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Riardo – Furti, ladri in azione nello stabilimento Ferrarelle: a caccia di “oro rosso”

Riardo – Ladri in azione, la notte appena trascorsa nella proprietà dell’azienda Ferrarelle. Ad agire è stata una banda specializzata nel furto dell’oro rosso, il costosissimo rame. I soliti ignoti hanno cercato di portare via alcuni grossi cavi dell’alta tensione. Appena sono stati staccati i primi cavi è scattato l’allarme che ha fatto convergere sul posto i carabinieri della compagnia di Capua. I malviventi, però, si erano già dati alla fuga facendo perdere le proprie tracce. Le indagini continuano per tentare di risalire agli autori dei fatti.
Il furto di rame resta il “lavoro facile” di piccole bande capaci di recuperarlo e di immetterlo sul mercato nero dove i prezzi permettono importanti guadagni. Ecco perché è ormai noto come oro rosso. Furti o atti vandalici che, spesso, vanno a sostanziare una filiera illecita e ramificata che ha i suoi canali di smercio in Italia come all’estero. Ci sono vere e proprie bande di ladri di rame, organizzate in gruppi di specialisti con compiti precisi e ben addestrati, oltre che ben equipaggiati, perché non basta rubare, occorre anche trasportare, possibilmente senza dare tanto nell’occhio, e smerciare al miglior offerente, in genere ricettatori di professione o al servizio di bande di criminali. I ladri di rame, sono italiani e stranieri, in genere rumeni, ma nel furto la nazionalità non c’entra. Una tonnellata di rame vale circa 7 mila euro, 700 al quintale. I fili elettrici sono i più ricercati, specie quelli delle linee dei treni, i più appetiti perché di ottima qualità. Il business è in aumento, anche se in aumento sono anche i controlli e i deterrenti.

Perché si ruba il rame:
Il rame raffinato, ovviamente, ha un costo elevato che deriva anche dalla grande quantità di energia usata in tutte le varie fasi che vanno dall’estrazione fino alla raffinazione elettrolitica. I rottami di rame (il cosiddetto rame da riciclo), invece, presentano un costo di gran lunga inferiore in quanto non richiedono neppure il processo di raffinazione perché già sono costituiti da rame puro. L’Italia è uno dei principali paesi che utilizza il rame, grazie alla sua bassa durezza e alla facilità di lavorazione, per cavi e fili elettrici, per tubature, in edilizia, in campo artistico, come scambiatore di calore, per oggetti d’arredamento, per utensili vari per la cucina, e così via. Viene usato anche in aggiunta all’acciaio per migliorare la resistenza alla corrosione atmosferica di questa lega.
Questa ampia versatilità fa sì che il rame di recupero, cioè quello proveniente dallo smantellamento di impianti elettrici, tubature, avvolgimenti di motori elettrici, rubinetti, ecc., è soprattutto quello rubato, sia molto richiesto per i bassi costi che richiede il suo riciclo perché, non dovendo essere raffinato, passa direttamente in fonderia. È presto detto che per evitare i furti di rame ci vorrebbe da parte dello Stato nazionale o da parte dei vari paesi UE un controllo sulle Industrie che lo producono o su quelle che lo importano, istituendo una riscontro della filiera così come avviene per gli alimenti.
C’erano una volta i cercatori d’oro, avventurieri solitari o in gruppi che armati di stivaloni, conche e setacci scandagliavano la sabbia o le pietruzze dei fiumi alla ricerca di qualche pepita d’oro. Adesso, il numero dei cercatori d’oro si è assottigliato, sia perché evidentemente i fiumi sono stati già depredati, sia perché c’è un altro metallo che va a ruba: il rame. Che non si trova nei fiumi, ma è dappertutto: lungo le linee ferroviarie sotto forma di fili elettrici, nei cimiteri dove spariscono i portafiori, vicino ai palazzi dove si trova di tutto, dai discendenti al tubo del gas. Dunque non si trova in natura e grezzo, ma in prodotti già lavorati. Il rame è il nuovo oro, più semplice da rubare e da rivendere, costoso quanto basta per attirare l’interesse di chi non ha voglia di lavorare. Quando si tratta di fili elettrici, basta armarsi di tenaglie e cesoie e il lavoro è fatto.

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