanti delle forze dell’ordine incaricate di procedere alle verifiche ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 1998.

In particolare il Gruppo Ispettivo Antimafia, nel proprio parere posto a sostegno del provvedimento, ravvisa la sussistenza di un inquinamento mafioso dai seguenti elementi:

– il socio ed amministratore unico della società sarebbe contiguo al clan dei casalesi alla luce dei rapporti intercorsi con Antimo P., capo zona nel comune di Recale;

– il medesimo risulterebbe “controllato” in data 15/1/2012 in compagnia con Stefano B., pregiudicato per traffico di stupefacenti ed estorsione;

– gli altri soci sarebbero proprietari di una ditta colpita da interdittiva in data 17/7/2012.

2.1. E’ in primo luogo da osservare che i ricorrenti lamentano che non sarebbe stata comunicata agli interessati l’interdittiva indicata negli atti impugnati. Tale circostanza non è invero smentita dall’amministrazione resistente, per cui è da escludere alcuna acquiescenza alla suddetta informativa.

Orbene, quest’ultima risulta emanata sulla base del parere del GIA del 13/7/2012, il quale propone l’emissione dell’interdittiva unicamente a causa dell’ordinanza di custodia cautelare n. 402 del 2011 a carico di Aniello C. per reati commessi al fine di favorire la criminalità organizzata.

Sennonché una coeva interdittiva, emanata nei confronti di un’altra società del gruppo, ugualmente in base ad una parere del GIA del 13/7/2012, risulta annullata dal TAR Campania, sez. I, con sentenza n. 1901 del 10/4/2013.

Nella citata pronuncia si evidenzia che:

– con riferimento all’elemento fattuale determinante posto a sostegno dell’informativa prefettizia, ossia che A.C., allora amministratore unico della società ricorrente, è stato tratto in arresto il 4.7.2011, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emessa il 22.6.2011 dal GIP del Tribunale di Napoli, perché ritenuto responsabile dei delitti di cui agli artt. 81 cpv, 110, 629, 628 n.1 e n.3 del c.p., con l’aggravante ex art.7 L. n.203/1990, in quanto ritenuti commessi al fine di favorire l’organizzazione criminale del clan dei casalesi, l’istruttoria svolta ha mancato di rilevare che il suindicato A.C. era già stato scarcerato con ordinanza di riesame pronunciata dalla Sezione VIII dello stesso Tribunale in data 15.7.2011, dunque antecedentemente al verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia del 13.7.2012, ove non si fa alcuna menzione del detto provvedimento;

– trattasi, indubbiamente, di circostanza di sicuro rilievo in quanto l’organo del riesame, nell’annullare la misura cautelare in precedenza adottata, ha ritenuto insufficienti gli elementi raccolti a supporto del quadro indiziario posto a base dell’accusa, per il mancato riscontro dei fatti denunciati, anche in relazione al grado di attendibilità del denunciante M.P., coindagato in procedimento connesso;

– neppure risulta valutato il fatto che quest’ultimo è stato rinviato a giudizio con decreto del GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in data 7.2.2012, in relazione al delitto di cui all’art.368 c.p., per aver falsamente denunziato lo smarrimento di due assegni, per un importo complessivo di € 11.000,00, ed incolpato il giratario (ossia il già nominato A.C.) pur sapendolo innocente;

– a fronte degli elementi raccolti nei citati atti ed emersi successivamente alla prima ricostruzione dei fatti sottesa all’ordinanza di custodia cautelare, si rendeva ineludibile una approfondita, complessiva valutazione della vicenda da parte dell’amministrazione ai fini di verificare, alla luce dei criteri sopra delineati, la sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione dell’interdittiva antimafia; diversamente opinando, sarebbe sufficiente che un soggetto venga attinto da un provvedimento restrittivo, anche successivamente annullato, perché l’amministrazione, richiamandosi al dato storico rappresentato dal primo provvedimento e non vagliando complessivamente lo sviluppo processuale penale, ometta di dare contezza della valutazione di incidenza delle condotte con riferimento agli scopi delle disposizioni specialpreventive richiamate.

– i rilevati vizi istruttori, che si riflettono sulla correttezza dell’iter logico/motivazionale soggiacente la disposta misura, non sono stati superati neppure dopo l’ordinanza di riesame pronunciata dalla Sezione in sede cautelare; infatti, anche la nota prefettizia del 13.12.2012, lungi dall’operare un’effettiva rivalutazione degli elementi sopra segnalati, si è limitata a confermare il precedente esito, valorizzando peraltro fatti non attuali (accaduti nel periodo 1999-2003), riferiti a soggetto diverso (P.C., padre di A.C.) e privi, pertanto, di concreta significatività circa possibili tentativi di infiltrazione della criminalità aventi lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa.

Il Collegio, nella presenta occasione, non ha ragione di discostarsi dalla suddetta pronuncia, per cui è da escludere che la valutazione rimessa alle cure dell’autorità di pubblica sicurezza sia congruamente effettuata sulla base degli esaminati elementi.

2.2. Relativamente alla contiguità di Pietro C. con il clan dei casalesi, desunta dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia per i rapporti esistenti con Antimo P. con riferimento a fatti risalenti al 1999-2003, è da rilevare che nella già citata sentenza n. 1901/2013 si rileva, come si è detto, la incongruità della valorizzazione di circostanze non attuali.

2.3. E’ infine da ritenere che un occasionale “contatto” con un soggetto controindicato non abbia significato concludente utile a sorreggere adeguatamente i dubbi sulla compromissione morale dell’impresa in questione.

3. In conclusione il ricorso in esame va pertanto accolto.

Attese le peculiarità della vicenda e delle questioni trattate, si ravvisa comunque la sussistenza di valide ragioni per la compensazione delle spese di giudizio, fermo restando il rimborso del contributo unificato anticipato dai ricorrenti a carico dell’amministrazione soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), in accoglimento del ricorso in epigrafe, annulla gli atti impugnati. Spese compensate, fatto salvo il rimborso del contributo unificato a carico della Prefettura di Caserta.

 

Guarda anche

Falciano del Massico – Malore improvviso, Sergio muore sul posto di lavoro

Falciano Del Massico (di Danilo Pettenò) – Una triste notizie sconvolge la cittadinanza all’alba, risale …