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Carinola / Sessa Aurunca – Cleprin, senza permessi e autorizzazioni. Il comune con le bende sugli occhi

Carinola / Sessa Aurunca (seconda puntata) – Può una azienda nascere, operare, assumere, licenziare, produrre utili, senza che la macchina comunale si accorga di nulla? Può un municipio fingere di non sapere nonostante l’enfasi mediatica per l’apertura di una azienda sul proprio territorio? Può una impresa operare e sversare rifiuti, scarti di lavorazione, fumi in atmosfera, senza che Asl, Arpac e municipio sappiano nulla?
In un mondo normale la risposta a tutte queste domande sarebbe, senza alcun dubbio, “no”. Ma nel caso della Cleprin di Carinola le regole sembrano non applicarsi. Non si applicavano quando la struttura operava a Sessa Aurunca, non sembrano essere state applicate quando gli impianti sono stati trasferiti a Carinola. Almeno fino a quando non è intervenuta la Procura (poche settimane fa) sequestrando la Cleplerin.
E proprio da qui, da Carinola, riprendiamo il filo del discorso sulla CLEPRIN, lasciato la settimana scorsa – (leggi qui l’articolo in questione: Caso Cleprin, salta il coperchio del vaso di Pandora: quando l’etichetta antimafia produce “mostri”) – per chiudere la paradossale vicenda di questa azienda e dei suoi titolari in terra di Carinola, in attesa dell’esito dell’ennesima udienza del TAR che si decida a decidere sul merito del ricorso presentato dai titolari avverso le ordinanze di sospensione dei lavori e di demolizione emesse dal Comune di Carinola e prima di affrontare l’analisi, ben piu’ corposa ed intrigante, del periodo “aureo” dell’azienda in quel di Sessa Aurunca.
Per tutti coloro che si siano persi qualche puntata e a supporto della labile memoria di qualcuno –  riassumiamo che la nostra benemerita azienda, da due anni insediatasi in tenimento carinolese, produce, vende, acquista, contratta, pubblicizza, assume, licenzia promuove la propria immagine industriale – sempre intrinsecamente connessa con l’ attivita’ anticamorra e legalitaria dei suoi amministratori –  solo Dio sa come, ovvero:

  • In assenza di certificato di agibilita’. In proposito, nel marzo del 2017 il legale rappresentante della CLEPRIN, Antonio Picascia, in maniera del tutto irrituale e senza allegare alcuna documentazione a supporto, consapevole di non poterlo ottenere, chiedeva un’agibilità parziale (?) per gli immobili sede dell’azienda. Sembra quasi inutile dire che non esiste un’ipotesi di agibilità parziale! Inutile, in proposito, ricordare il meccanismo già evidenziato delle richieste di autorizzazioni spacciate come tali.
  • In assenza di autorizzazione sanitaria della ASL presso cui non risulta addirittura alcun atto relativo alla suddetta azienda, neanche la stessa semplice richiesta di autorizzazione. Atteso che la CLEPRIN per la natura della sua produzione necessita di un decreto di classificazione di industria insalubre, è lecito porsi “inquietanti” interrogativi sulla liceità della sua produzione ai fini ambientali e soprattutto sullo smaltimento delle scorie di lavorazione.
  • In assenza del parere favorevole dell’ARPAC per l’emissione dei fumi Anche in questo caso presso quell’ente non risultano neanche presentate richieste di pareri.
  • In assenza di autorizzazione antincendio In proposito il Comando Vigili del Fuoco di Caserta è in attesa da due anni di integrazioni alla documentazione presentata a supporto della richiesta. Tali documenti non sono mai stati presentati dalla CLEPRIN ed adesso tutti sappiamo perché. Qualcuno sa se i detergenti industriali siano o meno altamente infiammabili?
  • In assenza di conformità edilizia L’azienda verte su beni gravati –  ab origine – da abusi edilizi già a suo tempo contestati ai precedenti amministratori e per i quali nell’ottobre del 2016 il Picascia, presentava istanza di condono. L’istanza di condono in generale è limitata per volumetria, nel senso che non può essere richiesta sanatoria di un abuso oltre un limite prefissato per legge ma, in questo caso il Picascia –per mera distrazione e nel rispetto dei principi di legalità – ovviamente –  produceva ben tre istanze, solo apparentemente distinte, ma afferenti il medesimo bene immobile, separandoli per corpi di fabbrica. Ah!, ovviamente la  Commissione di condono di Carinola non si accorgeva di nulla.
  • In presenza di un vincolo ambientale insanabile, particolare, anche questo che incredibilmente era sfuggito alla Commissione Paesaggio del Comune di Carinola che – ovviamente – aveva dato parere favorevole. Meno male che se ne accorgeva la Sovrintendenza Ambientale di Caserta che esprimeva parere negativo “insanabile”. E’ singolare che a questo punto Picascia ritirasse definitivamente la richiesta di sanatoria.
  • Su un terreno classificato con destinazione ad esclusivo uso agricolo La precedente azienda GAL.COOP. fece richiesta di cambio di destinazione d’uso con la pratica di sanatoria, ma la pratica venne sospesa, atteso il fallimento e la contestazione dell’abuso edilizio, per cui la destinazione d’uso è e rimane esclusivamente agricola.

A questo intrigante quadro di “spiccata” legalità dobbiamo aggiungere – ciliegina sulla torta – la presenza di lastre in cemento-amianto (eternit) sulla copertura di entrambi i capannoni dell’azienda riscontrata nel giugno di quest’anno. La grave violazione veniva accertata ufficialmente dal Dipartimento di Prevenzione dell’ASL/CE che effettuava un controllo ispettivo presso lo stabilimento industriale a seguito di segnalazione. In conseguenza degli esiti del sopralluogo il Comune di Carinola emetteva ordinanza nei confronti della proprietà della CLEPRIN SRL,  pubblicata all’albo pretorio del comune di Carinola, di provvedere alla immediata rimozione e all’adeguato smaltimento delle coperture. Ci sembra che queste stiano ancora tranquillamente al loro posto con buona pace dei dipendenti della CLEPRIN. Hai visto mai che l’attività anticamorra e a difesa della legalità non serva anche a prevenire e a proteggere dai tumori?

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