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foto di repertorio

ALIFE – Pedofilia e maltrattamenti, Marra risponde al giudice: era un relazione. Nessun abuso

ALIFE – L’indagato ha risposto alle domande del giudice. L’uomo non si è sottratto, ha tentato di chiarire la propria posizione in merito ai fatti contestati e alle gravi accuse fra cui quella di aver abusato sessualmente della figliastra. Domenico Marra, operaio in una grossa azienda agricola ubicata in località Torcino, è stato interrogato questa mattina nel carcere di Santa  Maria Capua Vetere. Assistito dall’avvocato Emanuele Sasso ha spiegato al giudice che fra lui e la figliastra vi era una relazione. Ha respinto l’accusa di aver mai abusato della fanciulla. L’avvocato Emanuele Sasso ha discusso sollevando una serie di perplessità in ordine al quadro indiziario e sostenendo l’affievolimento delle esigenze cautelari carenti, a suo avviso, del profilo della attualità. Per questa ragione il legale ha chiesto la scarcerazione dell’indagato con la collocazione dello stesso ai domiciliari presso il datore di lavoro a Torcino, con autorizzazione al lavoro. Una richiesta che nasce dall’esigenza di salvaguardare l’interesse al sostentamento dei quattro figli minori. Il giudice emetterà la propria decisione nella giornata di domani.
Secondo l’accusa le due vittime – madre e figlia – hanno sopportato violenze di ogni tipo per molti anni. Le minacce dell’uomo e la paura di essere uccise dominavano le loro menti. La verità che emerge dai racconti delle due donne è agghiacciante. Certo, servirà un processo e, probabilmente, tre gradi di giudizi prima si sapere se quell’uomo è veramente colpevole. Per ora ci sono le denunce i racconti di una donna e di sua figlia che inchiodano Domenico Marra. Secondo l’accusa l’uomo picchia e maltratta ripetutamente la moglie e poi abusa sessualmente di una ragazzina (figlia della moglie avuta da una precedente relazione) di appena dodici anni obbligandola a rapporti di ogni genere. Per farla stare zitta, per evitare che la fanciulla raccontasse alla madre gli abusi subiti, la minacciava di morte. Bastava poco per scatenare la furia dell’uomo: una bottiglia di vino non messa a tavola, una parola fuori posto, un ordine non eseguito rapidamente. E tutto peggiora quando la donna decide di separarsi. Le violenze e le botte aumentano. Le due vittime per molti anni non ricorrono ai carabinieri, non denunciano il loro “carceriere”. Hanno paura. Temono di essere uccise. Poi la madre decide di rivolgersi ad un centro antiviolenza e scattarono le denunce che hanno portato all’arresto di Marra.

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