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SESSA AURUNCA – Torre di Capodiferro, una delle vergogne aurunche. Lo scempio della “politica”

Sessa Aurunca (di Carmine Di Resta) – Le vergogne aurunche: “la Torre di Capodiferro”.  Ha retto ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, non ha retto all’uomo e precisamente ad un progetto della Regione Campania. Demolita anni fa su un terreno del Comune, inserito però nel Parco Foce del Garigliano- Roccamonfina, doveva rappresentare il “cambio di passo turistico”.  Ora li vicino al fiume Garigliano giacciono solo un cumulo di pietre storiche, altre più preziose depositate nel Teatro Romano, altre di pregio si presume rubate durante l’esecuzione dei lavori. E adesso lo scempio rimane tale tra rovine, rovi e degrado?  E poi con la faccia tosta che si ritrova da sempre la politica – ora impegnata nelle elezioni amministrative – si erige nei suoi proclami come una sorta di Piazza Venezia del ventunesimo secolo strillando qua e la che occorre lo sviluppo territoriale, amore per la terra aurunca, riqualificazione ecc. ecc. Una vergogna senza fine.  Quando ci sarà un progetto il recupero della Torre e dell’intera area della Foce del Garigliano? Nella memoria collettiva esistono dei luoghi che rappresentano per tutti noi, per i nostri padri e per i nostri figli, un punto di riferimento per secoli, poi accade qualcosa che spezza tutto questo ed anche sulla memoria cala una nebbia fitta, cala l’oblio e nulla ci resta di tutto quello che il luogo aveva rappresentato per secoli. Il riferimento è per uno dei più importanti monumenti della terra aurunca, la “ dimenticata” Torre di Pandolfo Capodiferro alla foce del Garigliano che da quel punto strategico aveva dominato la piana aurunca, scenografia di tutte le varie battaglie succedutesi sulle sponde dell’antico corso d’acqua. Fatta mezza crollare dai tedeschi nella seconda guerra mondiale e recentemente dall’uomo, è ora solo cumuli di pietre, invasa da erbacce. Che tristezza!

CENNI STORICI:
Fu edificata su preesistenti fondazioni romane in opus reticulatum[1] sulla sponda sud del Garigliano dal principe di Benevento Pandolfo Capodiferro tra il 930 e il 960. Fu anche identificata nelle antiche mappe come “Turris ad Mare”. La fortificazione serviva a sorvegliare la foce del fiume da eventuali attacchi dei Saraceni. Faceva parte di un articolato sistema di torri simili edificate lungo tutta la linea di costa e nell’immediato interno, che attraverso l’accensione di fuochi o segnali acustici avvertivano le genti delle città interne della presenza o meno di eventuali truppe ostili[senza fonte]. I Saraceni erano stati scacciati dall’area nel 915 da una coalizione guidata da papa Giovanni X. Erano arrivati presso Traetto nell’881 e qui erano rimasti per circa quarant’anni, da qui partivano per devastare e saccheggiare mezza Italia. La torre di avvistamento a pianta quadrata era alta circa 25 metri e circa 13 metri di lato. Il principe Capodiferro per costruirla fece prendere gran parte dei materiali costruttivi e decorativi dalle rovine della vicina città di Minturnae. L’edificazione della torre da parte del principe Pandolfo è attestata da due cippi ora murati nel campanile del duomo di Gaeta. Il presidio entrò nel 1066 tra i possedimenti dell’abate di Montecassino. L’atto di donazione di Riccardo e Giordano, principi di Capua, attesta che il sito era divenuto un piccolo borgo fortificato, con un nucleo di case e una chiesa, circondate da mura. Fu usata anche come faro a partire dal XVII secolo. La torre sorgeva sulla sponda campana del Garigliano, quasi di fronte al tempio edificato sulla sponda laziale, dove gli Italici prima ed i Romani poi veneravano il culto della ninfa Marica. Alle spalle della torre si estendeva un bosco sacro dedicato a questo culto. La presenza di opus reticulatum fa pensare ad un preesistente edificio di culto per la dea. Nel XX secolo il ministro della Pubblica Istruzione Pietro Fedele, che inserì la sagoma della torre di Capodiferro nel suo neo-stemma nobiliare[senza fonte], la restaurò e ne fece un museo. La torre fu minata, insieme al ponte borbonico, dai soldati tedeschi in ritirata dall’avanzata degli anglo-americani e fatta brillare nel dicembre 1943. La collezione che custodiva finì depredata e dispersa.

 

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