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Lavorare nell’invisibilità e dedicare il proprio tempo agli altri

(di Sandrino Luigi Marra)
Loredana, Agnese, Camilla, Luigi, Emanuele, Dino, Johannes, Abdhul, Sandro,Alfonso, sono solo alcuni dei nomi di chi lavora nell’invisibilità, per gli invisibili. Alcuni nomi sono veri, altri inventati, così a voler in fondo tenere alto il livello di invisibilità, d’altronde di questo alcuni vivono. Sono persone che dedicano il loro tempo libero agli altri, sono persone che lavorano a tempo pieno per gli altri, sono tutte persone che credono nella eguaglianza tra gli uomini, al diritto alla cura, al diritto alla dignità della persona. Sono Infermieri, Mediatori culturali, Traduttori, Medici, Docenti Universitari, Impiegati, Ingegneri, Autisti, Pensionati, sono italiani, stranieri, giovani e meno giovani. Li accomuna come detto un forte ideale umanitario, altrimenti non sarebbero lì, a sorbirsi le mille difficoltà di persone che vivono al limite ed a volte oltre il limite della dignità. Persone a cui la vita ha riservato prove tremende, che hanno provato a cercare una vita migliore, a costruirsi una esistenza dignitosa, a volte ingannati da trafficanti di esseri umani, a volte ingannati dal paese in cui hanno vissuto per anni, in cui avevano costruito e realizzato il progetto migratorio. Altri ingannati dal sistema sociale del nostro paese, ove sono nati e cresciuti. Persone con un passato, spessissimo insieme al presente conservato in uno zaino. Tutta la propria esistenza su una bicicletta, in un borsone, in uno zainetto, tutta la propria vita portata dietro giorno per giorno, per settimane, mesi, anni, a volte decenni. Tutti sullo stesso piano, sullo stesso livello, nel limbo del disagio sociale. A volte senza documenti, a volte clandestini per una legge, spesso invisibili, tante volte divenuti invisibili, italiani, africani, indiani, sudamericani, ucraini, moldavi, russi, ungheresi, a volte giovani in perfetta salute, a volte anziani con mille acciacchi, gli acciacchi di una vita all’addiaccio, a dormire in strada, sotto i ponti, nei dormitori pubblici, nelle case abbandonate, o sfruttati da altri mercanti di alloggi, di uomini. Li riconosci subito gli invisibili quando vengono al politruck, quando cercando di tenere una dignità, scopri che sotto i pantaloni a Dicembre, hanno una tuta ed un pigiama, sotto il maglione un altro maglione, e quando tolgono le scarpe si comprende chi è maggiormente in difficoltà. Già, è dall’odore dei piedi che si capisce chi è più senza tetto di un altro, chi cammina di più per poter sopravvivere, per non pensare, per stancarsi così da non affliggersi. Però tutti trovano un sorriso, un aiuto, una assistenza al politruck di Emergency, una mano di aiuto per ottenere farmaci, prestazioni, assistenza sanitaria, senza tale aiuto continuerebbero a vivere nel limbo dell’invisibilità. E’ un lavoro non facile al politruck di Milano, c’è bisogno di sapere, di conoscere i fenomeni migratori, le difficoltà e le barriere che le leggi creano. Ma c’è bisogno di comprensione, di assenza di pregiudizio, di una visione umanistica ed umanitaria delle situazioni, di empatia, diplomazia, cordialità, e soprattutto di tanto, tanto calore umano. E’ quello che fa da anni Emergency a Milano, a Porto Marghera, a Ponticelli, a Castelvolturno, in Sicilia sui moli di sbarco, nelle campagne del Foggiano. E’ vero non sono i soli, ne esistono altre di simili realtà, ma parlo della realtà in cui sono immerso, in cui offro il mio tempo, le mie esperienze. E’ la realtà di Mohammad, di  Filippo, di Anna, di Catherin, di Alì, di Preeper, e di tanti tanti altri che giornalmente ruotano intorno alla realtà milanese di Emergency. Eppure basterebbe poco, basterebbe un pizzico di attenzione, da parte delle istituzioni, dei singoli, delle persone anche comuni, e l’invisibilità potrebbe non dico sparire ma ridursi, potrebbe avere cifre basse e reali, al posto di cifre presumibili, spaventosamente alte e terribilmente sconosciute. Basterebbe imparare la parola dignità, al posto di politruck, e anche noi saremmo ben felici di tornarcene a casa e dedicare il nostro tempo al giardino sapendo che gli invisibili non esistono più, perché l’umanità ieri si è svegliata e ha detto basta. Ma oggi scopro che è tutto uguale a ieri, o quasi. Chissà dopo ieri forse qualcosa migliorerà.

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