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foto di repertorio

Caserta / Francolise – Violenze in carcere, la Cassazione ritiene valide le accuse contro i poliziotti indagati

Caserta / Francolise – Hanno retto anche davanti alla Corte di Cassazione le accuse a carico degli agenti della Polizia Penitenziaria coinvolti nell’indagine sulle violenze ai danni di detenuti avvenute il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Per gli agenti le accuse sono a vario titolo di tortura, lesioni, reati di falso. Al vaglio della suprema Corte ieri le posizioni di alcuni agenti ancora sottoposti a misure di restrizione della libertà personale, come gli arresti domiciliari, ma la Cassazione ha dichiarato inammissibili tre ricorsi rigettando gli altri nel merito. Resteranno dunque ai domiciliari Gaetano Manganelli, che il sei aprile 2020 era il comandante delle guardie penitenziarie del carcere di Santa Maria Capua Vetere (poi trasferito), l’agente Angelo Iadicicco e il sovrintendente della penitenziaria Salvatore Mezzarano, che appena qualche giorno fa è passato dal carcere ai domiciliari e ora vi resterà; i tre indagati sono difesi da Giuseppe Stellato. Arresti in casa confermati anche per gli altri agenti Raffaele Piccolo di 57 anni, Rosario Merola e Oreste Salerno (assistiti da Angelo Raucci), Raffaele Piccolo di 48 anni (difeso da Mariano Omarto) e Fabio Ascione (assistito da Michele Spina). Gli avvocati difensori hanno puntato sulla mancanza di esigenze cautelari, visto che la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha notificato agli indagati l’avviso di chiusura indagini il 9 settembre scorso, per cui, a detta dei legali, non sussisterebbe più l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato. Sono 120 le persone indagate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per le violenze ai danni dei detenuti, tra agenti della Penitenziaria, quasi tutti in servizio nel carcere sammaritano il 6 aprile 2020, e funzionari dell’amministrazione penitenziaria. Ciononostante l’attività investigativa sta comunque andando avanti come dimostrano gli avvisi di proroga pervenuti pochi giorni dopo l’avviso di chiusura ai legali degli indagati. Va ricordato che l’indagine, per ora, non è riuscita a dare un nome a oltre 100 agenti presenti quella sera nel carcere. Qualcuno degli indagati, dopo aver ricevuto l’avviso di chiusura indagini, ha poi deciso di collaborare, facendosi interrogare dai pm che ora stanno cercando di dare un nome e un volto a quegli agenti, venuti dalle carceri Secondigliano e Ariano Irpino, entrati in azione il 6 aprile 2020 con caschi e manganelli. Proprio la “collaborazione” fornita ha portato il Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ad alleggerire, con la concessione dei domiciliari, le misure cautelari carcerarie emesse il 28 giugno scorso, che avevano riguardato otto agenti: ad oggi, con la scarcerazione recente di Mezzarano, non vi sono più poliziotti in carcere, ma ne restano comunque oltre 20 ai domiciliari. Vanno intanto avanti al tribunale del Riesame di Napoli anche le udienza a carico degli indagati colpiti dalla misura interdittiva della sospensione dal lavoro per sei mesi, che aveva riguardato 23 tra agenti e funzionari, tra cui l’ex provveditore Antonio Fullone (difeso da Sabina Coppola), la cui udienza non è stata però ancora fissata. Per l’agente Mario Rigido (difeso da Dezio Ferraro) invece i giudici partenopei hanno ridotto la misura da sei a quattro mesi, per cui l’agente potrebbe presto rientrare in servizio al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Nei prossimi giorni è infine attesa la richiesta di rinvio a giudizio della Procura con la fissazione dell’udienza preliminare.

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