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Sparanise – Mozzarella taroccata, processo Cantile: chiesti 60 anni di carcere

Sparanise – Il pubblico ministero ha chiesto 60 anni di carcere per gli imputati nel processo nato dall’indagine sul caseificio Cantile di Sparanise.  Per Guido Cantile, imprenditore di San Cipriano d’Aversa il pubblico ministero ha chiesto 8 anni di reclusione. Mentre per i rispettivi figli Pasquale e Luigiantonio Cantile richiesti 6 anni, infine, 5 anni e mezzo per Luigi Bacco e Giuseppe Genovese. Per Paola Mormile, Assunta Di Caprio, Elena Micillo, Antonio Di Feo, Amedeo Fasulo, Agostino Verde e Luigi Cammisa, la richiesta è di 4 anni e mezzo.
L’inchiesta condotta dai carabinieri della compagnia di Capua coinvolse   Guido Cantile, originario di San Cipriano di Aversa, ma residente a Caserta; Luigiantonio Cantile, residente a Caserta; il fratello Pasquale Cantile, residente anche lui a Caserta; Assunta Di Caprio, residente a Carinola; Agostino Verde, residente ad Aversa; Luigi Cammisa, residente ad Aversa; Antonio Di Feo, residente a Guardia Lombardi in provincia di Avellino; Giuseppina Genovese, di Agropoli; Luigi Bacco, di Agropoli; Ileana Micillo, di Sparanise; Paola Mormile, di Casal di Principe; Amedeo Fasulo, fratello dell’ex assessore del Comune di Caiazzo, Angelo. I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di associazione per delinquere, rivelazione di segreto d’ufficio continuato, frode nell’esercizio del commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, commercio di sostanze alimentari nocive, falso ideologico, rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, lesioni colpose conseguenti a infortuni sul lavoro, violazione di sigilli e smaltimento illecito di rifiuti. I Cantile, padre e figli, secondo gli inquirenti, sono i promotori dell’associazione a delinquere che avrebbe reiterato negli anni diversi illeciti, con il contributo di alcuni dipendenti e collaboratori dell’azienda, nonchè con la complicità e connivenza di veterinari dell’Asl (Verde e Cammisa). Questa organizzazione avrebbe realizzato un sistema ben collaudato negli anni, che le avrebbe consentito di raggiungere importanti traguardi economici, a discapito delle più elementari norme di sicurezza dei lavoratori e di tutela della salute pubblica. Proprio da un incidente sul lavoro, costato le dita di una mano ad un operaio del caseificio di Saparanise, sarebbe partita l’inchiesta della Procura sammaritana che avrebbe portato a scoperchiare un vaso di Pandora, dalla adulterazione di alimenti (al latte di bufala veniva abitualmente miscelato latte vaccino), all’utilizzo di partite di latte e di cagliata, spesso molto scadenti, acquistate in Francia, Polonia e Ungheria. Accuse che, fondamentalmente, sono respinte dagli  imputati.  Nel collegio difensivo gli avvocati Angelo Raucci, Rosario Avenia, Antonio Mirra, Fabrizo Zarone e Giovanna Zarone

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