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foto di repertorio

Caianello / Raviscanina / Teano – Commerciante sotto usura, anche un prete sul banco dei testimoni

Caianello / Raviscanina / Teano – Nell’udienza che si è svolta oggi, presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sono stati ascoltati alcuni testimoni indicati dalle difese degli imputati. Fra i testimoni ascoltati anche un prete. Rispondendo alle domande delle parti ha tracciato un profilo dell’imputato Giovanni Rocco Varatta di Valle Agricola. Il prete, in quanto tale, profondo conoscitore della piccola comunità nel cuore del Matese ha affermato di non aver mai sentito dire che l’imputato praticasse l’usura. E’ stato ascoltato poi anche un altro testimone, un commerciante per lungo tempo socio dell’altro imputato Andrea Rendina; anche qui il teste avrebbe tracciato un profilo dell’imputato escludendo che fosse un usuraio. Si tornerà in aula fra circa un mese per ascoltare altri testimoni citati dalle difese.

La vicenda:
Sul banco degli imputati di sono gli imprenditori Elvio D’Aria (di Caianello) e Andrea Rendina (di Teano) e un operaio, Giovanni Rocco Varatta, di Valle Agricola – ritenuti responsabili di usura ed estorsioni a carico di un commerciante di Raviscanina.  Nel collegio difensivo gli avvocati Giuseppe Stellato, Vincenzo Cortellessa, Nicola Basile, Giuliano Mariano, Andrea Balletta e Gianluca Giordano.
Le indagini sono state condotte dai Carabinieri di Ailano, attraverso numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento, nonché con costante attività tecnica (intercettazioni telefoniche). Le indagini nascevano dalla denuncia della persona offesa per fatti di usura, nell’agosto del 2017.  Venivano immediatamente attivate le attività investigative, che si sviluppavano dall’agosto del 2017 sino alla primavera del 2018. Le indagini consentivano di ricostruire la fondatezza delle denunce della persona offesa, alla quale i medesimi indagati avevano prestato decine di migliaia di Euro, ottenendo in cambio la promessa della corresponsione del capitale e degli interessi usurai. La vittima, spinta dalla disperazione per la condizione di sovra-indebitamento nella quale si era venuta a trovare, si era rivolta agli indagati, ritenendo che si trattasse di “amici”, che, condividendo una situazione di difficoltà temporanea, lo volevano sostenere economicamente; solo successivamente, la vittima aveva modo di comprendere di trovarsi al cospetto di veri e propri “usurai”. E, infatti, le indagini consentivano di appurare come gli indagati non avessero esitato, alla scadenza dei termini fissati per il pagamento dei ratei usurai, a minacciare la vittima per conseguire le somme di denaro promesse. Di fronte alla serietà e gravità delle minacce ed alla sottrazione di alcuni beni alla vittima stessa, questa decideva di rivolgersi ai Carabinieri ed alla Procura, riuscendo in tal modo a sottrarsi ad ulteriori atti di minaccia e di “espropriazione” di ulteriori beni, essendosi convinta del fatto che dal vorticoso e infernale giro dell’usura ci si può sottrarre, affidandosi alle autorità investigative e giudiziarie, potendo, in tal modo, accedere ai benefici previsti dalle legge anti-racket e antiusura.

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