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CASERTA – Il tesoretto, una favola per polli

CASERTA (di Nando Silvestri) –  Il tesoretto, una favola per polli.   A pochi giorni dal varo del Documento Economico e Finanziario esplode in tutta la veemenza propagandistica tipica dei governi inetti e superficiali di entrambi gli schieramenti la parola “tesoretto”. Uno Stato indebitato fino al collo con una invereconda gestione del denaro pubblico e, soprattutto, con livelli siderali di spreco vanta un’eccedenza di risorse a dire poco strumentale e pretestuosa, proprio nell’imminenza degli appuntamenti elettorali. Il tesoretto decantato e osannato anche dai media non è altro che un artificio contabile o, se preferite, una perversa fantasia vaneggiata dai burocrati di questo strano paese che è l’Italia. Ma da dove spunta fuori il famigerato tesoretto? Da una semplice differenza fra il Pil reale e quello programmato, ovvero da una mera proiezione priva di qualunque evidenza empirica. Se da una parte i giustizialisti del fisco pretendono ragguagli dettagliati e perentori dai contribuenti per sottometterli al Grande Fratello “Agenzia delle Entrate”, dall’altra gli amministratori cantano le odi di un delirio aleatorio al quale attribuiscono per incanto evidenza reale. Se fosse tangibile il tesoretto sarebbe niente altro che una forma patrimoniale di extragettito di modesta entità, da destinare agli impieghi più svariati. Insomma, a  Palazzo Chigi, dove spocchio e imprudenza sono di casa, è di scena la farsa di chi fa i conti senza l’oste. Ecco che sono subito fioriti discorsi virtuosi conditi in salsa di promesse elettorali sui probabili target del tesoretto. Tra gli usi potenziali di quello che non è altro che un arbitrio contabile emerge l’edilizia popolare, le pensioni minime, gli asili nido, le partite iva e gli incapienti. Le ciance blaterate per estorcere attenzione e false speranze sono il mantra prevalente della politica italiana, nella realtà nazionale come in quella locale. Vale la pena riflettere che questo esecrabile modus operandi ha vanificato qualunque sforzo proteso alla concretizzazione del federalismo fiscale. Difatti, quello che doveva essere un sano e fisiologico impegno al decentramento fiscale a somma zero, ossia privo di aumenti, in favore degli enti locali e della decongestione amministrativa centrale è stato ampiamente disatteso. Basti pensare alla crescita esponenziale di addizionali regionali e comunali e al proliferare di nuovi balzelli anticostituzionali e retroattivi per comprendere il carattere mendace ed illusorio della politica economica italiana. Intanto, con la panzana del tesoretto, vezzeggiativo sdoganato per la prima volta da Padoa Schioppa nel 2007, il governo vuole in qualche modo sdoganare e accreditare nuova spesa in deficit. Un pratica assai discutibile che tanto ci ricorda le scorribande democristiane del tempo che fu. La spesa in deficit senza reali prospettive di copertura non fa altro che amplificare il debito e gli interessi su di esso. E’ il popolo dei contribuenti impoveriti e asfissiati dal fisco a pagare, come sempre il crescente debito succitato, soprattutto in vista delle poco improbabili sanzioni e clausole di salvaguardia che l’UE è in grado di innescare da un momento all’altro per il peggioramento incombente del rapporto Deficit/Pil del Bel Paese. Dunque, vale la pena iniziare a ventilare l’ipotesi di procurarsi un benefico unguento per lenire gli atroci dolori del fondoschiena che patiremo in occasione di nuove gabelle e ulteriori rincari. Questa è la più realistica chiave di lettura del termine “tesoretto” partorito da un esecutivo comatoso e beffardo. Ci piace, altresì pensare che tesori e “tesoretti” non abbiano nulla a che vedere con i ricchi bottini trafugati dai pirati ai malcapitati con l’inganno e la violenza. Del resto, “tesoretto” fa rima con disastro perfetto.

 

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