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IL CASO – L’Italia non è un paese per giornalisti: ammassati come in un carro bestiame, altro che paese civile

IL CASO – Diverse decine di giornalisti e operatori video ammassati su pochi metri quadrati, altri costretti sotto la pioggia. Nessun distanziamento anticondagio possibile, nemmeno immaginabile. Protestare non serve, prima di tutto perché si protesta con persone (forze dell’ordine o impiegati i quali nessun potere hanno avuto nell’organizzazione), poi perché la risposta che ricevi è sempre la stessa: questo è se vi sta bene. (guarda il video)
Impossibile lavorare degnamente senza prevaricare qualche collega. Eppure in ogni paese civile la stampa è considerata il sale della democrazia. In Italia pure. Ma solo a parole. Nei fatti, invece, i giornalisti vengono considerati come un qualcosa di superfluo, da evitare, possibilmente. Non si spiega diversamente la costante difficoltà in cui tutti gli operatori della stampa – carta stampata, tv e web) vengono trattati. (guarda il video)
Gli organizzatori, specialmente il Ministero e le Prefetture finiscono sotto accusa perchè non prendono mai nella giusta considerazione il lavoro della stampa, non pensano nella organizzazione della cosa di riservare spazi adeguati, per permettere ad ogni giornalista di lavorare al meglio. Del resto l’Italia occupa il 43esimo posto, al mondo, per libertà di stampa e per condizioni di lavoro. Un dato vergognoso che dovrebbe spingere governo e autorità ad una profonda riflessione. (guarda il video)