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NAPOLI – CAMORRA: ARRESTATE 16 PERSONE, SEQUESTRATI BENI PER 700 MILIONI DI EURO

NAPOLI – In data odierna la Guardia di Finanza (Nucleo di Polizia Tributaria G.I.C.O. di Napoli, Nucleo di Polizia Tributaria G.I.C.O. di Bologna, S.C.I.C.O. di Roma, Gruppo Pronto Impiego di Napoli, Gruppo di Giugliano in Campania) ha dato esecuzione ad una misura cautelare personale e reale emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della DDA di Napoli, con la quale sono stati disposti la custodia cautelare in carcere per 12 persone, gli arresti domiciliari per 4 persone ed il sequestro preventivo di 1.177 (millecentosettantasette) immobili, 211 veicoli, 59 società, 400 rapporti bancari, per un valore nominale complessivo di circa 700 milioni di euro.
CUSTODIE IN CARCERE: PASSARELLI ANTONIO nato a Mugnano di Napoli il 04.12.1956; BARBIERI Salvatore nato a Sant’Antimo (NA) il 20.12.1970 CASTIGLIONE Antimo nato a Sant’Antimo (NA) il 10.05.1957 CHIANESE Carmine nato a Melito di Napoli (NA) il 25.10.1960 CHIANESE Gennaro nato a Melito di Napoli (NA) il 13.01.1958 ESPOSITO Crescenzo nato a Brusciano (NA) il 08.07.1965 MARINO Cosimo nato Melito di Napoli (NA) il 22.10.1984 MORLANDO Antimo nato a Sant’Antimo (NA) il 11.05.1961 RICCIO Mario nato a Mugnano di Napoli (NA) il 28.06.1991 RUSSO Francesco nato a Casoria (NA) il 09/06/1977 SANGIORGI Domenico nato a Faenza (RA) il 19.10.1958
ARRESTI DOMICILIARI: CICATELLI Francesco nato a Grumo Nevano (NA) il 26.07.1954 GERVASIO Teresa nata a Napoli il 23.06.1959 PASSARELLI Pasquale nato a Napoli il 10.11.1977 PUCA Pasquale nato a Sant’Antimo (NA) il 09.07.1964 L’iniziativa giudiziaria riguarda l’operatività di un gruppo criminale legato a diversi clan camorristici (clan MALLARDO, clan DI LAURO e clan DEGLI SCISSIONISTI, clan PUCA, clan AVERSANO, clan VERDE, clan PERFETTO), operante in diverse Regioni italiane – quali Emilia Romagna, Lazio, Abruzzo, Umbria, Sardegna, Lombardia -, con base prevalente e genetica in Campania ed attivo in diversi settori illeciti, primi fra tutti quello degli investimenti immobiliari e quello delle truffe alle assicurazioni. L’attività oggi eseguita rappresenta lo sviluppo di indagini svolte negli anni precedenti e che avevano portato al sequestro di un’imponente lottizzazione abusiva a Melito (il ed PARCO PRIMAVERA) ed al sequestro di ingenti provviste economiche. Infatti, durante controlli antiabusivismo edilizio, la Guardia di Finanza di Giugliano in Campania appurava che il complesso edilizio denominato “PARCO PRIMAVERA” di Melito era stato edificato in maniera abusiva e che gli organi deputati ai controlli edilizi ed al rilascio dei permessi a costruire avevano chiaramente concorso a tale edificazione abusiva. Si accertava, inoltre, che gli imprenditori che avevano realizzato il suddetto complesso abusivo avevano sicuri legami con la criminalità organizzata locale dato che uno dei soci delle società che avevano edificato il Parco Primavera era CICALA Alfredo, già Sindaco del Comune di Melito e già condannato per partecipazione all’associazione camorristica denominata clan DI LAURO. Veniva disposto il sequestro preventivo del PARCO PRIMAVERA (attualmente per tali vicende è in corso il dibattimento) e venivano effettuate perquisizioni ed acquisite informazioni di carattere finanziario e bancario nei confronti degli imprenditori coinvolti nella speculazione edilizia (tra cui PASSARELLI Antonio, CHIANESE Carmine e CHIANESE Gennaro), dalle quali emergeva che ciascuno di essi era in possesso di enormi disponibilità bancarie e finanziarie del tutto incompatibili con i redditi rispettivamente dichiarati. Veniva quindi sviluppato un secondo filone investigativo – culminato con l’operazione odierna e curato dal GICO della Guardia di Finanza di Bologna poiché emergeva che gli imprenditori avevano consistenti interessi in Emilia Romagna – in cui venivano effettuati ulteriori accertamenti bancari e patrimoniali ed attivate intercettazioni a carico dei soggetti coinvolti nella speculazione immobiliare. Questi approfondimenti investigativi consentivano di disvelare un vero e proprio vaso di Pandora criminale. Infatti, le verifiche bancarie permettevano di ricostruire un vero e proprio impero patrimoniale che gli indagati gestivano in maniera assolutamente promiscua: non vi era alcuna distinzione di ruoli, dibudget, di bilanci, né