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PIEDIMONTE MATESE – Sarro e Ferraiuolo, accuse simili e i privilegi medioevali. Sono sempre i deboli a pagare il prezzo più alto. Cittadini indignati

PIEDIMONTE MATESE – L’onorevole Carlo Sarro e l’imprenditore Domenico Ferraiuolo sono accusati di aver favorito i clan della camorra. Accuse pesantissime e gravissime. Tuttavia fino al terzo grado di giudizio resteranno ipotesi. Fino ad allora le accuse della procura restano tali: semplici accuse. Lo stabilisce la costituzione italiana. Premesso l’apprezzamento incondizionato per l’azione della Procura, dell’Antimafia e dei giudici, le due vicende – a confronto – sollevano dubbi atroci sull’attuale stato del diritto in Italia. Ancor più, destano indignazioni feroci i privilegi che proteggono alcuni: i parlamentari. Privilegi che ci riportano al medioevo quando ai principi e ai Re era concesso ogni cosa, anche il diritto di reclamare la moglie di un qualsiasi suddito.
Così capita che il povero Domenico Ferraiulo accusato di aver favorito i clan su lavori di circa 300mila euro è in carcere dal diversi mesi e non riesce a ritornare libero, nemmeno dopo che la Cassazione ha cancellato i capi di accusa più importanti.
Carlo Sarro, invece, accusato di aver favorito i clan per 131milioni di euro, e nonostante che un imprenditore legalo alla camorra lo accusa di aver incassato una tangente di oltre 2milioni di euro, è libero e sorridente. La Procura non lo ha arrestato perchè non può. Non si tocca. Deve attendere una eventuale autorizzazione da parte della Camera.
Privilegi non più sopportabili dalla gente assetata di giustizia (sociale, economica e giudiziaria).
Le “finte” di Sarro
L’onorevole non ha perso tempo, si è dimesso da ogni carica. Ha lasciato l’Ato, ha lasciato l’Antimafia, ha lasciato altre cariche. Agli occhi dei cittadini appare quasi come una burla. Sì, perché, chiaramente, Sarro, è stato molto attento a non dimettersi dalla carica di onorevole. Già, perché questo avrebbe significato automaticamente l’arresto.
Allora, se non si può arrestare Sarro, si liberi, immediatamente, anche Domenico Ferraiulo, Orlando Cesarini e tante altre persone nelle stesse condizioni. E’ un fatto di civiltà. Basta privilegi per una casta attenta solo ai propri bisogni, alle proprie esigenze. Basta regnanti, basta sudditi. Impariamo ad essere un popolo civile.

Le pesanti accuse contro Sarro (fonte: IlFattoQuotidiano)

“Ci ho promesso i soldi, ci ho promesso questo… poi non me lo fa…”. E’ il 12 luglio 2013. Una cimice del Ros è piazzata su un’Audi A4. L’auto è ferma in via dei Romani. Siamo a Santa Maria Capua Vetere, Caserta. A bordo, Giuseppe Fontana e la moglie Alfonsina Garofalo. Gli investigatori ascoltano. Fontana, detto Pinuccio, si lamenta di Carlo Sarro. Lui è un imprenditore edile. Per l’antimafia è legato al clan di Michele Zagaria e ha rapporti di parentela con Francesco Zagaria, detto “Francuccio ‘a benzina”, cognato del boss. Pinuccio vuole ottenere l’appalto bandito dalla Gori spa, ente che gestisce la rete idrica. Sarro gli deve un “favore”: da avvocato, dice, non è riuscito a fargli togliere l’interdittiva antimafia. Ora pretende che gli faccia ottenere la gara. L’allora deputato del Pdl in quei giorni era già vicepresidente della commissione giustizia della Camera e a ottobre di quell’anno entrerà nella commissione di inchiesta sulle mafie. Oggi per lui – che siede tra le fila di Forza Italia – la Dda di Napoli ha chiesto alla Camera di concedere gli arresti domiciliari. Perché coinvolto nell’operazione anticamorra Medea, che ha portato all’arresto di tredici presunti fiancheggiatori del clan Zagaria, tra cui lo stesso Giuseppe Fontana.

Le pressioni dell’imprenditore legato al clan su Sarro
Ma perché l’imprenditore conta così tanto su Sarro? Perché in quei mesi del 2013, il parlamentare è commissario straordinario dell’Ato 3 “Sarnese-Vesuviano”, ente pubblico che gestisce i servizi idrici nelle province di Napoli e Salerno, socio di maggioranza della Gori. E’ questo il ruolo rivestito dal deputato che interessa veramente a Pinuccio che in auto si sfoga con la moglie. E mette in piedi una strategia per fare pressioni su Sarro e garantirsi così la commessa. Lo fa – ricostruiscono i pm – anche grazie all’intercessione del fratello di Nicola Cosentino, Giovanni, e la moglie di quest’ultimo, Maria Costanza Esposito, a cui era legato da una forte amicizia. Pinuccio minaccia di denunciare il parlamentare per una presunta tangente da due milioni e mezzo di euro. Lo dice alla consorte: “Carlo Sarro si è venduto tutte le gare no? Teneva quaranta milioni di gare… quaranta milioni di gare… agli altri a Salerno. Io dovevo andare dalla Finanza e dovevo dire: ‘Sentite volete controllare un po’ queste gare per favore?’”. Lei suggerisce: “Ma perché non ci vai a parlare tu invece di andare per vie traverse. Vi presentate… vedi un poco… e provaci no! Sei troppo arrendevole… ti piace lamentarti dietro! Invece di andare avanti!”.

