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foto di repertorio

ROCCAMONFINA / PIETRAVAIRANO / PRESENZANO – “Svuotano” azienda per non pagare i dipendenti, spunta un altro creditore

Roccamonfina / Pietravairano / Presenzano – Due sorelle, imprenditrici, sono accusate di aver sottratto i beni da un’azienda (da loro guidata) per evitare di soddisfare le spettanze di alcuni dipendenti. Durante l’ultima udienza è emerso che c’è un altro dipendente che sarebbe stato danneggiato. Si tornerà in aula ad aprile. Le vittime sono di Pietravairano, Roccamonfina e di Presenzano. Tutto sarebbe partito, secondo l’accusa, le due imputate avrebbero attuato dopo una sentenza sfavorevole emessa dal tribunale di Cassino che avevano condannato l’azienda in questione al pagamento di spettanze in favore di tre dipendenti. Sul banco degli imputati sono finite Emma Coppeto e Melania Coppeto, entrambi di Presenzano. La prima in qualità di socia accomandataria, la seconda perché socia accomandante della   società ATI Agency Travel International di Coppeto Emma sas. Secondo l’accusa mossa dalla Procura di Isernia, le due avrebbero agito per sottrarsi agli obblighi derivanti dalla sentenza emessa dal Tribunale di Cassino; sentenza favorevole a tre dipendenti: Vincenzo Di Pinto, Tonino De Fusco e Carmine di Salvo per un totale di oltre 20mila euro e per altre somme ancora da accertare. Per sfuggire alla sentenza, le due sorelle, in data 30 dicembre 2014, costituivano una nuova società – la 3C di Coppeto Emma sas– con sede legale ad Isernia. Nella nuova società entrava, in qualità di socio, anche la ATI Agency Travel International di Coppeto Emma sas che conferiva l’intero capitale. Quindi, poco dopo, la Ati (la vecchia società) attuava il proprio recesso dalla nuova società, ricevendo dalla Sas, a titolo di liquidazione della quota, la somma di 11.500 euro. In tal modo, si legge nel capo di imputazione, la vecchia società, quella che doveva pagare spettanze ai dipendenti, veniva spogliata di ogni bene. Nel collegio difensivo figurano, fra gli altri, gli avvocati Gabriele Gallo e Amelia Montecuollo.
Le due imprenditrici respingono ogni accusa e confidano di poter dimostrare, durante il processo, la loro innocenza.

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