Ieri, 24 dicembre 2024, Papa Francesco ha aperto ufficialmente il Giubileo che, si prevede, attirerà milioni di pellegrini da tutto il mondo.
Il Giubileo ha origine dalla tradizione ebraica che, ogni 50 anni, prevedeva un anno di riposo per la terra, la restituzione delle proprietà e la liberazione degli schiavi. Il termine deriva dall’ebraico “yobel”, che significa “corno di ariete”, utilizzato per annunciare l’inizio di questo periodo.
Ogni 25 anni. Nella Chiesa cattolica, il Giubileo, o Anno Santo, è un periodo durante il quale il Papa concede l’indulgenza plenaria ai fedeli che si recano a Roma e compiono particolari pratiche religiose. Il primo Giubileo fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII, con una cadenza iniziale di 100 anni, successivamente ridotta a 50 e infine stabilita ogni 25 anni. Gli Anni Santi ordinari sono stati finora 27 (incluso quello appena iniziato), mentre quelli straordinari, concessi in occasioni particolari, sono stati 95.
La ricerca del CENSIS e dell’Associazione Essere Qui
Gli italiani che, dal punto di vista religioso, si definiscono “cattolici” sono il 71,1% della popolazione, più nel dettaglio il 15,3% si definisce cattolico praticante, il 34,9% dichiara di partecipare solo occasionalmente alle attività della Chiesa e il 20,9% si definisce “cattolico non praticante”. Particolarmente significativo il fatto che la percentuale di coloro che si definiscono a vario titolo cattolici, scende al 58,3% nella fascia dei 18- 34enni. Il principale motivo per cui molti che si definiscono cattolici, ma vivono in realtà al di fuori della realtà ecclesiale, è una forma di individualismo religioso, il 56,1% di coloro che si definiscono cattolici ma non frequentano o frequentano poco la chiesa, indica come motivazione che lo fa “perché vive interiormente la sua fede”. Il 40,1% degli italiani non si riconosce nella Chiesa cattolica italiana, il 14,8% dei praticanti, e il 22% non sa rispondere a questa domanda. In sostanza, se si esclude quel 15% di praticanti, più della metà dei cattolici “distanti” non si riconosce nella Chiesa italiana.
Tuttavia, l’Italia resta un Paese culturalmente cattolico: solo il 5,4% dichiara di essere stato educato in un ambito “anti-cattolico” e il 79,8% dichiara che la sua base culturale è di ispirazione cattolica, il 61,4% si dice d’accordo con l’affermazione che il cattolicesimo è parte integrante dell’identità nazionale (anche il 41,4% dei non credenti), mentre il 23,4% si dice in disaccordo. Una cultura fortemente intrisa di simboli religiosi: solo il 10,6% della popolazione si dice indifferente davanti al segno della croce, il 34,5% lo rispetta e ben il 54,8% dichiara che fa parte del suo sentire; un ritrovarsi e un riconoscersi che è del 41% quando si parla di devozione alla Madonna (il 36,7% dei non credenti ha comunque una forma di rispetto verso questa devozione). Tra coloro che non si riconoscono nella Chiesa Italiana, il 45,1% indica come motivazione che la Chiesa è troppo antica, il 27,8% che non ha una linea chiara, mentre solo l’8,9% perché non ci sono donne in posizione di vertice (12,4% nella popolazione femminile). Gli insegnamenti di Gesù sono però tra gli insegnamenti spirituali migliori di cui disponiamo per il 45,5% degli italiani, cui si aggiungono un 16,3% che dichiarano che quegli insegnamenti ispirano la loro vita, mentre solo il 13,5% pensa che non abbiano più molto da insegnare (che diventa il 34,6% tra i non credenti). Il 66% degli italiani dichiara comunque di “pregare” o di rivolgersi a Dio o ad un’altra entità superiore, il 94,8% dei cattolici praticanti (e il rimanente 5,2% non lo fa), il 65,6% dei non praticanti e addirittura l’11,5% dei non credenti! Una preghiera più emozionale che liturgica perché ci si rivolge a Dio quando si vive un’emozione (39,4%) o quando si ha paura e si vuol chiedere aiuto (33,5%) molto meno all’interno di qualche rito (4,6%) vale anche per il cattolico praticante (8,8%), sempre più il rapporto con Dio è un rapporto intimo. Per quanto riguarda la vita dopo la morte, il 58% degli italiani crede che esista, l’87,7% dei praticanti.
I motivi per cui i fedeli sono passati dall’essere praticanti, all’essere “in uscita”: più forte di tante altre motivazioni di ordine organizzativo-pratico-istituzionale, sembra essere la tendenza, da parte della Chiesa, ad emarginare fedeli di valore, ne è convinto il 49,2% degli italiani, il 38,1% dei praticanti, il 42,8% degli occasionali e il 53,8% dei cattolici non praticanti. La Chiesa in uscita è stata determinata da una Chiesa che si è chiusa ai laici più intraprendenti.