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Semi di cannabis autofiorenti: gli errori da evitare quando li si coltiva

Sono tantissime le persone che coltivano cannabis. Cosa fare nei casi in cui si parte da zero? In questi frangenti, è possibile focalizzarsi sui semi di cannabis autofiorenti, che hanno il pro di fiorire rapidamente e di essere semplici da gestire dal punto di vista dell’illuminazione. Attenzione, però: questo non significa che non esistano errori che è bene evitare se si ha intenzione di avere successo. Quali sono? Scopriamolo assieme nelle prossime righe di questo articolo.

 

Trascurare il pH del terreno

Nel momento in cui si inizia a coltivare cannabis autofiorente, non si può non prendere in considerazione il pH del terreno. L’optimum prevede il fatto di focalizzarsi su un valore compreso tra 6 e 6,5, aiutandosi con un misuratore ad hoc.

 

Rinvasare spesso le piante

Le piante che nascono dai semi di cannabis autofiorenti sono molto delicate. Hanno infatti un ciclo di vita molto breve (il motivo è legato alla presenza della cannabis ruderalis tra le genetiche che caratterizzano le sementi). Alla luce di ciò, se si ha intenzione di coltivarle non bisogna assolutamente rinvasarle spesso. Come mai? Perché si stressano troppo.

 

Alla luce di ciò, nel momento in cui si piantano i semi è bene scegliere con molta attenzione il vaso. Se possibile, infatti, dovrebbe trattarsi di quello definitivo. A questo punto, è naturale chiedersi quali caratteristiche dovrebbe avere. In linea di massima, ricordiamo che per le piante di cannabis autofiorenti va bene anche un vaso non grandissimo.

 

Non considerare il colore della luce

La cannabis autofiorente ha, come già detto, esigenze molto basiche per quanto riguarda la gestione dell’illuminazione. Ancora una volta, non bisogna lasciarsi ingannare e pensare che si possano scegliere a caso le fonti di luce. Anche in questo caso, sono diversi gli aspetti a cui fare attenzione. Nell’elenco è possibile citare senza dubbio il fatto di orientarsi verso il LED blu nel corso della fase vegetativa.

 

Non utilizzare uno stimolatore radicale

Quando si è alle prime armi con la coltivazione della cannabis autofiorente, può capitare di sentirsi consigliare, da parte di coltivatori più esperti, il ricorso allo stimolatore radicale. Il suo ruolo può rivelarsi prezioso in quanto, come accennato nelle righe precedenti, queste piante hanno un ciclo di vita estremamente breve.

 

Entrando nel vivo di questo aspetto, facciamo presente che il momento migliore per somministrare lo stimolatore radicale è poco dopo aver messo a dimora il seme nel terreno. Ovviamente è bene non esagerare con le quantità, in quanto si ha a che fare con un equilibrio estremamente fragile.

 

Fare poca attenzione all’umidità

L’attenzione ai livelli di umidità è un aspetto fondamentale se si ha intenzione di avere successo con la coltivazione della cannabis autofiorente. Numeri alla mano, dopo tre settimane dal momento in cui il seme è stato messo a dimora è il caso di avere a che fare con un livello di umidità pari al 30%.

 

Nel corso della fase vegetativa avanzata, che invece inizia attorno alla quarta settimana, il livello di umidità dovrebbe essere pari al 45%. In entrambi i casi appena ricordati, la temperatura non dovrebbe superare i 20°C.

 

Utilizzare un terreno troppo compatto

Un altro errore da evitare nel momento in cui ci si dedica alla coltivazione dei semi di cannabis autofiorenti riguarda la compattezza del terreno, che non dovrebbe essere eccessiva. Come mai? Perché il rischio è quello di impedire all’ossigeno di raggiungere le radici nella maniera giusta.

 

Alla luce di ciò, è bene fare attenzione alla miscela. Da cosa dovrebbe essere caratterizzata? Da torba – bisognerebbe mantenersi attorno alle tre parti – compost – anche in questo caso il parametro standard è quello delle tre parti – e da perlite. Di quest’ultima dovrebbero essere prese due parti. Inoltre, è opportuno inumidirla.

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