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Coronavirus – Il virus è trasportato nel particolato atmosferico, il risultato di uno studio italiano

Coronavirus – Presenza di Sars-CoV-2 è stata rinvenuta nelle polveri sottili, aspetto che potrebbe rilevare la persistenza del virus nell’atmosfera. Ad annunciarlo è la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima). Ciò però non basta ad affermare che l’aria possa essere una via di trasmissione e di contagio. «Il ritrovamento del virus sul particolato, apre la possibilità di testare la presenza del virus nelle nostre città nei prossimi mesi, come indicatore per rilevare precocemente la ricomparsa del coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell’inizio di una nuova epidemia», anticipa il professor Alessandro Miani, presidente della Sima. «Le prime evidenze relative alla presenza del coronavirus sul particolato provengono da analisi eseguite su 34 campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d’aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo», spiega Leonardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca scientifica insieme a Gianluigi De Gennaro e a Miani. I campioni di particolato sono stati analizzati dall’Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell’azienda ospedaliera Giuliano Isontina, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. I risultati positivi sono stati confermati su 12 diversi campioni per tutti e tre i marcatori molecolari: il gene E, il gene N ed il gene RdRP, quest’ultimo altamente specifico per la presenza dell’RNA virale SARS-CoV-2. L’individuazione del virus sulle polveri potrebbe essere anche un buon marker per verificarne la diffusione negli ambienti indoor come ospedali, uffici e locali aperti al pubblico. “La prova che l’RNA del SARS-CoV-2 può essere presente sul particolato in aria ambiente non attesta ancora con certezza definitiva che vi sia una terza via di contagio”, afferma De Gennaro. “Tuttavia, occorre che si tenga conto nella cosiddetta Fase 2 della necessità di mantenere basse le emissioni di particolato per non rischiare di favorire la potenziale diffusione del virus”, conclude. Per quanto concerne la densità abitativa si è focalizzato un altro studio italiano diffuso oggi dalla Società italiana di Allergologia. Secondo i ricercatori la densità abitativa diffonderebbe il coronavirus più dello smog: Bergamo e Brescia, più densamente abitate di Verona, sono state colpite più duramente dal virus nonostante un livello di smog simile o addirittura inferiore, come nel caso della città di Bergamo.

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