Sessa Aurunca/Cellole/Viterbo -La dura lettera aperta di Don Lorenzo Albano contro il Vescovo Piazza: “non era un pastore ma un politico”

Sessa Aurunca/Cellole/Viterbo – Una lettera aperta carica di accuse e recriminazioni ha acceso un dibattito all’interno della comunità ecclesiale e politica. Don Lorenzo Albano, sacerdote della comunità  di Baia Felice ed ex sacerdote per 28 anni della chiesa di San Marco e Vito di Cellole, ha deciso di rompere il silenzio e denunciare pubblicamente l’ex vescovo di Sessa Aurunca e attuale vescovo di Viterbo, Mons. Orazio Francesco Piazza. La scintilla che ha fatto esplodere l’indignazione di Don Lorenzo è stata la decisione dell’amministrazione comunale di Sessa Aurunca di concedere la cittadinanza onoraria a Mons. Piazza. Un riconoscimento che il parroco considera un insulto dopo anni di umiliazioni e abusi subiti. Don Lorenzo non risparmia dettagli, tracciando un quadro impietoso della gestione pastorale del vescovo, accusandolo di aver tradito la missione della Chiesa. Il parroco non usa mezzi termini, definendo Piazza come un politico più che un pastore, accusandolo di mancanza di empatia e di aver creato un ambiente di divisione all’interno del clero.

Di seguito, il testo integrale della lettera di don Lorenzo Albano:

“In margine alla “Cittadinanza onoraria”

Un episodio di alcuni giorni fa mi ha fatto riflettere molto e mi ha ispirato a parlare a voce alta: la cittadinanza onoraria al già vescovo di Sessa Aurunca e attuale di Viterbo. La mia debole voce, che questo vescovo ha represso e minacciato con sentenze di condanna e giudizi denigratori, calpestando più volte la mia dignità di uomo e di prete, non parlando poi degli insultati che ho ricevuto nel modo più indegno che io abbia mai conosciuto, ebbene questa voce ora deve richiamare alcune verità. Sicuramente Piazza è stato un grande politico e con questo criterio ha creduto di poter governare anche la diocesi. In verità, se qualche prete o fedele in difficoltà voleva incontrarlo, non lo trovava mai per i suoi ‘tanti viaggi e numerosi impegni’, ma se si leggeva qualche manifesto in giro per eventi di natura socio-politica o culturale, lo si poteva facilmente individuare in prima fila, con il microfono in mano. Parlava di comunione ecclesiale, aveva un linguaggio veramente persuasivo, sofista, ma nella pratica ha lasciato un clero diviso soprattutto grazie alla sua mania di parlare male di ognuno in presenza di altri e viceversa. Ha parlato ai politici di coesione sociale però nel comune di Sessa potevano coincidere cariche politiche e ruoli ecclesiali, invece nel comune di Cellole, dove ho sempre risieduto, un medico di ottima fama dovette dimettersi dal consiglio pastorale perché si era candidato alle amministrative. Probabilmente la comunione la faceva con chi voleva lui o chi era disponibile ad accettare il suo dispotismo, non ha mai esternato il cuore di padre, la premura di un pastore attento ai bisogni reali e concreti della diocesi, perché era concentrato essenzialmente su se stesso, come un pavone che dispiega superbo le sue penne.

Questo vescovo mi ha vietato con tono minaccioso di celebrare la S. Messa in pubblico, mi ha ordinato di celebrare in privato, nelle mura domestiche della mia famiglia che mi ospitava.  Lascio immaginare cosa ho vissuto e che umiliazione ho dovuto sopportare per salvare il mio sacerdozio. Ma la Provvidenza non mi ha abbandonato, ha ispirato il cuore di un amico, che mi ha visto partecipare alla Messa tra i fedeli di una comunità scolastica e non ha esitato a sfidare la sua arroganza, gli ha detto infatti: “A questo prete gli abbiamo detto di rendersi autonomo dalla famiglia e Lei lo obbliga a celebrare la Messa in privato, nella sua famiglia, ma quale messaggio gli vogliamo dare?”  Da quel momento ho concelebrato sempre con Lui, nella sua parrocchia trovando grande senso di accoglienza fraterna anche dell’intera comunità di cui non faccio nome perché a tale parroco amico non piace essere lodato per quello che fa. Come se questo non bastasse, mi chiamava per mettermi sotto accusa, unico imputato, con la complicità di alcuni suoi collaboratori che verbalizzavano e, vergognosamente, sostenevano la posizione del vescovo che voleva mettermi in pensione, in previdenza integrativa, perché a suo dire ero incapace di intendere e di volere, in altri termini diceva che ero scemo e non in grado di svolgere il ministero pastorale. Mi ha mortificato nell’intimo e mi ha disprezzato fino all’inverosimile, prendendosela anche con coloro che mi hanno accompagnato nel mio cammino, poiché più volte infieriva contro di me dicendo: “Ma chi ti ha fatto prete?” Avrei potuto rivolgere la stessa domanda e dire che anche il vescovo della sua diocesi si era meravigliato quando lo aveva visto per la prima volta alla Conferenza Episcopale perché probabilmente aveva qualche dubbio, ma non ho proferito parola: ho subito proprio tanto.  Non ho pensato al suicidio perché ha retto abbastanza bene la mia fede povera e semplice, con l’aiuto di qualche amico che non potrò ringraziare mai abbastanza. Dopo 28 anni di parroco a S. Marco e S. Vito a Cellole, ove ho vissuto gli anni più belli della mia esperienza sacerdotale, mi ordinava di spostarmi e, dietro mia comprensibile resistenza, mi diceva che la rotazione era per tutti, invece non era così perché alcuni sacerdoti sono rimasti dove erano. La separazione da Cellole mi ha creato non pochi problemi perché in questa città vivevo bene ed anche le persone mi facevano sentire il loro affetto.

Questi pensieri pullulano sempre, come una sorta di trauma, per la mia mente e non riesco a liberarmi e dare una risposta, vorrei tanto convincermi della bontà di certe cose ma non ci riesco e perciò cerco ancora lumi. Istintivamente mi è venuto il pensiero di esternare le mie perplessità, perché avevo detto “Deo gratias” al suo trasferimento e ho fortemente sentito il desiderio di partecipare finalmente il mio stato d’animo a tutti sperando che le mie perplessità sugli abusi subiti potessero chiarire definitivamente. Ma la cittadinanza onoraria si da a persone di fama diffusa e onorata stima, unanimemente intesa, o si da a una decisione meramente politica? Essa rappresenta un fatto eccezionale per la cittadinanza per cui trova tutti d’accordo o si può prescindere dal generale consenso?

Non riesco proprio a capacitarmi di alcune cose e, nonostante credo che siano assurde, una certa faciloneria insinua perlomeno il dubbio. Vi ringrazio che mi state leggendo, sperando di vivere con  la semplicità e la gioia di sempre in questi ultimi anni della mia vita e continuare la mia missione sacerdotale nella parrocchia di S. Maria Stella Maris in Baia Felice, dove sto vivendo, da oltre un triennio, una nuova primavera Presbiterale, ringraziando continuamente Dio e il mio vescovo Giacomo Cirulli per avermi dato tantissima fiducia, per Amore di Gesù sono lieto di servire la nostra Chiesa, unicamente per il bene della nostra gente”

Baia Felice, 02 ottobre  2024

In Fede

don Lorenzo Albano

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