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VAIRANO PATENORA – Prelievo non autorizzato su conto corrente, banca Mediolanum condannata

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VAIRANO PATENORA – I fratelli Ferraro ottengono la condonna della Banca Mediolanum e il rimborso di somme prelevate senza alcuna autorizzazione. La decisione assunta pochi giorni fa dal  G.O.T. Raffaele Mazzuoccolo, in funzione di giudice unico di primo grado, del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La vicenda si innesta su una denuncia presentata da Giuseppe Ferraro e Albino Ferraro  – difesi dall’avvocato Fernando Dell’Estate  – contro  la BANCA MEDIOLANUM S.P.A.   Il giudice, accogliendo le richeiste del difensore ha dichiarato   risolto i  contratti di conto corrente fra i Ferraro e la Mediolanum; ordinando alla stessa banca di versare € 27.299,36 in favore  Ferraro Albino e della somma di € 79.542,82 in favore di  Ferraro Giuseppe. Inoltre la stessa Mediolanum dovrà versare spese e interessi in favore dei due clienti.

I fatti:

Ferrara Giuseppe ed Albino espongono di aver versato alla Banca Medio-lanum rispettivamente la somma di Lire 162.500.000 e di Lire 141.650.000, in vario modo ed a più riprese, ciascuno previa apertura di un apposito conto corrente finaliz­zato alle operazioni (acquisto, vendita, ecc.) per la partecipazione al Fondo di Inve­stimenti “Mediolanum Top Managers Fund”. Aggiungono che il servizio loro fornito è di ed. banca diretta, vale a dire con operazioni svolte per via telematica o telefoni­ca mediante l’utilizzo di codici segreti di sicurezza.

Nel mese di giugno dell’anno 2000 hanno constatato che il conto corrente di ciascuno era stato quasi prosciugato mediante operazioni illecite di dismissione dei titoli e di fraudolente sottrazioni e\o distrazioni di denaro; segnatamente dal conto corrente di Albino risultavano effettuati dei trasferimenti di denaro in favore di altri soggetti ed inoltre l’ordine di acquisto di quote di fondi di investimento per il quale Albino aveva versato la somma di Lire 84.000.000 era stato disatteso senza che si conoscesse il destino di tale importo; analogamente Giuseppe apprendeva che anche le somme esistenti sul suo conto erano state distratte, mentre invece le quote di partecipazione erano state disinvestite e distratte dal suo conto. Quindi i Ferraro in data 27.7.2000 disconoscevano ogni operazione effettuata sui loro conti dando così la stura all’indagine interna della Banca, risultante peraltro già coinvolta in altri simili episodi, tutti risalenti allo stesso periodo, allo stesso territorio, ed a quanto pare riconducibili all’operatore Riccio Antonio.

In definitiva sul conto di Albino residuavano poco meno di Lire 5.000.000; mentre su quello di Giuseppe vi erano soltanto L. 8.500.000.

In diritto gli attori lamentano che la Banca non ha garantito la sicurezza dei dati personali dei suoi clienti (L.675/1996) ed ha consentito al predetto Riccio Anto­nio di svolgere attività di promotore finanziario senza che ne avesse titolo (D. L.vo 58/1998); deducono la responsabilità da inadempimento contrattuale ed aquiliana della Banca; quindi concludono per la risoluzione del contratto e per la condanna della convenuta al pagamento della somma a ciascuno di loro sottratta (complessi­vamente Lire 290.875.304) oltre interessi e danni morali in favore di essi istanti.

La Banca Mediolanum eccepisce di aver iniziato il rapporto con Giuseppe nel mese di settembre 1999, di avergli pertanto attribuito il codice identificativo del cliente ed inviato, separatamente, due buste sigillate contenenti ciascuna un codice segreto composto di cinque cifre; che tali codici risultavano in effetti utilizzati per svariate operazioni (compravendita di titoli azionari, di quote di fondi comuni di investimento, bonifici a favore di terzi) a seguito delle quali Giuseppe, che aveva complessivamente versato Lire 162.500.000, si trovava ad avere sul conto Lire 492.444 oltre a 105 azioni Enel, senza tuttavia aver mai mosso contestazioni prima del disconoscimento operato in data 27.7.2000. Analogamente riguardo ad Albino, con cui il rapporto era iniziato nel mese di agosto 1999, il quale a seguito delle ope­razioni di banca diretta (compiute con l’impiego dei codici e previa apposita verifica da parte della banca) risultava ora titolare della somma di Lire 569.626 oltre a 525 azioni Enel, senza peraltro aver mai sollevato contestazioni prima del disconosci­mento operato in data 27.7.2000. Eccepisce inoltre che l’importo di Lire 84.000.000 non risulta mai pervenuto nella sua (della banca) disponibilità.

