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ALLARME AGRICOLTURA – La crisi del settore in tempo di Coronavirus, l’analisi di Compagnone

LA CRISI DEL SETTORE AGRICOLO – Crescenzo Compagnone è il presidente Ordine Dottori Agronomi e Dottori Forestali di Caserta e Responsabile Formazione Professionale Federazione Regionale Agronomi e Forestali della Campania. A lui abbiamo rivolto alcune domande per capire meglio la pesante crisi che sta investendo il settore agricolo; una crisi acuita, chiaramente dall’emergenza coronavirus. 

Tempo di coronavirus, tempo di emergenza sanitaria. Cosa significa per l’agricoltura, quante imprese agricole rischiano il collasso?

L’agricoltura della Regione Campania presenta una sua naturale diversificazione in ragione del territorio in cui essa viene esercitata, ma possiamo dire tranquillamente che tutti i settori legati alla produzione di beni agricoli sono ben rappresentati soprattutto per la qualità di ciò che si produce. L’emergenza che il nostro Paese sta attraversando in questo periodo storico sarà sicuramente la più nefasta per una Regione, quale la Campania, che stava appena riprendendosi dallo sciacallaggio mediatico messo in atto dalla cosiddetta “terra dei fuochi”. Le nostre imprese stavano in fase di netta ripresa poiché tutto il sistema legato all’agroindustria aveva provato con dati sperimentali e analisi di laboratorio, che i nostri prodotti agricoli non erano “macchiati” da nessun tipo di inquinamento. Proprio in questa fase di netta ripresa, la batosta legata all’emergenza COVID-19 potrebbe portare l’agricoltura Campana dietro di diversi anni. Le aziende agricole stanno risentendo di questa catastrofe a vari livelli. Quelle zootecniche, per esempio, a causa della diminuzione della domanda interna ed estera, stanno subendo un tracollo dei prezzi sia della carne che del latte. Nella fattispecie, mentre le produzioni legate agli allevamenti da carne presenti soprattutto nelle aree interne pedemontane, in un certo qual modo, possono procrastinare la vendita e/o la macellazione dei capi nel breve e medio periodo, negli allevamenti da latte, presenti anche nelle aree litoranee (bufalini), gli imprenditori agricoli si trovano costretti a dover realizzare le stesse produzioni giornaliere, ma a prezzi ridotti a volte del 20-30% con conseguenze gravissime per tutta l’azienda. La floricoltura e l’orticoltura hanno avuto un grosso contraccolpo già da subito: si pensi alle produzioni di fiori dell’area napoletana o di alcune colture ortive sotto serra nella pianura della provincia di Caserta e nell’agro Nocerino-Sarnese in provincia di Salerno: nel primo caso le vendite sono scese a zero, facendo realizzare esclusivamente perdite, mentre nel secondo, hanno subito dei forti rallentamenti di vendite. Diverso, speriamo, potrebbe essere il discorso legato alla frutticoltura: siamo in ripresa vegetativa, molte piante sono già in fioritura ed altre hanno germogli pronti a fare capolino. Ho l’impressione che molte colture siano in anticipo rispetto alla media di circa 15 giorni. si iniziano a fare i primi interventi fitoiatrici e, fortunatamente, la monodopera, non avendo subito alcuna limitazione in questa fase emergenziale, non manca se non in situazioni sporadiche e, comunque, temporanee. Ritengo, per il momento, che la frutticoltura abbia subito più i danni legati alla gelata di pochi giorni fa che non a questa fase emergenziale sanitaria. Bisogna vedere quando arriveranno le prime ciliegie, le prime pesche e albicocche, il blocco dell’esportazione verrà rimosso e la domanda interna inizierà a spostare l’asticella verso l’alto.

 Quali sono le aziende che rischiano di più?

Le aziende che maggiormente rischiano sono, ovviamente quelle che producono fiori, ortaggi e frutta che doveva essere venduta in questo periodo di cui non si può in alcun modo procrastinarne la vendita.  C’è da dire, però che a rischiare sono anche le aziende che per un motivo o per un altro hanno mutui in atto e/o debiti a vario titolo. È abitudine consolidata che gli agricoltori acquistino i fattori di produzione (sementi, concimi, antiparassitari ecc) a debito per poi saldare il dovuto con la vendita di ciò che producono. Se non riescono a vendere o sono costretti a vendere sotto costo, non riuscendo ad onorare il debito, oltre al rischio di un loro fallimento, metteranno in moto un meccanismo a catena indotto che si ripercuoterà su tutta la filiera.

