Caserta – Calcio: la Casertana senza storia, mai nel calcio che conta. La peggiore provincia della Campania

Caserta (di Emanuele La Prova) – Delle cinque province campane, c’è n’è una che non ha mai conosciuto la Serie A di calcio. Parliamo naturalmente della provincia di Caserta, la cui epopea nel mondo del pallone professionistico si è fermata alla fine degli anni Ottanta ed ai primi anni Novanta. Da allora il vuoto, o quasi. Il paragone con i “cugini” della regione è impietoso. No, non c’è nemmeno bisogno di scomodare Napoli ed il suo immenso hinterland. Il capoluogo ha una tradizione, un traino ed una storia a sé. Tuttavia, il confronto tra Caserta, Salerno, Benevento ed Avellino resta agghiacciante per gli appassionati di Terra di lavoro, che non hanno mai assaporato in prima persona l’approdo nella massima serie. Partiamo da lontano. Parlando dei soli capoluoghi di provincia, Avellino ha vissuto la sua Eldorado tra il 1978 ed il 1988: 10 anni di fila in serie A, per una squadra che mai prima di allora era arrivata così in alto. Durante quel periodo, la maglia biancoverde venne indossata da giocatori come Carnevale, Ramon Diaz, Dirceu, Tacconi e, naturalmente, dai mitici Juary e Barbadillo. Agli inizi del 2000, la squadra tornò a far parlare di sé, eliminando il Napoli nello spareggio per la Seri B. Negli anni 10 del nuovo millennio, i biancoverdi hanno militato stabilmente tra i cadetti, prima di scendere nuovamente in C. La Salernitana, invece, ha salutato la massima serie solo lo scorso anno, dopo 3 stagioni di fila: non era mai successo. Negli ultimi tempi, i granata hanno lanciato calciatori di altissimo livello: uno fra tutti, Ederson, diga invalicabile del centrocampo dell’Atalanta di Gasperini, che continua a dominate in Italia ed in Europa. Alla fine degli anni ’80, i campani tornarono in B capitanati dall’indimenticato ed indimenticabile Agostino Di Bartolomei, per poi approdare in A quasi un decennio dopo, guidati dal bomber Marco Di Vaio. Ora, nonostante le cose in B stiano andando davvero male, con la squadra ultima ed in attesa (forse) di una nuova proprietà, la gente di Salerno sa di potersi aggrappare ancora al suo ultimo baluardo: la Curva Sud Siberiano, o più semplicemente, una delle migliori tifoserie organizzate d’Europa. Per una Salernitana che potrebbe retrocedere, c’è un Benevento che invece torna a sentire l’aria della Serie B. Le streghe attualmente occupano il secondo posto del girone C, a -1 dal Monopoli e con una gara da recuperare. Nel 2017-18, per la prima volta, i giallorossi hanno disputato il campionato di Serie A, tornandovi successivamente nel 2020. Dopo la dolorosa caduta in C, la squadra sembra sulla buona strada per tornare tra i cadetti. E arriviamo, infine, a Caserta ed alla sua provincia. Nonostante l’esistenza di squadre ultracentenarie, Terra di lavoro non è mai stata nella massima serie. Il punto più alto toccato da una compagine locale, è stata sicuramente la Serie B della Casertana. Stiamo parlando della primavera del 1991. Quasi 34 anni fa. Mentre la JuveCaserta si laureava campione d’Italia nella pallacanestro, battendo Milano al Forum, le parate di Bucci, la solidità di Petrucci ed i gol di Campilongo, riportavano i falchetti tra i cadetti. Da allora, è successo tutto ed il contrario di tutto. Retrocessioni, fallimenti, ripescaggi, fino ad arrivare alla tanto discussa era D’Agostino. Eppure, Caserta e la Casertana non sono mai più tornate così in alto. E le motivazioni sono davvero troppe. Mancanza di strutture adeguate, mancanza di un progetto in grado di coinvolgere l’intera provincia, mancanza di imprenditori, e quindi di denaro, in grado di sostenere l’attuale proprietà. Ad oggi, la squadra si ritrova a lottare per non retrocedere in D. La società ha le sue colpe, è chiaro, ma non è l’unica. Parliamo di una piazza e di una città che, negli anni, non è mai stata in grado di guardare oltre la Reggia vanvitelliana. Ciò che è provincia non piace al casertano medio. L’”élite”, la borghesia, non vuole avere nulla a che fare con chi vive al di fuori dei confini cittadini. Ed ecco che il Pinto diventa “il feudo caianellese”, che D’Agostino, che negli anni ha portato a Caserta giocatori del calibro di Gigi Castaldo, diventa “l’uomo venuto da fuori per distruggere la nostra storia”. Parte della tifoseria chiede a gran voce lo stadio nuovo, ma poi lascia quello vecchio sostanzialmente vuoto. C’è chi chiede i grandi acquisti, e poi magari fa la corsa per assicurarsi il “biglietto omaggio”. Una storia, insomma, vista e rivista, nel calcio come nella pallacanestro. Se però, almeno il basket sembra essere tornato ad attirare l’attenzione di città e provincia, il “pallone” è finito su un binario morto. Ed una eventuale retrocessione tra i dilettanti, non farebbe altro che peggiorare le cose.

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