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VAIRANO PATENORA – Abbazia della Ferrara, Caiazza a Russo: ecco le responsabilità

VAIRANO PATENORA – Lo storico Domenico Caiazza, da tempo impegnato in un battaglia (purtroppo solitaria) in favore del monumento vairanese, interviene per chiarire alcuni aspetti relativi alla vicenda. Chiarimenti necessari dopo l’intervento di Concetta Russo che assicura di essere proprietaria al 50%.

Il documento di Caiazza:
“In una comunicazione comparsa in data 2 giugno 2015 sul quotidiano on line Paese News la Prof.ssa Concetta Russo afferma, in sintesi, di essere proprietaria del 50% dell’Abbazia della Ferrara, della Cappella di Malgerio Sorel e presumibilmente dei terreni circostanti, dice di possedere titoli comprovanti tale condizione a partire del 1871, mette a disposizione in copia tali titoli, e lamenta di aver offerto inutilmente in donazione al comune di Vairano il 50% della cappella fin dal 2010.
Però, pur dicendosi proprietaria, poi invita a “ chiarire il concetto di livello” probabilmente con riferimento al fatto che in catasto figura come livellaria, come da relazione e visure catastali che alleghiamo, e invoca la legge 16 del 20.1.1974.
Raccogliamo volentieri, in spirito di collaborazione e chiarezza, tali inviti e precisiamo che Il livello era un contratto agrario in uso nel Medioevo, particolarmente meridionale, che consisteva nella concessione di una terra dietro il pagamento di un canone in danaro o natura. Il diritto nasceva con una stipulazione in forza della quale un bene immobile, per lo più un fondo, veniva concesso per un certo termine verso il corrispettivo di un canone livellario (anche detto censo). Alla scadenza prevista il contratto si poteva rinnovare, col versamento di un ulteriore canone livellario. Il livello rimase in uso fino agli inizi dell’Ottocento.
Con lo Stato Unitario il livello o censo è stato assimilato da legge e giurisprudenza all’enfiteusi un istituto che regola un diritto reale della durata di almeno 20 anni o perpetuo (art. 958 C.C.).
Ha per oggetto soprattutto fondi rustici, cioè i terreni, ma si estende e comprende anche i fabbricati edificati su terreni gravati da canone enfiteutico. Sul fondo l’enfiteuta ha la stessa facoltà di godimento che spetta a un proprietario (art. 959 c.c.), ma con due obblighi specifici (art. 960 C.C.):

– di migliorare il fondo e quindi anche tutto ciò che è costruito su terreno gravato da canone enfiteutico;

– di corrispondere al nudo proprietario (“concedente”) un canone periodico.

Al concedente, nel nostro caso il Comune, spetta il diritto di domandare al giudice la devoluzione del fondo (art. 972 C.C.), ossia l’estinzione del diritto di enfiteusi:

  • se l’enfiteuta non adempie l’obbligo di migliorare il fondo;
  • se non paga due annualità di canone.

Dunque ricapitolando, giusta le visure catastali che dicono il comune di Vairano proprietario e giusta l’affermazione della Prof. Russo stessa, che parla di livello, sembra confermato che il comune di Vairano sia proprietario concedente dei terreni e fabbricati, e che i Russo, livellari-enfiteuti avevano-hanno l’obbligo di migliorare terreni e fabbricati e di pagare il canone. Il Comune invece ha l’obbligo di riscuotere i canoni e l’obbligo di della devoluzione cioè di tornare in possesso di tutto se il fondo non viene migliorato e se non è pagato il canone, e dovrebbe probabilmente valutare anche ipotizzabili responsabilità erariali in ordine al mancato ristoro dei danni subiti dagli immobili che per legge andavano migliorati. L’evidente e da nessuno contestato sfacelo di cappella e abbazia sembrerebbero infatti dimostrare che i livellari non solo non hanno migliorato i fondi e fabbricati ma non li hanno neppure manutenuti e che i monumenti sono ormai prossimi al perimento.  Qualche intervento fatto in passato, e qualcuno più recente (documentato da Paese News: video del 29 marzo 2014) , neppure sembrano rispettosi di un bene di pregio storico artistico e monumentale e vincolato e, se non debitamente autorizzati da comune e Soprintendenza, potrebbero costituire ulteriore lesione del dovere di miglioramento. Lo stesso puntellamento effettuato a sue spese dal Comune sembra testimonia l’abbandono dei manufatti da chi ha l’obbligo di manutenerli e migliorarli. Sarebbe interessante conoscere il punto di vista degli uffici comunali e di tutela in ordine a tali interventi ed al rispetto del vincolo.Ma su questo ci riserviamo di tornare.