di società o di conti correnti, in quanto l’unico scopo degli indagati era quello di creare una formale giustificazione per effettuare il reimpiego sistematico di enormi somme di denaro di provenienza illecita. Al contempo, dalle indagini tecniche emergeva che le provviste di denaro erano in realtà provenienti dai vertici di vari clan camorristici operanti nel territorio campano: clan MALLARDO, clan degli SCISSIONISTI, clan PUCA, clan AVERSANO, clan VERDE, clan PERFETTO, clan DI LAURO. Emergeva inoltre l’operatività di una vera e propria organizzazione criminale attiva nel settore delle truffe alle assicurazioni e volta alla realizzazione di pratiche di falsi incidenti automobilistici, fìnti incendi e finti allagamenti, i cui proventi finivano parzialmente nelle casse dei clan camorristici e molto frequentemente venivano riciclati in attività societarie e di cui faceva parte anche uno degli imprenditori del Parco Primavera, PASSARELLI Antonio. Si accertava che spesso i profitti dell’attività truffaldina venivano mascherati da PASSARELLI Antonio come Conferimento Conto Soci in compagini societarie in cui lo stesso formalmente non figurava quale socio: si individuava così uno dei canali illeciti di approvvigionamento delle risorse dell’organizzazione. Per effettuare le operazioni di ripulitura PASSARELLI Antonio si serviva di familiari e di persone estremamente fidate come i suoi familiari ed i fratelli CHIANESE Carmine e CHIANESE Gennaro, che risultano coinvolti nella operazione odierna per il reato di riciclaggio aggravato. Dalle indagini emergeva che gli indagati partecipavano ai diversi aspetti della vita delle organizzazioni camorristiche, anche quelli di tipo più spiccatamente militare. Dalle indagini è emerso altresì che il gruppo criminale monitorato era formato da soggetti che, pur essendo inseriti stabilmente in organizzazioni camorristiche differenti, svolgevano attività illecite nel comune interesse dei diversi clan camorristici, sia nel settore degli investimenti immobiliari, sia in quello dei riciclaggi, sia in quello delle truffe alle assicurazioni. Gli accertamenti finanziari e bancari sviluppati nei confronti degli indagati ovvero PASSARELLI ANTONIO, CHIANESE CARMINE, CHIANESE GENNARO, MARRONE ANTONIO, MORLANDO ANTIMO, hanno consentito di dimostrare che i capitali di provenienza illecita o quantomeno opaca venivano sistematicamente reimpiegati in investimenti immobiliari. Ciò consentiva all’organizzazione di raggiungere due distinti fini: per un verso, il passaggio di mano di somme di denaro e di quote societarie rendeva difficoltosa, se non impossibile, l’individuazione delle originarie provviste poi utilizzate per le differenti operazioni di investimento e, per altro verso, proprio questi investimenti generavano un immenso patrimonio societario ed immobiliare nella disponibilità del medesimo gruppo criminale. In altri termini, anche attraverso le indagini bancarie e finanziarie, è stato possibile individuare un altro modo con cui le organizzazioni camorristiche creano le provviste illecite che ne consentono l’affermazione, anche economica, sul territorio. Tale impostazione trovava definitivo riscontro nelle conversazioni degli stessi indagati, captate durante le intercettazioni, in cui essi raccontavano esplicitamente come opera il sistema dell’approvvigionamento dei capitali illeciti e del loro conseguente reinvestimento in immobili e quote societarie. Dalle indagini bancarie emergeva anche che gli indagati usavano spostare sistematicamente considerevoli somme di denaro tra diversi conti correnti per poi convogliarle nelle società, quasi sempre a titolo di finanziamento conto soci, prassi, quest’ultima, che integra, di per sé, gli estremi del delitto di riciclaggio. Inoltre gli approfondimenti bancari hanno consentito di scoprire che, molto spesso, le provviste utilizzate per finanziamento conto soci provenivano da soggetti che non erano soci delle società finanziate. Ciò forniva tangibile riscontro alla ricostruzione investigativa del carattere fittizio delle complessive operazioni, che servivano esclusivamente agli indagati per attribuire una parvenza lecita all’approvvigionamento di capitali di provenienza illecita. Venivano poi sentiti diversi collaboratori di giustizia sulla partecipazione degli indagati alle organizzazioni camorristiche e sulla realizzazione dei diversi reati fine e le loro