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PIGNATARO MAGGIORE – Gestione dei terreni confiscati, finisce il calvario giudiziario di Manna

PIGNATARO MAGGIORE – Finisce il calvario giudiziario del 66enne Gaetano Manna e del 58enne Domenico Cesaro. Il giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha dichiarato il non doversi procedere in ordine ai reati di cui al ‘capo a’ per intervenuta prescrizione e li ha assolti perché il fatto non sussiste in ordine ai reati di cui al ‘capo b’.

Secondo l’accusa, “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, Manna in qualità di pubblico ufficiale e precisamente quale Presidente dell’associazione ACLI TERRA ed in tale qualità di amministratore dei beni confiscati alla famiglia Ligato-Lubrano, accettava la promessa, cui faceva seguito l ‘effettiva dazione, da parte di Cesaro Domenico, affittuario dei fondi siti e confiscati, della somma di euro 9000,00 da corrispondere ogni  anno nonché di parte del raccolto derivante dalla coltivazione dei terreni -precisamente la metà dei cocomeri coltivati o comunque degli altri prodotti agricoli – quale corrispettivo per consentire al Cesaro, e di fatto poi consentendo, la coltivazione dei terreni, per fini privati, e quindi la realizzazione di finalità diverse da quelle di utilità sociale previste nell’ipotesi di confisca di beni”. Per questo reato è intervenuta la prescrizione.

Per quanto riguarda il capo b, “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi ed in concorso tra loro, agendo Manna Gaetano in qualità di pubblico ufficiale e precisamente quale Presidente dell’associazione ACLI TERRA, ed in tale qualità amministratore dei beni confiscati alla famiglia Simonelli, e dunque incaricato di pubblico servizio, si impossessava, con il contributo di Cesaro che materialmente provvedeva a coltivare i terreni, della somma di euro 3400,00 mensili, somma corrispondente al canone di affitto corrisposto dal colono Passaro Antonio per la coltivazione del fondo in località Arianova  nonché dei proventi derivanti dalla vendita dei prodotti agricoli coltivati nei terreni confiscati – in special modo angurie del valore di euro 100000,00, coltivate nei terreni confiscati ed acquistate da un commerciante all’ingrosso di frutta”. In questo caso il giudice ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste.

 

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