Pignataro Maggiore – Ad un mese dalle elezioni amministrative, a Pignataro Maggiore si respira aria pesante. L’alleanza tra l’ex sindaco Giovan Giuseppe Palumbo e l’ex assessore Cesare Cuccaro, operazione eterodiretta – secondo indiscrezioni sempre più insistenti – dal consigliere regionale Stefano Graziano, ha provocato una frattura profonda all’interno delle rispettive liste di riferimento.
Molti candidati che avevano già avviato la campagna elettorale si sono visti chiudere la porta in faccia, sacrificati sull’altare di un’alleanza vista da più parti come un’imposizione esterna. L’ingerenza di forze “forestiere”, che si sono mosse per estromettere una figura ingombrante come l’ex sindaco Giorgio Magliocca – pur sempre espressione del tessuto cittadino – viene vissuta con crescente rabbia da una parte importante dell’elettorato.
Il rischio ora è concreto: il dissenso interno, se non verrà riassorbito in tempi brevissimi, potrebbe tradursi in una vera e propria controffensiva elettorale. Gli esclusi starebbero infatti valutando di convergere compattamente su uno degli altri due candidati a sindaco in corsa, con l’obiettivo di misurare la propria forza alle urne e lanciare un messaggio politico chiaro: “i pignataresi non si governano da fuori”.
Secondo alcune voci di corridoio, per rendere ancora più evidente il segnale, i delusi potrebbero scegliere di appoggiare un candidato considerato “meno forte” all’interno della lista ritenuta più competitiva contro la coalizione Palumbo-Cuccaro. Un voto di dissenso, ma anche di sfida, che potrebbe cambiare radicalmente gli equilibri della competizione.
Non a caso, nelle ultime ore, tra i delusi si è diffusa l’espressione “coalizione anti-pignataresi” per bollare l’asse Palumbo-Cuccaro. Un’etichetta pesante che rischia di mettere definitivamente in discussione la legittimità popolare di una operazione politica già partita sotto il segno della divisione.
Le prossime settimane saranno decisive per capire se il dissenso rimarrà confinato ai mormorii o se si tradurrà in un vero e proprio terremoto elettorale.
