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Emergenza Coronavirus – Tracce di Covid-19 nelle fognature. Studi sulle acque reflue nella fase due

Emergenza Coronavirus – Per controllare la diffusione del Coronavirus nella “fase 2”, si sta progettando anche la sorveglianza delle fognature. “Ci sono stati i primi ritrovamenti di tracce di Covid-19 nelle fognature italiane”, dichiara Luca Lucentini, direttore del reparto di qualità dell’acqua e salute dell’Istituto Superiore di Sanità. Il tracciamento della rete fognaria italiana avviene solo per ragioni epidemiologiche, di previsione del contagio. Per ciò che riguarda il sistema idrico, invece, non esiste alcuna preoccupazione, in quanto è considerato sicuro. Secondo le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), le pratiche di depurazione delle acque utilizzate sono efficaci nell’inattivazione del virus. È doverosa una seconda precisazione: ad oggi non esistono prove di trasmissione del Covid-19 attraverso il sistema fognario, in assenza e in presenza di trattamenti, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. “L’acqua della fognatura è un potenziale raccoglitore di campioni biologici. Prendendo come riferimento il modello australiano, l’esperienza di ricerca di microrganismi nelle acque coordinata dalla dottoressa Bonadonna, e in particolare l’attività della dottoressa La Rosa, stanno permettendo di conseguire risultati importanti con i primi ritrovamenti di tracce di Covid-19 nelle fognature italiane, aprendo così alla prospettiva di identificare e seguire nel tempo sia la formazione di focolai, sia l’andamento tendenziale. Ma il processo è molto complesso. Siamo comunque nell’ambito della sperimentazione scientifica a scopo epidemiologico, non della valutazione del rischio”, spiega Lucentini. “Per ciò che riguarda i mari e i laghi, non si può, allo stato attuale, escludere una possibile trasmissione fecale-orale. Su questo fronte, non dovremmo comunque temere potenziali contaminazioni dal contatto con acque balneabili. Le tempistiche e le procedure di trattamento delle acque reflue, infatti, prevedono diverse fasi e tempistiche lunghe e condizioni tali da inattivare certamente il virus. È difficile che questo virus possa moltiplicarsi attraverso l’acqua e che possa sopravviverci per tanto tempo. Gli sversamenti illeciti di acque reflue, però, possono aprire falle sanitarie e su questo fronte bisognerà continuare a tenere alta l’attenzione. Se vogliamo poi pensare a misure di mitigazione del rischio in ambienti come le spiagge, potremmo tenere in considerazione, non certo le acque depurate, ma, al limite, la potenzialità di un bagnante infetto di contaminare con secrezioni l’acqua di balneazione o rilasci illeciti di reflui dalle imbarcazioni. La diluizione è comunque tale da non rendere plausibile un contagio in acqua, e il rischio per la stagione balneare è principalmente correlato alla promiscuità e all’elevata frequenza delle spiagge con possibile contagio tra persone. Pensando alla fase due, dovremmo tenere conto anche di questo tipo di distanziamento sociale”, riporta il documento dell’ISS. Lo studio preso a modello si basa su un sistema già attivo in Australia per monitorare l’uso di droghe nelle città, che sorveglia già il 57% della popolazione. Nella fase pilota, sono già stati identificati frammenti di Covid-19 in due depuratori. Usata su larga scala, la sorveglianza fognaria potrebbe individuare il numero approssimativo di infetti in un’area geografica, senza fare test su ogni individuo. Una delle grandi sfide di questo metodo, inoltre, avvertono gli autori dello studio australiano, è fare previsioni quantitative sul numero di casi di contagio in una comunità, in base alla concentrazione di RNA trovato nelle fognature. Un calcolo finale che dovrebbe integrare i dati raccolti dal servizio sanitario pubblico. La presenza di Covid-19 nelle acque di superficie, come laghi e mari o di depurazione non sembra essere considerata un rischio sanitario neppure dalle autorità sanitarie locali. “Generalmente questo tipo di virus è difficile da identificare nelle acque – spiega Lucentini dell’ISS –. Di solito ricerchiamo dei batteri, presenti come indicatori di contaminazione fecali. Negli ultimi anni, abbiamo rivisto però drasticamente il sistema dei controlli e assegnato ai gestori un’analisi di rischio più estesa, attraverso uno strumento normativo obbligatorio, i Piani di sicurezza dell’acqua, con l’obiettivo di aumentare la capacità di intercettare precocemente eventi di contaminazioni. Difficilmente, però, il Coronavirus verrà inserito in questi piani”, conclude.

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