Il pentito: “Il clan si poteva fidare di lui”
Sono questi alcuni stralci di conversazioni raccolti nell’ordinanza emessa dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti degli arrestati: presunti fiancheggiatori ed esponenti del clan casalese degli Zagaria. Tra questi c’è anche Carlo Sarro accusato di turbativa d’asta, che dichiara di non aver “ricevuto ancora nessuna notifica”. L’antimafia lo descrive come “persona legata politicamente a Nicola Cosentino” che “gode di un ottimo rapporto con Giovanni Cosentino, fratello dell’ex parlamentare, attualmente detenuto”. Si sta parlando dello stesso Sarro che sarà relatore del testo di riforma della custodia cautelare, che – approvato nel maggio scorso – rende più difficile disporre il carcere per i colletti bianchi. A pesare nei suoi confronti ci sono le parole di alcuni arrestati e le dichiarazioni dei pentiti. Come quelle messe a verbale da Massimiliano Caterino: “Si tratta di un uomo politico di cui mi parlava bene Franco Zagaria e Renato Caterino detto ‘niputeme o ciuccio’, cugino di Iovine Antonio. Quando dico di una persona si parlava bene intendo dire che era una persona di cui il clan si poteva fidare…”.

Pm: “Sarro sapeva che gli imprenditori sono espressione degli Zagaria”
Non solo. Scrivono gli inquirenti: “Carlo Sarro è consapevole del fatto che gli imprenditori con cui viene a patti illeciti (Piccolo Lorenzo, Fontana Antonio, Fontana Giuseppe) sono la diretta espressione di Francuccio Zagaria: ciononostante egli ha pilotato delle gare di appalto nell’interesse di imprese riconducibili allo stesso cartello di Michele Zagaria, fra cui quella di Piccolo Lorenzo”.

Nelle 290 pagine dell’ordinanza firmata dal gip di Napoli Egle Pilla viene ricostruito l’episodio. Sarro – si legge nelle carte – insieme agli imprenditori Lorenzo Piccolo e Antonio Fontana (entrambi arrestati), “ha turbato il regolare svolgimento della gara d’appalto bandita dalla Gori” (per lavori di manutenzione delle reti idriche e fognarie) dal valore di 31,710 milioni di euro (iva esclusa). Il parlamentare, secondo i magistrati, nella sua veste di commissario straordinario dell’Ato 3, ha garantito che tre lotti di quei lavori finissero alle ditte riconducibili agli Zagaria: all’impresa di Lorenzo Piccolo (Idroeco srl) a cui è andato il primo lotto, e il Consorzio Stabile Grandi Opere riconducibile ad Antonio Fontana.

“Da consigliere regionale, l’ex senatore Udeur Barbato ha fatto guadagnare milioni alle imprese dei boss”
Ma tra i politici su cui il clan può contare non c’è solo Sarro. I magistrati della Dda di Napoli indicano, infatti, anche Tommaso Barbato, l’ex senatore Udeur finito in manette questa mattina con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel 2008 divenne celebre per lo sputo rifilato al collega Nuccio Cusumano che in Senato votò la fiducia a Prodi infrangendo le indicazioni di Clemente Mastella. E di recente era stato candidato (anche se non eletto) di Campania Libera, la lista civica che alle Regionali sosteneva la corsa a presidente di Vincenzo De Luca: era la lista che provocò la polemica sugli impresentabili. Aveva sostenuto lo Sceriffo già alle primarie definendosi “del Pd già da tempo”. Mentre per il pentito Caterino, la sua fedeltà era tutta per Franco Zagaria “il quale di lui parlava molto bene”.

Perché grazie al suo ingresso nell’Assemblea Regionale campana nel 2005 come consigliere “forniva appoggio al clan in questioni amministrative e politiche relative ai lavori – ricorda Caterino in un interrogatorio del luglio 2014 – che molti imprenditori di fiducia di Michele Zagaria ricevevano in Regione grazie” al suo interessamento. Il collaboratore mette a verbale: “Franco Zagaria e Carmine Zagaria garantivano a questi imprenditori l’affidamento dei lavori tramite un non meglio identificato ingegnere in Regione ed all’onorevole Barbato”. Caterino aggiunge che Barbato “era molto amico di Franco Zagaria per avermelo detto lo stesso Franco e Carmine Zagaria”, i quali “mi dicevano che per le elezioni politiche del 2006 dovevamo votare e far votare per il partito politico dell’Udeur. Non ho mai avuto rapporti diretti con lui”.

Per l’antimafia, “Franco (o Francuccio) Zagaria e Tommaso Barbato sono stati l’anello di congiunzione degli imprenditori collegati al clan di Michele Zagaria”. “E per essi – si legge ancora nell’ordinanza – hanno fatto in modo da far veicolare decine di milioni di euro in lavori di somma urgenza nel settore del ciclo integrato delle acque sul territorio della Regione Campania, così alimentando le casse personali della famiglia Zagaria”.

 

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un commento

  1. Giobbe Bovatta

    Che tesi è libero Sarrro liberi tutti? Equivale a dire: “tutti colpevoli nessun colpevole”.
    Le vie della faziosità sonon infinite.