Santa Maria La Fossa – Due medici sono indagati per la morte di Vincenzo Russo, 45 anni di Qualiano deceduto lo scorso 13 aprile per una probabile setticemia dopo un calvario durato oltre due mesi e transitato per quattro diversi presidi ospedalieri, con diagnosi più disparate per giustificare i problemi e i dolori di cui soffriva. La Procura di Napoli, riscontrando l’esposto della moglie della vittima che si è rivolta allo Studio 3A per far luce sulla tragedia, ha iscritto nel registro degli indagati i medici P.G., 63enne di Pozzuoli, e G.M., 38 anni di Santa Maria la Fossa. Il pubblico ministero ha disposto l’autopsia sulla salma per accertare le esatte cause del decesso: l’incarico sarà conferito martedì 29 aprile 2025, alle 10, presso il palazzo di Giustizia di Napoli, a un pool di tre consulenti tecnici formato dai medici Nicola Balzano, Vitagliano Tiscione ed Elvira La Mantia. Alle operazioni peritali parteciperà, quale consulente tecnico per la parte offesa, anche il medico legale Luca Scognamiglio messo a disposizione da Studio3A, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui si è affidata per essere assistita la moglie di Russo.
A quanto riferito dalla vedova ai carabinieri della tenenza di Quarto Flegreo nella denuncia querela presentata l’indomani della tragedia, a fronte delle innumerevoli perplessità sulle cure prestate al consorte, ormai più di due mesi fa il 45enne, padre di 4 figli, si era recato all’ospedale San Giuliano di Giugliano lamentando un forte dolore al petto, salvo essere subito dimesso dopo gli accertamenti effettuati: gli esami clinici non avrebbero rivelato nulla di preoccupante, come un infarto in corso, e per i sanitari si trattava solo di un dolore intercostale che sarebbe presto passato da solo.
Così però non è stato, anzi, con l’andare dei giorni le algie sono aumentate estendendosi dal petto anche alla spalla destra, ragion per cui Russo, sempre accompagnato dalla moglie, ha effettuato numerose altre visite, presso strutture sia pubbliche sia private: un continuo andirivieni in ospedali, tra cui il Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, il Pineta Grande di Castel Volturno e il Cardarelli. Ogni volta il paziente ha seguito le cure prescritte dai dottori che l’hanno via via visitato, e che peraltro avevano formulato diagnosi discordanti tra loro, senza però riuscire a venire a capo dei suoi problemi, che continuavano ad aggravarsi: Russo non riusciva neanche più a reggersi in piedi e a camminare e aveva pure smesso di urinare. Finché, il pomeriggio del 12 aprile scorso, la moglie ha riportato all’ospedale Pineta Grande il marito in preda a febbre alta, oltre 39, dolori lancinanti che ormai interessavano anche l’inguine, polpaccio e caviglia e ridotto in uno stato semi-confusionale in cui, a momenti in cui era “presente”, se ne alternavano altri di “catatonici” nei quali non rispondeva agli stimoli esterni. E qui i medici che hanno preso in carico il paziente, dopo averlo sottoposto agli accertamenti di rito e riscontrato negli esami del sangue valori totalmente “sballati”, hanno rivelato alla moglie che Russo era in grave pericolo di vita consigliandole di trasferirlo subito all’ospedale Cardarelli per poter essere seguito da un ematologo, che al momento non era in servizio nel presidio di Castel Volturno: trasferimento che la moglie ha effettuato immediatamente con mezzi propri, dato che lì per lì al Pineta Grande non vi erano neanche ambulanze disponili e il tempo di attesa sarebbe stato di quattro ore.
Inizialmente al Cardarelli, dopo aver finalmente visitato il paziente verso mezzanotte, avevano rassicurato i familiari, spiegando che il loro caro aveva necessità di una trasfusione, che le sacche di sangue stavano arrivando e che si sarebbe presto ripreso, invitandoli a rincasare tranquilli per la notte. Ma alle 7 del mattino del 13 aprile dal principale nosocomio partenopeo a casa Russo è giunta la terribile telefonata presa dalla moglie: Vincenzo aveva avuto un arresto cardiaco fatale che, a quanto riferito dal medico che per ultimo lo aveva preso in cura, sarebbe stato provocato da una setticemia in corso.

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