Quanto alla legge n. 16 del 20.1.74 invocata dalla prof.ssa Russo la norma recita all’art. 1

“sono estinti i rapporti reali e personali…in forza dei quali le amministrazioni e le aziende autonome dello stato… hanno il diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli ed altre prestazioni in denaro e in derrate in misura inferiore a lire 1.000 annue”.  La norma fu dettata dal fatto che le procedure di riscossione…costavano più del ricavato e riguarda solo “amministrazioni e aziende autonome dello stato”.
Non vi è alcuna menzione dei rapporti di livello in testa ai Comuni ai quali, come nel caso di cui ci occupiamo, semplicemente non si applicaQuesto principio è stato ribadito con delibera/parere della Corte dei Conti n 18/2016 che ha affermato:

la lettura della legge è chiara: i destinatari di essa sono unicamente le Amministrazioni e le Aziende Autonome dello Stato. Tale interpretazione è confortata dai relativi atti parlamentari ( atti Senato della Repubblica n 365, atti Camera deputati n 2460; IV legislatura)… non appare giustificato che l’Ente Comune sulla base di quanto disposto dalla citata L n.16 del 1974, deliberi l’estinzione di rapporti perpetui e personali, cui è collegata la titolarità dell’ente relativamente a canoni e livelli e posti a carico di cittadini titolari di diritti reali…

Va ricordato che i canoni e livelli di che trattasi, in genere nell’Italia Meridionale derivano dall’allodiazione di antiche proprietà collettive che, come tali, godono della imprescrittibilità nonché della inalienabilità e dell’inusucapibilità.  Il Comune, in quanto rappresentante della comunità e referente di tali antiche proprietà collettive, o meglio di quanto rimane di esse dal punto di vista pubblicistico è titolare di censi livelli o canoni o altre prestazioni similari, indipendentemente dall’esistenza o meno del titolo di proprietà in testa al comune del singolo immobile.”

Se tutto questo è vero, e senza pretese di interpretazione autentica dell’altrui pensiero, la mancata accettazione sinora della cd. donazione è stata magari dovuta alla giustificata esitazione del Comune di fronte alla pretesa di riceversi in dono quello che è già proprio. A tutto volere concedere si tratterebbe di rinuncia al livello e non di donazione da parte della Prof.ssa Russo.  E di atto che appare grazioso e munifico ma in sostanza mirante a disfarsi in Zona Cesarini di un bene che è prossimo allo sfacelo totale.   La prof. Russo accenna anche “alla striscia di terreno da adibire a strada” sul punto non ci resta che ripetere quanto scritto nella ns missiva del 25 maggio 2015 indirizzata alle competenti autorità”:  “esaminata l’area picchettata, ho purtroppo dovuto constatare che la realizzazione dell’accesso come indicato dai picchetti, e quindi non più come oggi da ovest e attraverso la chiesa, ma da est, direttamente dalla retrostante via Tramonti esporrebbe la Cappella a gravissimi pericoli che, nel consueto spirito di collaborazione, espongo:

La Via Tramonti è a quota notevolmente superiore, alcuni metri, rispetto al piano di accesso alla cappella.

Pertanto, dovendo superare il salto, la realizzazione della strada di accesso potrebbe avvenire solo in due modi:

-il primo, che terrebbe fermo l’attuale livello della strada, consisterebbe nel riporto a valle della stessa e in direzione della cappella di ingenti quantitativi di inerti, sin ai piedi dell’edificio;

-il secondo con la rottura del ciglio a valle della strada e l’apertura di un varco in discesa.

Entrambe le modalità sono sicuramente pericolose per la già gravemente dissestata statica del prezioso edificio, interessato da  preoccupanti fessurazioni passanti e presumibilmente da cedimenti  in fondazione.

Infatti in entrambi i casi le vibrazioni portate da scavatori, ruspe, ribaltamento in sito degli inerti, posa in opera del manto di copertura della sede stradale scuoterebbero ripetutamente il precario equilibrio della pericolante cappella, con esiti predicibilmente nefasti.

Ma, a tutto voler concedere, è certo che la prima ipotesi, la creazione di una rampa col riporto di inerti, aggraverebbe il peso e la spinta da monte sulle fragili fondazioni dell’edificio, che sorgendo sul bordo di un salto di quota, a valle non godono adeguate controspinte, con rischio di accentuare i rischi statici.

Non meno pericolosa sarebbe l’apertura di un varco verso la cappella abbassando il ciglio verso valle della strada per Tramonti. Questa strada è inclinata e raccoglie e convoglia dai colli soprastanti ingenti acque meteoriche, com’ è dimostrato dalla notevole erosione della pavimentazione in ghiaia della strada.

