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Mondragone / Falciano del Massico – Orrore nei campi, braccianti picchiati se si alzavano in piedi. Era per migliorare la loro “produzione”

Mondragone / Falciano del Massico – L’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere sta mettendo in luce il gravissimo stato di sfruttamento a cui venivano sottoposti tanti braccianti agricoli, in gran parte “miserabili” senza “nome” e senza “volto”. I cosiddetti “invisibili” perché clandestini, quindi carne da macello, senza diritti, senza nemmeno il diritto di alzarsi in piedi durante il lavoro. Curvi sui campi per ore e ore. Li costringevano a restare piegati tutto il giorno nel raccogliere i prodotti agricoli senza la possibilità di tornare in posizione eretta, salva la pausa pranzo, e se c’erano lamentele gli sfruttati venivano talvolta ingiuriati, insultati e malmenati perché il lavoro proseguisse senza intoppi. Veniva imposta loro l’attività lavorativa in condizioni meteorologiche estreme, come nel caso del 29 ottobre 2018 giornata caratterizzata da fenomeni temporaleschi di forte intensità e da venti molto forti. Sotto la pioggia, sotto il vento, sotto il freddo. La loro condizione non cambiava. Era considerati come macchine. E loro dovevano accettare. Semplicemente perché non avevano scelta. Sono questi alcuni tratti dello spaccato inquietante su cui i finanzieri della Compagnia di Mondragone ed i carabinieri del reparto territoriale mondragonese hanno fatto luce e che ha portato alle 4 misure cautelari personali e reali emesse dal Gip Rosaria Dello Stritto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di Gennaro Bianchino, Pasquale e Vincenzo Miraglia, Francesco Pagliaro nonché al sequestro dell’intero complesso aziendale delle ditte individuali dei fratelli Miraglia ed al sequestro diretto dei capitali nelle disponibilità della Società Sviluppo Agricolo Bianchino e per equivalente dei beni intestati a Bianchino pari all’importo del profitto di reato del valore di circa 2 milioni di euro. Tutti ritenuti partecipi di un’associazione a delinquere dedita allo sfruttamento del lavoro e all’intermediazione illecita di manodopera (cosiddetto caporalato) a beneficio di aziende agricole site nell’entroterra mondragonese, nell’agro aversano e sul litorale Domizio-Flegreo.  Secondo la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, tutti assuntori o utilizzatori di manodopera reclutata dai caporali ed anche da alcuni di loro costituita prevalentemente da lavoratori extracomunitari e stranieri, perlopiù donne a tempo determinato, destinati alla raccolta di ortaggi e frutta. Venivano impiegati sistematicamente alle prime luci dell’alba dopo esser stati raccattati in punti strategici della Domiziana, di strade di raccordo tra Comuni e piazze e portati sui campi senza stipulare alcun contratto con la reiterata corresponsione di retribuzioni bassissime. I disperati dei campi venivano sottoposti a metodi di sorveglianza e controllo effettuato dai datori di lavoro e per il tramite dei caporali, nonché di Francesco Pagliaro e Vincenzo Miraglia in ordine alla quantità di prodotti raccolti dalle squadre di operai impiegati non inferiore alle 30 cassette a persona. Era esclusa loro la possibilità di comunicazioni telefoniche né erano previsti locali per i bisogni fisiologici né era disponibile acqua per dissetarsi o essere adoperata per i bisogni fisiologici. L’unica regola imposta era quella del portare a termine il lavoro assegnato loro ad ogni costo.

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