L’indagine è partita dalla denuncia presentata dai referenti del collegio sindacale della Coldiretti, cui non erano stati forniti i bilanci di liquidazione. È di cinque persone raggiunte da misure cautelari e di un maxi sequestro di 25 immobili e auto di storiche e di lusso per un valore di venti milioni di euro, il bilancio dell’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere e della Guardia di Finanza di Caserta sulla bancarotta di due società confidi della Coldiretti, impegnate nel sensibile settore del rilascio delle garanzie alle piccole e medie imprese agricole al fine di favorirne l’accesso al credito di banche e di altri intermediari finanziari. Gli immobili sequestrati sono situati in tutta Italia, in particolare in Campania, Puglia, Lazio, Toscana, Lombardia, Sicilia.
Agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, sono finiti l’imprenditore ed ex uomo di Coldiretti, Enrico Leccisi, il noto commercialista e docente universitario di Santa Maria Capua Vetere Raffaele Marcello, mentre per altri due commercialisti coinvolti sono stati disposte le interdittive a svolgere la professione, e un’ultima misura dell’obbligo di dimora è stata notificata alla compagna di Leccisi. Per Eleonora Caranchi, di Como, ex compagna di Leccisi è stata decisa l’obbligo di dimora. Nicola Pierro, di Frosinone, e Alberto Ceccarelli, di Bari, sono stati colpiti dalla misura dell’interdizione dei pubblici uffici per 12 mesi.
Dagli accertamenti è emerso il coinvolgimento del liquidatore delle due società confidi, imprese che si occupano di supportare piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati nel ricevere finanziamenti (Agricentro Nord, e Agricentro Sud) di professionisti e di prestanome, nell’azione di costante svuotamento del patrimonio aziendale, che poi ha portato al fallimento delle due società (una già fallita, l’altra sottoposta a procedimento fallimentare al tribunale di Roma), che sono rimaste solo con i debiti aziendali e i debiti di firma collegati alla garanzie confidi rilasciate alle banche e non sono state dunque più in grado di essere solvibili ai fini appunto della garanzie prestate, con danni alle piccole e medie imprese agricole. In primis gli indagati hanno fornito false valutazioni al ribasso dei compendi aziendali, per poi procedere alla cessione di rami d’azienda a prezzi inferiori a quelli reali e di mercato a società appositamente costituite e controllate di fatto proprio dal liquidatore dei due confidi. In pratica, venditore e acquirente erano la stessa persona. Un’indagine non facile quella delle Fiamme Gialle casertane, visto che le compagini costituite per acquisire i beni delle due società da svuotare erano numerose e sono state accertate sei cessioni ad altrettante società create ad hoc, fino all’ultima che era di diritto estero, in particolare panamense, e ciò per rendere difficoltoso risalire al gestore di fatto. Leccisi ad un certo punto ha anche trasferito le sedi delle due società confidi da Roma a Santa Maria Capua Vetere. Qui la Procura ha raccolto le diverse denunce presentate in giro per l’Italia, delegando poi le indagini alla Finanza. I beni che Leccisi è riuscito ad acquisire in modo fraudolento dalle due società in liquidazione sono poi serviti per acquisire auto e immobili di lusso in giro per l’Italia.
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