dichiarazioni hanno fornito pieno riscontro alle indagini già impostate. Il gruppo camorristico si è rivelato attivo anche sotto il profilo militare: diversi episodi attestano la diretta partecipazione degli indagati MORLANDO Antimo detto A MUCIA, BARBIERI Salvatore detto TOTORE 0 NIRO, PASSARELLI Antonio, ESPOSITO Crescenzo, RUSSO Francesco, PASSARELLI Pasquale, MARINO Cosimo ad attività estorsive o di matrice violenta o in altre attività poste in essere per ottenere l’impunità per i delitti nel frattempo realizzati. In alcuni episodi risultano coinvolti i vertici delle organizzazioni camorristiche: è il caso di MARINO COSIMO detto COCO’ – del clan degli SCISSIONISTI – che, dopo aver malmenato DE CRISTOFARO Alberto fino a cagionargli lesioni personali tali da renderlo allettato ed essersi impossessato della sua autovettura, lo aveva costretto a modificare la propria versione dei fatti dinanzi all’Autorità Giudiziaria in modo da scagionarlo. La rettifica della denunzia veniva provocata dall’intervento di PASSARELLI Antonio, di RICCIO MARIO, detto MARIANO, capo del clan degli SCISSIONISTI che all’epoca era uno dei latitanti più ricercati d’Italia, che si attivavano per conto dello stesso MARINO Cosimo. È il caso di RUSSO FRANCESCO detto ‘0 LENTONE che era stato autista del capoclan MALLARDO Feliciano quando questi era in stato di libertà, e che, oltre a effettuare diverse intestazioni fittizie, aveva favorito la latitanza di affiliati del clan MALLARDO – come MORACA MAURO genero di MALLARDO FELICIANO – e partecipava ai summit con altri esponenti del clan MALLARDO per la risoluzione di problematiche camorristiche. Le indagini hanno poi dimostrato che il gruppo camorristico investigato era riuscito ad operare indisturbato negli anni anche grazie allo stabile e determinante appoggio di insospettabili colletti bianchi: funzionari di banca e commercialisti il cui apporto si è rivelato cruciale e determinante per la vita e l’espansione dell’organizzazione criminale. Si è accertato che alcuni di essi (CASTIGLIONE ANTIMO e SANGIORGI DOMENICO) non si erano limitati a fornire un ausilio estemporaneo agli indagati, ma erano stati in costante e sinergico rapporto con il gruppo camorristico e che da esso avevano tratto vantaggi personali: tali vantaggi avevano funto da contropartita alle agevolazioni da loro stessi prestate alla vita dell’associazione criminale. Di qui la contestazione di partecipazione al clan PUCA. Il funzionario bancario SANGIORGI DOMENICO era perfettamente consapevole dell’apporto che andava a fornire all’associazione: eclatanti le conversazioni intercettate in cui il bancario, dapprima, avvisava PASSARELLI Antonio degli accertamenti disposti dalla magistratura a carico del suo sodale CICCARELLI Francesco e, successivamente, lo ragguagliava anche sulle ulteriori richieste inoltrate alla banca sul conto dello stesso PASSARELLI, e ciò proprio per consentirgli di prendere provvedimenti e adottare le contromisure per non finire nelle maglie delle indagini. Il commercialista CASTIGLIONE Antimo organizzava con gli indagati i passaggi societari e preordinava tutti gli éscamotages per eludere le investigazioni e gestiva, anche direttamente, i patrimoni degli indagati, tra cui anche quello del capoclan PUCA Pasquale “0 MINORENNE”. Il dato investigativo più significativo è certamente quello quantitativo, essendo emerso che il gruppo criminale monitorato aveva la disponibilità di un patrimonio illecito che, ad aprile del 2015, ammontava a 1.177 (millecentosettantasette) immobili, 62 società commerciali, 211 veicoli per un controvalore di circa 700 milioni di euro. Tale quantificazione comprende il patrimonio dei soli indagati e dei rispettivi nuclei familiari, ovvero esclusivamente dei soggetti per i quali sono state condotte approfondite ricostruzioni bancarie e patrimoniali; nel computo suindicato non rientrano i soggetti prestanome (in quanto per essi non sono stati acquisiti elementi tali da rendere certa l’esistenza della consapevolezza del carattere fittizio delle attività di intestazione) nonché tutti coloro che, pur essendo coinvolti a vario titolo nelle intestazioni di beni o società, non sono risultati in sproporzione reddituale con i patrimoni posseduti. Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare (personale e reale) sono state eseguite numerose perquisizioni.

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