Il Giro d’Italia è molto più di una competizione ciclistica: è un simbolo dell’identità italiana, un rituale sportivo che si ripete ogni anno dal lontano 1909, quando fu ideato dalla Gazzetta dello Sport per aumentare le vendite del giornale. Da allora, il Giro ha attraversato guerre, crisi economiche, rivoluzioni sociali, e ha sempre trovato il modo di tornare, con il suo carico di sogni, fatica e gloria. Ciò non stupisce affatto, visto che il ciclismo, anche amatoriale, è uno sport sempre più amato e per cui i Comuni si stanno sempre più organizzando, sia per mettere a disposizione dei ciclisti piste ciclabili e segnaletiche adeguate, sia per la proposta di gare ed eventi di ciclismo.
Contrariamente a quanto si possa pensare, non sempre il Giro si svolge esclusivamente in Italia. Sebbene la maggior parte delle tappe si snodi tra le Alpi, gli Appennini e le coste mozzafiato della penisola, non mancano incursioni all’estero: Austria, Slovenia, Francia, Svizzera e persino Israele hanno ospitato tappe del Giro in alcune edizioni. Questo perché il Giro d’Italia è anche un modo per esportare la bellezza e lo spirito dell’Italia nel mondo.
E la maglia rosa? Non è solo un dettaglio estetico. Sin dalla prima edizione, nel 1931, quando fu introdotta, simboleggia il primato nella classifica generale. La scelta del colore non è casuale: è un omaggio al colore delle pagine della Gazzetta dello Sport, il quotidiano fondatore. Nonostante piccoli cambiamenti nel design nel corso degli anni, la maglia è sempre rimasta rosa, diventando un’icona riconosciuta in tutto il mondo, al pari della maglia gialla del Tour de France.
Quanto vale davvero il Giro: premi, costi e prestigio
Il montepremi del Giro d’Italia varia ogni anno, ma in media si aggira intorno ai 1,5 milioni di euro, come, più o meno, in quasi tutti gli stati europei che organizzano manifestazioni sportive simili. Il vincitore assoluto può portarsi a casa circa 250.000 euro, una cifra significativa, ma che impallidisce se paragonata ai guadagni derivanti da sponsorizzazioni e visibilità. Anche i vincitori di singole tappe, le maglie di categoria (come quella azzurra per il miglior scalatore o quella ciclamino per il miglior velocista), ricevono premi economici, con bonus aggiuntivi per i traguardi intermedi e la combattività.
Ma il vero premio del Giro va oltre il denaro. Partecipare, e ancor più vincere, significa entrare in un “olimpo di leggende”, attirare sponsor, contratti, notorietà. Un corridore che indossa la maglia rosa anche solo per un giorno ha già scritto il proprio nome nella storia del ciclismo. Per molti atleti, il Giro rappresenta la vetrina decisiva per emergere nel panorama internazionale. Alcuni team investono somme ingenti per prepararsi al meglio, tra logistica, supporto medico e tecnico. Il costo di partecipazione non è diretto, non c’è un “biglietto d’ingresso” da pagare, ma è legato agli enormi investimenti che ogni squadra affronta per essere competitiva. Oltre ai premi materiali, la ricompensa più preziosa resta la fama imperitura. Essere un “uomo del Giro” significa conquistare il cuore del pubblico, diventare un punto di riferimento per generazioni di tifosi, incidere il proprio nome su una pietra miliare dello sport mondiale.
I grandi campioni: miti su due ruote
Impossibile parlare del Giro d’Italia senza evocare i suoi campioni leggendari, uomini capaci di trasformare ogni salita in poesia e ogni arrivo in apoteosi. Il primo nome che risuona è quello di Fausto Coppi, “il Campionissimo”, che dominava le strade italiane con classe e determinazione. Con cinque Giri vinti, Coppi è entrato nell’immaginario collettivo come simbolo di rinascita nel dopoguerra, insieme al suo rivale-amico Gino Bartali, anch’egli pluricampione, ma anche eroe della Resistenza.
Poi arrivarono gli anni di Felice Gimondi, di Bernard Hinault, uno dei pochi stranieri a vincere più di una volta, e soprattutto di Marco Pantani, “il Pirata”, che fece innamorare l’Italia con le sue imprese in salita e la sua personalità tormentata. Pantani resta uno dei nomi più amati, capace di incarnare il lato romantico e drammatico del ciclismo.
Negli ultimi anni, il Giro ha visto trionfare nuovi protagonisti come Vincenzo Nibali, uno dei pochi corridori capaci di vincere tutti e tre i grandi giri (Italia, Francia, Spagna), e Primož Roglič, simbolo della nuova generazione di atleti, preparatissimi e calcolatori, ma ancora capaci di emozionare. Il Giro d’Italia non è solo una corsa: è un viaggio attraverso l’anima di un Paese, un racconto collettivo che ogni anno si arricchisce di nuove pagine. I suoi miti non sono solo atleti, ma eroi moderni, capaci di ispirare, di sfidare i propri limiti e di farci sentire, almeno per un momento, parte di qualcosa di più grande.