(di Sandrino Luigi Marra) – La diplomazia e dunque tra l’altro le trattative varie soprattutto di pace indipendentemente dal proprio colore politico, hanno sempre avuto un ruolo super partes. Lo prevedono le regole delle relazioni internazionali e della diplomazia per la soluzioni dei conflitti, azioni poi che avvengono nel concreto a piccoli passi, con incontri molto spesso formali, ma dove si sondano gli animi, le opportunità, le richieste delle parti. Il proponente dunque lasciando da parte orientamenti politici ed eventuali simpatie e anche rapporti personali, inizia come detto a vagliare ascoltando. Chi può essere promotore di una azione diplomatica? Secondo il sistema delle relazioni internazionali, un capo di stato, un primo ministro, un alto funzionario governativo o diplomatico su mandato del parlamento o del primo ministro o del presidente stesso. Le azioni di un capo di stato o di un primo ministro hanno un vantaggio, ovvero quello di poter agire in autonomia per ascoltare ed eventualmente poi informare una assemblea più ampia rispetto a richieste e proposte. E’ esattamente ciò che ha fatto Orbàn, secondo il modus operandi delle Relazioni Internazional, ha incontrato i singoli capi di Stato di due paesi in conflitto e lo ha fatto da Primo Ministro, oltretutto non ha mai detto di agire da Presidente di turno del Consiglio Europeo. Senza ombra di dubbio ha ascoltato richieste e proposte, ha avuto modo di confrontarsi con ambedue le realtà istituzionali in conflitto, non si è vestito dell’ufficialità di Presidente di turno del Consiglio Europeo, ha fatto un passo che ogni capo di stato in Europa avrebbe dovuto fare, e a differenza anche del buon Papa Francesco II è riuscito anche ad incontrare ambedue i contendenti. Oltremodo ha poi incontrato Xi Jinping e Donald Trump, in quella che sprezzantemente alcune testate italiane definiscono “come provocatoria diplomazia parallela”. Intanto però da due anni, i “Grandi” d’Occidente non solo sono stati e stanno a guardare gli eventi in un continuo fomentare il conflitto, ma neanche hanno mai mosso un dito in una azione diplomatica e tantomeno hanno mai proposto una azione di qualunque genere volta a tentare l’aprire un processo di pace. Nelle relazioni internazionali, nella diplomazia, non ha alcuna importanza il colore politico, le idee politiche, ha importanza la pace. Nel diritto internazionale e nel diritto di guerra e ripeto ancora una volta nella diplomazia, è l’azione non l’orientamento politico che conta. E ciò che rende perplessi è ascoltare ciò che viene espresso da altri primi ministri o presidenti di altri paesi dell’Unione Europea i quali esprimono dissenso all’iniziativa di Orbàn, quando essi propongono l’invio di soldati, di aerei, di posizionamento di missili in Germania in funzione di “deterrenza” che continuano imperterriti a creare una informazione distorta e guerrafondaia. Almeno l’Ungheria dal primo momento non è stata disposta a spendere un euro in armi e armamenti ed altro da inviare in Ucraina, sarà per “amicizia”, sarà per ammirazione, sarà per rispetto, sarà per non sentirsi responsabili di morti e distruzione, sarà per qualunque altra cosa la quale va comunque rispettata a priori quale decisione di un governo, ma di certo non sostiene una guerra, la quale a fine Marzo 2022 era ad un passo da una soluzione. E giusto a voler precisare gli eventi fu nell’incontro del 29 marzo 2022 a Istanbul che si fu vicini a una vera svolta.
Il testo dell’accordo era stato redatto in gran parte dagli ucraini e provvisoriamente accettato dalla delegazione russa come base per un trattato. In esso, l’Ucraina sarebbe diventata uno Stato permanentemente neutrale e senza armi nucleari, avrebbe rinunciato all’adesione alla Nato e ad altre alleanze militari e a permettere la presenza di basi o truppe straniere sul proprio territorio. Possibili garanti dell’intesa, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (inclusa la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia.
Il comunicato stabiliva che, se l’Ucraina fosse stata attaccata e avesse richiesto assistenza, tutti gli Stati garanti sarebbero stati obbligati a fornire assistenza a Kiev per ripristinare la sua sicurezza. Inoltre, si chiedeva alle due parti di cercare di risolvere pacificamente la disputa sulla Crimea nei successivi 15 anni. Malgrado la neutralità, l’Ucraina avrebbe potuto avvicinarsi alla Ue e non c’erano ostacoli espliciti all’ingresso. Tale bozza è stata rivelata in dettagli inediti da una ricostruzione degli storici e analisti politici Samuel Charap e Sergey Radchenko su Foreign Affairs, i quali inoltre l’hanno ottenuta in versione integrale. In seguito ai primi di Aprile una visita a sorpresa dell’allora Primo Ministro Britannico Boris Johnson portò ad un netto cambio di idea da parte dell’Ucraina. In quel frangente l’Azione di Johnson non ebbe critica alcuna di fatto fu una visita di un primo ministro, non diversa da quella di Orbàn. Ciò porta ad una riflessione, ovvero la visita di Johnson era fattibile, quella di Orbàn non lo è stata? Non siamo forse di fronte a due primi ministri che con forse idee contrapposte fanno la stessa cosa, ovvero una visita ed un incontro con parti in conflitto? Cosa cambia tra le due azioni, indipendentemente da ciò che hanno portato agli incontri dal numero delle persone incontrate, da poterle mettere su due diversi piani ovvero non criticabile (e ben fatta) l’azione di Johnson, criticabile (e fatta male) l’azione di Orbàn? Dal punto di vista del diritto umanitario e di guerra e in parte delle relazioni internazionali l’azione di Johnson per ciò che propose è fortemente contestabile visto cosa è accaduto poi. Al contrario l’azione di Orbàn, per quanto possiamo anche voler dire del personaggio, è perfettamente in linea con tutto ciò che concerne il diritto umanitario, di guerra, le relazioni internazionali, le idee dell’ONU stessa e di tutto ciò che è buon senso. Forse guardando in profondità non è il colore politico e le idee del primo ministro ungherese (che possono essere anche contestabili), che infastidiscono una Europa che di fatto si presenta quasi completamente guerrafondaia, ma una azione volta al tentare un processo di pace. Sembra molto la sesta crociata di Federico II, non che vogliamo mettere sullo stesso piano Orban, Zelensky, Putin o chiunque altro con lo Stupor Mundi (ne avessimo almeno mezzo di Federico II), ma alcuni aspetti sono così simili, dove ad una crociata risolta per le vie diplomatiche attraverso una serie di incontri anche di persona, con il risultato migliore in assoluto della storia per la Terra Santa (ancora oggi ad oltre 750 anni da allora) il risultato non piacque a molti ed in particolare al Papa Gregorio IX. Il papa rimase deluso dalla vittoria effimera, né accolse di buon grado l’adozione di una soluzione diplomatica, che non era stata nei suoi piani. La ragione forse più importante, tuttavia, fu il risentimento maturato dal papa per il nuovo successo di quell’imperatore ormai troppo scomodo, che aveva volto a proprio vantaggio una circostanza che, nelle intenzioni papali, avrebbe dovuto metterlo in difficoltà e magari farlo sparire dalla scena politica come già era accaduto al nonno di Federico, il Barbarossa. Ordunque lasciando da parte papi, imperatori, primi ministri, capi di stato ed altri, verrebbe da confrontare tale evento storico con gli eventi storici attuali, da cui facilmente si potrebbe dedurre e comprendere chi sono gli ipocriti e cosa vogliono dalla storia in corso.
Sandrino Luigi Marra