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RIARDO – Palazzo Smaldone, il Consiglio di Stato boccia il ricorso di Di Nardo

RIARDO – Palazzo Smaldone, il Consiglio di Stato boccia il ricorso di Di Nardo. L’uomo, la cui proprietà confina con l’area dove è stato costruito l’immobile residenziale, dopo che i giudici del Tar avevano bocciato il suo ricorso, si è rivolto al Consiglio di Stato per la riforma integrale della sentenza di primo grado. Anche in questo caso, senza successo. Nel 1991 il comune di Riardo rilasciò alla Edil Smaldone la concessione edilizia per la costruzione di un immobile residenziale. Nel settembre 2004 la concessione fu oggetto di dia in variante. Infine il comune rilasciò alla Ditta Smaldone una sanatoria per difformità compiute nel corso dell’edificazione. Nell’aprile del 2006 Di Nardo, nella qualità di confinante col suolo oggetto di intervento, impugnò gli atti del procedimento avanti al TAR Napoli. Subendo una prima sconfitta giudiziaria. La seconda arriva con la sentenza pronunciata ora dai giudici del Consiglio di Stato.

Ecco la sentenza integrale:

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 165 del 2009, proposto da
Di Nardo Luigi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso lo studio B Bei Anna C/O Studio Rosati in Roma, via Ovidio, 10;

contro

Comune di Riardo non costituito in giudizio;

nei confronti

Edil Smaldone S.n.c. di Smaldone Domenico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio eletto presso lo studio Studio Abbamonte Titomanlio in Roma, via Terenzio n. 7;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 16304/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Edil Smaldone S.n.c. di Smaldone Domenico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Felice Laudadio su delega dichiarata di Luigi Adinolfi e Testa su delega dichiarata di Luigi Maria D’Angiolella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Nel 1991 il comune di Riardo rilasciò alla Edil Smaldone la concessione edilizia 32/1991 per la costruzione di un immobile residenziale. Nel settembre 2004 la concessione fu oggetto di dia in variante.

Infine con c.e. 15.2.2006 n. 1015 il comune rilasciò alla Ditta Smaldone una sanatoria per difformità compiute nel corso dell’edificazione.

Con ricorso notificato nell’ aprile del 2006 il sig. Di Nardo, nella qualità di confinante col suolo oggetto di intervento, impugnò gli atti del procedimento avanti al TAR Napoli.

Successivamente il ricorrente ha impugnato con un primo atto di motivi aggiunti la variante rilasciata dal comune n. 445 del 25.1.2007.

Con un secondo atto di motivi aggiunti il ricorrente ha poi impugnato l’ulteriore variante rilasciata dal comune con atto n.1264 del 6.3.2007.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale partenopeo ha dichiarato tardive le censure ( di cui al ricorso e ai primi motivi aggiunti) rivolte avverso la c.e. del 1991 e la DIA

del 2004. Di conseguenza il Tribunale ha ritenuto inammissibili le censure di invalidità derivata mosse in ricorso avverso la sanatoria del 2006.

Il Tribunale ha poi dichiarato infondati, perché generici, i motivi proposti avverso la prima variante del 2007.

Infine il Tribunale ha dichiarato tardivi e comunque inammissibili per difetto di interesse i secondi motivi aggiunti, rivolti avverso la seconda variante del 2007 che aveva comportato una mera rotazione di una falda del tetto sul lato non prospiciente la proprietà Di Nardo.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi in esame dal soccombente che ne chiede l’integrale riforma, deducendo cinque motivi di impugnazione.

Si è costituita in resistenza la originaria controinteressata, che ha chiesto il rigetto dell’appello avversario eccependone peraltro l’inammissibilità.

Il comune di Riardo, benchè regolarmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

All’udienza del 6 dicembre 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello non è fondato, il che dispensa il Collegio dall’esame della eccezione di rito versata dall’appellata.

Con il primo motivo l’appellante lamenta il mancato esame da parte del TAR delle censure contenute nel ricorso introduttivo del giudizio ed aventi ad oggetto l’invalidità per vizi propri

della concessione in sanatoria 1015/2016, tempestivamente impugnata.

Il mezzo non può trovare favorevole considerazione.

Si premette che in data 7.5.2005 il sig. Di Nardo, a seguito di accesso agli atti, ha avuto legale conoscenza dell’originaria concessione edilizia n. 32/1991 e della DIA 5110/2004.

