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Aversa – Sequestrati due calzaturifici, titolari denunciati per violazione di tutela ambientale e lavoro nero

Aversa – Nell’ambito della quotidiana attività posta in essere dalla Guardia di Finanza per contrastare il fenomeno dei roghi tossici di rifiuti industriali nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”, i finanzieri dei reparti alla sede di Aversa hanno individuato, nei giorni scorsi, due distinti opifici calzaturieri siti nella stessa cittadina, che operavano in locali privi delle necessarie misure di tutela dei lavoratori e senza alcuna autorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti e per l’emissione in atmosfera dei fumi generati dalla lavorazione dei pellami. Sono stati quindi denunciati alla competente Autorità Giudiziaria sia i titolari delle aziende ispezionate che le stesse imprese per la connessa responsabilità amministrativa ascrivibile all’ente per i reati commessi dagli amministratori ai sensi del D.Lgs. 231/01. Sequestrati anche i locali, 38 macchinari utilizzati per la lavorazione e e circa 175 kg di scarti di lavorazione stoccati in attesa di essere illegalmente smaltiti. Scoperti anche 7 lavoratori “in nero”.
Anche dopo il piano di controlli ad alto impatto messo in campo nei primi mesi del 2019 e che ha portato all’ispezione di ben 116 calzaturifici (di cui 16 sequestrati per il mancato rispetto della normativa ambientale) operanti nei Comuni ricompresi nella c.d. Terra dei Fuochi e, in particolare, nell’agro aversano, le Fiamme Gialle hanno continuato ad acquisire informazioni utili a localizzare altre imprese operanti in modo illegale con pregiudizio alla salute degli stessi operai e all’ambiente circostante.
In questo contesto, i “baschi verdi” di Aversa hanno individuato altri due opifici all’interno dei quali veniva svolta l’attività di calzaturificio, in totale assenza di titoli autorizzativi per le emissioni in atmosfera ed in spregio alla normativa sulla regolare tenuta e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti dalle stesse aziende. In entrambi i casi, i militari hanno rinvenuto, ammassati all’interno delle strutture, ingenti quantitativi di rifiuti costituiti da materiali contenenti colle e residui di sostanze infiammabili e corrosive, utilizzate per la produzione di scarpe, nonché bustoni in plastica contenenti scarti di pellami, carta e cartone che, senza l’intervento dei militari, sarebbero stati, con ogni probabilità, illecitamente sversati. Nel corso degli interventi è stato, inoltre, accertato l’impiego di sette lavoratori “in nero”.
La situazione di assoluta illegalità che, sotto il profilo economico, si trasforma in un illecito abbattimento dei costi e nella possibilità di effettuare parte di produzione in modo contabilmente non tracciabile, ha indotto i militari ad aprire immediatamente anche un controllo fiscale a cura dei colleghi della competente Compagnia di Aversa, così da ricostruire il volume dell’evasione fiscale e contributiva.
I legali rappresentanti delle attività sono stati quindi denunciati a piede libero alla Procura della Repubblica di Napoli Nord per emissione in atmosfera non autorizzata, attività di gestione non autorizzata di rifiuti, infrazioni delle norme in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con conseguente sequestro degli opifici, dei rifiuti e dei macchinari per la lavorazione delle scarpe in essi contenuti per un valore complessivo di circa 300 mila euro. Tenuto conto, infine, dei reati ambientali accertati, è stata, altresì, segnalata alla medesima Autorità Giudiziaria la posizione di entrambe le imprese coinvolte in relazione alla responsabilità amministrativa da reato disciplinata dal D.Lgs. 231/2001 – speciale normativa introdotta dal Legislatore già da circa un ventennio con la finalità di sanzionare anche l’impresa che sta sul mercato in modo illegale e che trae profitti economici dal compimento di veri e propri reati da parte dei suoi amministratori.
Anche gli odierni risultati dimostrano l’importanza del controllo economico-finanziario del territorio finalizzato all’individuazione di quelle imprese che scaricano sulla collettività i costi sociali della loro attività illegale, sfruttando ingiusti vantaggi economici e danneggiando le altre aziende sane e corrette che operano sui loro stessi mercati.

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