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Santa Maria Capua Vetere – Indagine “Mattanza della Settimana Santa”: 114 agenti sotto accusa. Pestato anche un detenuto disabile

Santa Maria Capua Vetere – Si trova a un punto di svolta l’inchiesta della magistratura di Santa Maria Capua Vetere sulla rappresaglia ai danni dei detenuti del carcere “Francesco Uccella” avvenuta lo scorso 6 aprile. Sono 144 gli appartenenti alla polizia penitenziaria finiti nel mirino degli inquirenti per quella che è stata ribattezzata la “mattanza della settimana Santa”: 92 in forza al nucleo operativo di Napoli Secodigliano, 36 appartenenti al Notp di Santa Maria Capua Vetere e 18 in forza al Notp di Bellizzi Irpino (Avellino).  Un vero e proprio pestaggio con numerosi detenuti picchiati ed umiliati. Lo scorso 5 aprile, dopo aver appreso della positività al Covid-19 di uno dei detenuti, c’è stata una protesta di alcuni internati del reparto Nilo consistita nella cosiddetta “battitura”, cioè del battere oggetti contro le porte delle celle, e nel mancato rientro in cella di un gruppo di detenuti. Una protesta che rientrò già nel corso della serata dello stesso giorno. Il giorno successivo, già dalle prime ore del pomeriggio, si registrò un notevole afflusso di persone in servizio nei vari reparti della penitenziaria a livello regionale. Si tratta di un’unità speciale istituita nel marzo 2020 dal provveditore Antonio Fullone con il compito di svolgere “attività di supporto agli interventi che dovessero rendersi necessari in ambito penitenziario regionale”; circa 100 agenti che sarebbero dovuti intervenire “in caso di estrema necessità e per la sola temporanea esigenza associata al ripristino dei principali presidi posti a garanzia della tutela dell’ordine e della sicurezza delle strutture penitenziarie”, si legge nel decreto del provveditore. A Santa Maria Capua Vetere, però, l’unità speciale è andata ben oltre il proprio compito. Secondo gli inquirenti, gli agenti avrebbero prelevato i detenuti dalle le sezioni del reparto Nilo costringendoli a subire una serie di violenze fisiche e psicologiche. In particolare, i reclusi sarebbero stati costretti ad inginocchiarsi, denudarsi, fare flessioni oltre a ricevere calci, schiaffi, pugni, manganellate e testate da parte degli agenti che indossavano caschi antisommossa. Piano dopo piano i detenuti vennero fatti sfilare in un corridoio circondato dagli agenti e picchiati selvaggiamente fino ad essere condotti nelle sale destinate alla socialità. Qui le violenze sono proseguite al punto che qualche recluso è stato condotto in infermeria. Gli agenti avrebbero sferrato colpi anche a detenuti a terra. Tra i reclusi che hanno ricevuto botte anche un detenuto su una sedia a rotelle ed il suo accompagnatore, entrambi presi a manganellate. Per giustificare tale atteggiamento, dopo aver ricondotto i reclusi nelle celle, gli agenti avrebbero fatto una nuova irruzione all’interno di una delle sale socialità dove avrebbero messo tutto a soqquadro. In qualche caso, addirittura, avrebbero calpestato abiti ravvedendosi di lasciare bene le impronte delle suole. Un’azione che per gli inquirenti rappresenta una simulazione di una rivolta poi sedata. Dopo quel raid, gli agenti avrebbero anche minacciato i detenuti vittime del pestaggio invitandoli a non denunciare. “Mi raccomando dì che sei caduto dalle scale”, ha riferito uno dei reclusi agli inquirenti. Ma anche biglietti minatori a chi aveva denunciato: “Hai due facce, fuori hai il problema”, avrebbe recitato uno dei pizzini.

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