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Riardo – Non aprite quel giornale, la “missione” di Don Alfonso travolto dalle polemiche. Cattivo esempio di cristianità

Riardo – “Amare gli amici lo fanno tutti, i nemici li amano soltanto i cristiani”. E’ uno dei concetti cardini del Vangelo. Un prete che non applica questo concetto, che apertamente invita al disprezzo e all’esclusione, può essere considerato vero prete? Avrà mai letto e compreso veramente il Vangelo?
Riceviamo spesso, purtroppo, minacce e insulti da parte di malavitosi e criminali, non avevamo mai ricevuto, finora, insulti e offese da un uomo che – dice – di aver consacrato la propria vita a Dio. Non arretriamo davanti ai criminali (e gli atti lo confermano) e quindi non ci lasciamo intimorire certamente dalle rabbiose offese di un modestissimo e anonimo prete di provincia.
“La verità ti fa, male lo so…. nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…..”,  il famoso ritornello della Caselli sembra rappresentare bene l’atteggiamento assunto dal parroco riardese, Don Alfonso, “intrappolato” in una vicenda che in paese ha scatenato forti polemiche portando a galla diversi fedeli scontenti per l’operato messo in campo, nel tempo, dal prete. Così, quando una notizia non si può smentire perché basata su fatti realmente avvenuti, quindi inconfutabili, capita spesso, purtroppo, che i giornalisti ricevono offesa oppure minacce. E’ in sostanza fango che alcuni cercano di scrollarsi di dosso.
…. Vi esorto a non frequentare più la pagina internet del suo giornaletto da quattro soldi. Non vi confondete con questa gente…”. Ha scritto questo e tanto altro ancora, diverse altri insulti, Don Alfonso sulla sua pagina social. Allo stesso modo, usando il suo stesso collerico modo di fare, si potrebbe dire: “non seguite quel prete, non vi insegnerà nulla di Cristiano, vi invita all’odio verso il prossimo che lui invece dovrebbe amare più degli altri”.
Si potrebbe dire, ma noi non lo diciamo perché, noi, per nostra fortuna, non siamo come lui. Noi facciamo parlare i fatti e non abbiamo la capacità (per alcuni autentico dono divino) di “produrre” veleno.
Ancora, riferendosi al direttore della nostra testata, il pio Don Alfonso con mano ferma, scrive: “…. poi mi chiedo… ma questo “pseudo-giornalista” ha mai messo piede in chiesa?”.
La risposta è facile: dove si corre il rischio di incontrare un prete come lei, sicuramente no!
Sia ben chiaro, lei a noi non deve alcuna spiegazione, non ci deve alcuna “confessione”. Lo deve invece ai suoi fedeli che ritengono, per diverse ragioni, di aver subito un torto da lei. E’ il caso di De Luise, figlio di una donna molto devota e sempre vicina alla chiesa, che, a conferma del nostro articolo a lei tanto “caro”, pubblicamente scrive: “…. È tutto vero, lo posso dire perché l’ho vissuto con la mia cara mamma, non si degnò nemmeno di rispondere al telefono. È meglio che cambi parrocchia. Aggiungo che mia madre prima che morisse lo aspettò per 1 anno. Vergognati……. Alfonso.”. 
Noi abbiamo il coraggio di fare il nostro lavoro, noi abbiamo il coraggio di non guardare in faccia nessuno (perché lo impone il nostro dovere), noi abbiamo il coraggio di dare voce agli ultimi, a quelle persone che, spesso, nessuno lascia parlare o nessuno ascolta. Noi abbiamo il coraggio di denunciare il malaffare, ovunque si nasconda. Noi abbiamo il coraggio di denunciare i privilegi e le prevaricazioni che spesso le caste attuano. Lei ha tutto questo coraggio?  L’impressione è che a lei, nel caso specifico, è mancato, probabilmente, proprio il coraggio. Magari è mancato semplicemente il coraggio di dire “no” a qualche richiesta più insistente delle altre.  Analisi sbagliata?  Puo’ essere. In ogni caso questo è un problema suo. Non nostro.
Nella vicenda specifica, gentilissimo Don Alfonso, nel nostro articolo – che la invitiamo a rileggere con maggiore attenzione e serenità – noi abbiamo sollevato solo dei dubbi che poi erano i dubbi di alcuni fedeli che si sono sentiti trattati in modo diverso rispetto ad altri. Noi non l’abbiamo offesa. Lei invece – da buon prete, da uomo di Dio che dice di essere – non ha esitato a farlo nei nostri confronti. Basterebbe già questo per far capire molte cose, per far capire l’enorme differenza fra noi e lei (per nostra fortuna chiaramente).
In ogni caso, le ribadiamo il concetto, il nocciolo della questione:  Circa sette persone sono morte, nelle ultime settimane. Quasi tutte hanno ricevuto solo una semplice funzione religiosa prima della sepoltura. Solo un defunto, invece, ha avuto la fortuna di ricevere una tradizionale cerimonia in chiesa. Una differenza di trattamento che ha indignato i familiari di alcuni esclusi. Come mai?
Per quanta riguarda il suo stato di salute, le auguriamo una velocissima e piena guarigione. Con sincerità. Noi non serbiamo mai rancore. Facciamo sempre e solo il nostro dovere. Non siamo al servizio di nessuno. E per questo in tanti ci detestano. Peccato per loro.
Pace e bene a Lei, Don Alfonso.

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