Con ricorso proposto nell’aprile 2006 il predetto ha impugnato tali atti insieme alla sanatoria 1015/2006.

Ne risulta con tutta evidenza che – avendo lasciato inutilmente decorrere il termine decadenziale – il ricorrente non aveva titolo a contestare i provvedimenti originari.

Ciò premesso, dall’esame del ricorso introduttivo si ricava che le censure dedotte dall’appellante avverso la sanatoria del 2006 in realtà riguardano profili costruttivi ( posizionamento del fabbricato, indici di fabbricabilità consentiti, distanze dai fabbricati confinanti) già pregiudicati dai titoli precedenti, non tempestivamente contestati.

D’altra parte la sanatoria risulta espressamente condizionata dal comune alla riduzione della volumetria realizzata in difformità e alla demolizione delle parti ( in particolare solaio del seminterrato) edificate in violazione delle distanze: di talché, deve concludersi, è evidente come attraverso l’impugnazione di un atto sostanzialmente favorevole il ricorrente abbia tentato di recuperare spazi per la critica di provvedimenti sfavorevoli ma in realtà ormai inoppugnabili.

Con il secondo motivo l’appellante contesta il capo di sentenza che ha dichiarato tardivi i primi motivi aggiunti.

Con il terzo motivo l’appellante contesta nel merito il rigetto di detti motivi.

I mezzi, che vanno unitariamente scrutinati, non sono fondati.

Per quanto riguarda il rito, è vero che l’impugnativa è stata proposta nel termine decadenziale ma in realtà l’irricevibilità – alla quale intendeva riferirsi il Tribunale – riguarda le censure ivi contenute con le quali il ricorrente è tornato ancora una volta a dedurre vizi in realtà riconducibili ai provvedimenti originari.

Ciò chiarito, come risulta dagli atti la DIA 445/2007 ha ad oggetto, a ben vedere, essenzialmente una riduzione del volume costruito ( 3543) entro i limiti massimi consentiti ( 3143 mc) dal prg: di talché ancora una volta le doglianze del ricorrente in ordine alla inaffidabilità dei calcoli presentati dalla Ditta non risultano tempestive, avendo obiettivamente ad oggetto elementi costruttivi riconducibili al progetto originario.

D’altra parte in questa sede l’oggetto del giudizio è il titolo edilizio, non l’asserita non corretta realizzazione dell’assentito da parte della Ditta controinteressata.

Con il quarto motivo l’appellante contesta quanto rilevato dal TAR in ordine alla tardività del secondo atto di motivi aggiunti.

Con il quinto motivo l’appellante afferma che, contrariamente a quanto opinato dal TAR, egli aveva interesse a contestare la dia 1264/2007.

Il motivo da ultimo compendiato è chiaramente infondato: la dia in controversia, infatti, ha ad oggetto nella sostanza la mera rotazione di novanta gradi di una falda del tetto e quindi una modifica da qualificarsi come urbanisticamente non rilevante.

Dal momento che tale falda non aggetta verso la proprietà Di Nardo, come accertato dal TAR senza contestazioni da parte dell’odierno appellante, deve ritenersi che questi non abbia in realtà interesse concreto all’impugnativa.

Il che consente di assorbire ogni approfondimento sulla tempestività di motivi aliunde inammissibili.

In realtà la censura ora esaminata, e quelle in precedenza vagliate, poggiano tutte sul rilievo dell’illegittimità dell’azione dell’ente locale, il quale avrebbe consentito alla Ditta controinteressata ( attraverso i vari provvedimenti succedutisi nel tempo) di pervenire a realizzare una costruzione complessivamente non consentita dal piano regolatore e dal norme civilistiche.

Questa impostazione ( pedissequamente corroborata dalla perizia di parte) non può però trovare alcun seguito in questa sede in quanto i vizi lamentati attengono in realtà ai titoli originari, non tempestivamente impugnati: mentre i provvedimenti successivi o sono irrilevanti ( dia 1264) o introducono, per così dire, modificazioni migliorative rispetto all’edificato ( sanatoria 2006 e dia 445).

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto respinto.

Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Di Nardo Luigi al pagamento in favore di Edil Smaldone S.n.c. di Smaldone Domenico di euro 3.000,00 ( tremila//00) oltre spese generali IVA e CPAper spese e onorari del grado.

Spese .Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente, Estensore

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

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