Tali acque ruscellanti entrerebbero nella rampa come in un imbuto e sarebbero portate nella zona delle fondazioni della cappella sicché potrebbero determinarne il cedimento. In prova si rammenti che la parete est dell’abbazia è parzialmente sepolta ed appesantita da oltre 3-4 metri di materiali messi in posto da frane o colluvioni. Unica zona sinora salva è quella della cappella, che verrebbe messa in grave pericolo dall’apertura del varco.

Ciò a tacere dell’ammissibilità giuridica di tali modifiche sotto più profili: siamo in zona boscosa e la modifica del regime delle acque potrebbe essere in violazione di vincolo idrogeologico. E oltre che pericolosa potrebbe essere in violazione, oltre che del vincolo diretto sul monumento, notificato al Comune, anche del vincolo paesaggistico, mutando radicalmente la naturale conformazione dei luoghi che da molti secoli costituisce lo scenario naturale nel quale si incastona l’abbazia, scenario che verrebbe immutato e sconvolto dalla nuova  rampa comunque creata.  

Né sembra trascurabile un ulteriore profilo: alla grave onerosità di opere potenzialmente pregiudizievoli, (sbancamenti, riporti di inerti, costipazioni, pavimentazioni, etc.) si aggiungerebbero le spese tecniche e dei frazionamenti catastali, a carico del Comune i cui cittadini da sempre entrano senza onere alcuno attraverso la chiesa.

Inoltre e magari al contrario delle intenzioni amministrative, potrebbero essere intesi come una implicita inammissibile rinuncia senza contropartite dell’uso civico di accesso a chiesa e cappella liberamente pubblicamente e ab immemorabile  goduto dai cittadini sull’areale della chiesa verso la cappella.

In pratica un nuovo accesso costoso, pericoloso antiestetico e scomodo verrebbe a  spese del comune a sostituire quello attuale che non comporta oneri.

Se questo è vero non si capisce quale sia il pubblico vantaggio per il Comune ed i Cittadini, mentre è evidente il vantaggio dei livellari, che verrebbero affrancati da un peso in inpsiegabile contropartita del mancato miglioramento e persino della mancata ordinaria manutenzione dei beni loro concessi a enfiteusi, che hanno portato sulla soglia della distruzione cappella ed abbazia.

Segnalo, infine, che data la prossimità alla cappella dell’altissima abside della chiesa, pure essa bisognevole di messa in sicurezza, l’urgentissimo restauro della cappella di Malgerio Sorel  non può essere disgiunto dall’accorta valutazione e programmazione dei destini di chiesa ed abbazia.

Ciò sia per evidenti motivi pratici, sia perché rinunciare al restauro delle superstiti strutture di chiesa ed abbazia significherebbe la rinuncia al ruolo più alto della politica, intesa nell’accezione più nobile, come capacità mobilitante  ed attiva di una visione, di un progetto, di un’ambizione alta.”

Resta infine da aggiungere che la querelle sulla natura e titolarità dei diritti reali sull’abbazia sta diventando stucchevole e non rappresenta il vero puntum dolens della questione.

Il dovere di mettere in sicurezza abbazia e cappella di assicurarne pubblica fruibilità e valorizzazione di questo eccezionale monumento è sancito dalla legge a prescindere da chi ne sia proprietario.

Se la Prof. ssa Russo dimostrasse con validi titoli la esclusiva proprietà privata sarebbe l’esclusiva titolare dell’obbligo di consolidare a proprie spese e con tecniche di restauro conservativo cappella, resti della chiesa e dell’abbazia e con l’urgenza del caso, e previo progetto nullaostato da Comune e Soprintendenza.

In prova sembra il caso di richiamare gli Obblighi conservativi previsti dall’art 30 comma 3 del Codice dei Beni Culturali: “ I privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione”.

In caso di inazione, se il pericolo e reale ed attuale, il che pare l’unica cosa pacifica, scattano i poteri dell’Autorità di tutela. Su questo ci riserviamo di tornare sottolineando ora che la Sopintendenza conosce l’importanza del bene Abbazia della Ferrara almeno da quando lo vincolò e sa del gravissimo degrado del complesso e del pericolo di crollo almeno dalla conferenza di servizi cui partecipò e, quindi, da più di un anno.

Tanto in spirito di collaborazione e unicamente per salvare dalla distruzione e restituire a uso pubblico un bene eccezionale per valenza storica, artistica monumentale.
(Domenico Caiazza – Presidente CSMTL)

 

 

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