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CARINOLA / ALIFE/ CAIANELLO / PIEDIMONTE MATESE – Scandalo sanità, 19 medici sotto processo

CARINOLA / ALIFE/ CAIANELLO / PIEDIMONTE MATESE –   Scandalo della sanità, il processo contro diversi medici ritorna al giudice per l’’udienza preliminare. Erano già stati rinviati a giudizio, ma durante la prima udienza dibattimentale, quella di alcuni mesi fa, le difese sollevarono dubbi sulla scarsa precisione del capo di imputazione. Un dubbio che fu accolto dal giudice il quale ha rimesso gli al giudice per l’udienza preliminare. Oggi, davanti al gup sono comparsi tutti i medici coinvolti nel procedimento penale scaturito dall’inchiesta condotta dalle fiamme gialle del Matese.  Non era presente, però, il publbico ministero titolare dell’inchiesta. Proprio lui dovrà riformulare meglio il capo di imputazione a carico degli indagati. Per questa  l’udienza è stata rinviata di pochi giorni. Dovranno affrontare il processo i camici bianchi

Antimo Cappello,
Luigi Bergamin,
Luigi Bifulco,
Carlo Capuano,
Angelantonio Caso,
Fabio Cecconi,
Agostino Cirillo,
Anna Cristillo,
Luigi De Risi,
Francesco Della Corte,
Giovanni Di Tommaso,
Fabrizio Ferraiolo,
Giovanni Italiano,
Alfonso Marra,
Giuseppe Mastrobuono,
Guido Pane,
Antonino Puorto,
Michela Quarantiello,
Ignazio Scaravilli

L’accusa, per la maggior parte delle persone coinvolte nell’inchiesta è di peculato.  L’inchiesta che ha scosso gli ambienti sanitari dell’intera provincia di Caserta parte nel 2009 quando le fiamme gialle perquisirono gli studi e le abitazioni di trentaquattro medici.  Professionisti che, in gran parte, lavorano fra gli ospedali di Piedimonte Matese, Teano e Caserta, prestando, inoltre, attività professionale in forma privata. Quindi, medici che hanno deciso di adottare il sistema di “intramoenia”. Un protocollo secondo cui il medico ospedaliero che decide di lavorare anche presso studi privati dovrebbe versare il 50% del proprio fatturato all’Asl. Il sistema dovrebbe – contemporaneamente – generare parcelle più contenute in favore dei pazienti e maggiori entrate nelle casse delle azienda sanitarie. Secondo l’ipotesi accusatoria, gli indagati non avrebbero versato le quote dovute all’Asl.

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