Quali politiche attuare una volta passata l’emergenza?

Noi professionisti del settore ci auguriamo che la Campania (e chiediamo un ulteriore sforzo ai colleghi tecnici della Regione), fin da subito, sblocchi tutti i progetti e tutte le economie previste per i fondi PSR 2014/2020 e che i nostri amministratori sburocratizzino e snelliscano tutte le procedure per poter accedere ai finanziamenti stessi. È ovvio che, oltre al governo centrale ed alla Regione, tutti ci aspettiamo un intervento massiccio da parte della Comunità Europea che, se vuole continuare ad esistere non solo nell’immaginario politico, ora più che mai, deve mettere in atto misure incisive e sostanziali che siano da vero volano di sviluppo. Bisogna cambiare la Politica Agricola Comunitaria che con il meccanismo del disaccoppiamento, ha fortemente danneggiato gli agricoltori Italiani e meridionali in particolare; va rivisto il meccanismo delle quote di produzione che limita fortemente alcuni nostri prodotti di eccellenza; bisogna tutelare i nostri marchi DOP, DOC ecc dalle aggressioni extracomunitarie. A titolo di esempio si dovrebbero: prorogare i bandi aperti, le scadenze per la realizzazione e la rendicontazione delle OCM,  le domande per le autorizzazioni e i termini di validità degli impianti viticoli; effettuare anticipazioni fino all’80% dei premi per le misure a superfici di durata pluriennale; istituire fondi di garanzia presso l’organismo pagatore per la copertura delle garanzie; pagare gli acconti e i saldi previa attestazione di conformità progettuali da parte di professionisti abilitati; finanziare tutti i progetti PSR presentati attingendo ai fondi del New Green Deal; differire di almeno 8 mesi il pagamento degli oneri aziendali per consentire loro di incassare i proventi delle vendite; azzerare i tributi alle aziende agrituristiche che in questo periodo non hanno incassato nulla. Io non sono abituato a fare giri di parole, quindi ritengo che l’Europa deve “mettere mano al portafoglio” e aree che fino ad ora hanno sviluppato le loro industrie a discapito degli altri, quegli Stati europei che si sono di fatto comportati come paradisi fiscali, facciano seriamente la loro parte anziché pontificare e tirare l’acqua esclusivamente al proprio mulino. Voglio dire una cosa ovvia: dopo questa emergenza nulla sarà come prima, abbiamo l’obbligo di dare importanza alle cose serie. Il genere umano è cosa seria: deve potersi nutrire e bene, deve potersi curare e bene, deve poter essere istruito e bene, deve essere difeso e bene. Queste sono i parametri essenziali ed imprescindibili della vita su questo pianeta. Il resto è superfluo e ce ne accorgiamo solamente quando l’acqua ci sta arrivando alla gola.

Cosa sta facendo lo stato e cosa la Regione per attutire l’impatto?

Partiamo da una considerazione: gli agricoltori (a me piace definirli imprenditori agricoli) producono cibo, bene primario per la sussistenza del genere umano. Noi dottori agronomi e dottori forestali contribuiamo a fare in modo che il cibo sia buono, sano, genuino e per una platea quanta più ampia possibile. Allo stato attuale, fra le possibilità che questo governo ha già previsto, vi sono (ovviamente con tutte le precauzioni previste dai vari DPCM) la possibilità di spostamento delle maestranze agricole e di noi agronomi per poterci recare presso le aziende che curiamo. Quello che già è stato messo in campo è stata una sorta di sostegno al reddito sia per gli agricoltori sia per noi tecnici. Ovviamente bisogna avere determinati requisiti. Gli imprenditori agricoli possono attingere ai 600 € facendone domanda all’INPS, invece per noi dottori agronomi e dottori forestali (se con reddito inferiore a 35.000 € nel 2018 oppure tra i 35.000 e 50.000 € se abbiamo avuto un calo di fatturato nel primo trimestre 2020 del 30%) è prevista la richiesta di sussidio alla nostra cassa privata che, su indicazioni ministeriali, si è già attivata in tal senso.  Il prossimo mese per entrambe le categorie si passerà a 800 €. Si potrebbe dire che non è molto, ma è quello che uno Stato come il nostro, considerando come sono messe le casse statali, può fare. La Regione Campania, stando all’ultimo comunicato del presidente De Luca, ha previsto nel Piano per l’emergenza socio-economica risorse ad integrazione dei redditi di € 2.000,00, ivi compresa la categoria dei dottori agronomi e dottori forestali e un bonus alle aziende agricole e della pesca.

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