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Capua / San Tammaro – Il misterioso omicidio di Katia, il marito parla per otto ore davanti ai giudici: non sono stato io 

Capua / San Tammaro –  “Trovai una forzatura vicino alla serratura della porta. In casa mancavano alcuni monili in oro ma lasciarono un salvadanaio dove avevo i miei risparmi. So solo che mi hanno ucciso mia moglie e da sei anni cerco di avere una risposta e penso tante cose”. Così Emilio Lavoratano, marito di Katia  Tondi,  ha affermato davanti ai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. E’ sotto processo con l’accusa di aver ucciso la consorte. Lui ha sempre respinto ogni accusa.
“Tornai a casa, la porta era aperta di una ventina di centimetri – ha detto Lavoretano alla Corte presieduta dal giudice Napoletano – Avevo con me le buste della spesa e mi aiutai con un piede. Vidi il corpo di Katia a terra. Mi precipitai su di lei, la presi tra le braccia. Poi corsi a chiamare la vicina di casa, Maria Rosaria Rossi. Lei entrò in casa e mi disse che non c’era polso. ‘Chiama l’ambulanza’ mi disse. Nel frattempo io stavo in cucina dove c’era mio figlio che piangeva. Fu Rosaria, nel voltarsi, a farmi notare che la camera da letto era sotto sopra. ‘Che hanno combinato?’, esclamò. Andai a vedere e poi tornai in cucina”. Poi la chiamata al 118, per ben 2 volte, e quella alla polizia che sembra aprire uno scenario nuovo su cui la Procura vuole far luce anche se Emilio ha riferito in aula “ho detto venite che sta tutto sotto sopra”. Solo all’arrivo del 118 “mi sono reso conto che Katia era morta”, ha detto Lavoretano.  
Nel corso del suo esame Lavoretano ha spiegato come la coppia non avesse nemici ma anche di una vita sociale molto limitata dopo il matrimonio: “con un bambino piccolo era difficile”, ha commentato in aula. Ed anche le amicizie pregresse, come quella con il fratello di Katia, Antonio Tondi, e con la cognata, Lina Ginestra, erano andate man mano diradandosi. “Prima andavamo spesso a mangiare una pizza insieme poi dopo la nascita del bambino Katia, che era molto premurosa, sgridò il figlio di Antonio perché urtò la culla e da quel momento non ci siamo più frequentati, anche se io continuavo a sentire il fratello”.
Nel giallo dell’omicidio della giovane donna, si innesta un altro mistero: chi ha sistemato la camera da letto totalmente disfatta?
“Non tornai a casa a dormire – ha detto – andai a casa dei miei genitori. Andai a prendere mio figlio da mia suocera e tornai a casa dai miei. A casa mia – al parco Laurus – tornai solo due giorni dopo quando andai a prendere i vestiti di Katia – ha proseguito – In quella circostanza mi accorsi che la camera da letto era stata messa a posto ma non so chi lo ha fatto. Non so se sia stata mia madre”. 

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