Ciò posto la banca respinge l’accusa, ritenuta generica, di inadempimento rispetto al rapporto di conto corrente che gli attori le muovono; nega di aver subito la violazione dei sistemi di sicurezza; deduce che il Riccio era all’epoca solo un suo procacciatore d’affari incarico peraltro revocatogli in data 19.7.2000; eccepisce che se terzi hanno operato con i codici degli attori non per questo la loro sottrazione è da imputarsi alla Banca e che non vi è prova che essa abbia eseguito ordini non prove­nienti dagli attori ovvero senza controllare i codici segreti; asserisce di aver adottato tutte le misure di sicurezza richieste dal legislatore; profila l’eventualità che siano stati gli stessi attori a fornire i loro codici al Riccio; nega ancora di aver conseguito un arricchimento a scapito dei Ferrare; eccepisce che Albino mai ha versato la som­ma di Lire 84.000.000 sicché l’importo domandato dagli attori va in tal misura ridotto e che ad essi nemmeno spetta il risarcimento dei danni richiesti, essendo la relativa domanda in parte generica ed in parte infondata.

La causa è stata istruita con documenti e prova orale, oltre alla consulenza tecnica d’ufficio alla quale è stato demandato di verificare la provenienza degli ordini registrati su supporto magnetico.

Conviene trattare separatamente le domande dei due attori, che risultano fondate e vanno accolte nei limiti che seguono.

I) Ferrare Albino risulta aver acceso il conto corrente n. 240361/7 con Banca Mediolanum in data 4.8.1999 mediante il versamento, con assegno, della somma di Lire 30.500.000 in virtù di apposito contratto n. 0665909 compilato su modello prestampato intestato a Banca Mediolanum sottoscritto da esso cliente e da Riccio

Antonio e Iovino Bruno (il primo segnalatore, il secondo promotore -v. doc. n. 17 fascicolo della convenuta-); su tale conto risulta confluita in data 21.1.2000 l’ulte­riore somma di Lire 26.000.000 mediante assegno (doc. n. 20 di parte convenuta; v. anche lista movimenti esibita dall’attore). Riguardo a tali versamenti per complessive L. 56.500.000 non sembrano esservi contestazioni tra le parti.

Successivamente però, dal 9.5.2005 al 6.6.2000, datale conto corrente risulta fuoriuscito il complessivo importo di Lire 57.650.000 con causale di bonifici a favo­re di terzi disposti dal titolare del conto; di tali operazioni il cliente (Ferraro Albino) risulta essere stato informato solo con l’estratto conto del 30.6.2000 (v. doc. n. 21 della convenuta) e si duole di non aver mai impartito i relativi ordini (in tutto cin­que). Inoltre a quanto pare i beneficiari di questi cinque bonifici sono clienti segnalati alla Banca Mediolanum sempre dal Riccio Antonio (v. doc. parte attrice: relazione dello ufficio Ispettorato Banca Mediolanum datata 19.7.2000).

Ai sensi dell’art. 4, secondo cpv., delle norme che regolano il servizio di ban­ca diretta (v. doc. n. 3 esibito dalla convenuta), il cliente nei suoi contatti telefonici viene identificato dalla banca mediante la verifica del codice cliente e del primo codice segreto ed eventualmente dei dati anagrafici; il terzo cpv. dispone, a sua volta, che la prova delle operazioni eseguite è fornita per mezzo delle scritture contabili e delle registrazioni delle conversazioni telefoniche effettuate dalla banca stessa.

Il c.t.u. ing. Carbonelli, nel rispondere ai quesiti appositamente formulatigli, riferisce quanto segue: 1) il contenuto del CD ROM esibito dalla banca non riporta integralmente la conversazione telefonica: in particolare non riporta la identificazio­ne del chiamante attraverso la verifica del codice cliente e del primo codice segreto, nonché dei dati anagrafici (contrariamente a quanto prescritto dall’art. 4 sopra illu­strato); 2) eseguito il saggio fonico, la voce dell’ordinante dei bonifici non è quella del titolare del conto (Ferraro Albino) bensì si appartiene ad altra persona; 3) segnala, infine, che le medesime modalità di questi ordini telefonici egli ha riscontrato in ana­loghi casi, in favore dei medesimi beneficiari e sempre a scapito di clienti della Banca Mediolanum.

Alla luce di tali condivisibili conclusioni la banca, dunque, non ha provato (come era invece in suo dovere ex art. 2697 ce. ed in suo potere in quanto in pos­sesso del CD ROM con le registrazioni telefoniche eseguite ai sensi del citato capo­verso III dell’art. 4) di aver osservato, ai fini della identificazione dell’ordinante, la procedura di cui all’art. 4 cpv. II e sul punto va ritenuta inadempiente; tale suo grave inadempimento per inosservanza di una norma pattizia ha poi verosimilmente con­sentito l’operazione di prelievo, poi rivelatosi fraudolento, che pertanto deve ascri­versi a colpa grave della banca, la quale nemmeno ha fatto uso della speciale dili­genza richiesta dallo art. 1176 ce, comma II. All’inadempimento ed alla violazione gravi delle norme codicistiche e delle regole del servizio si aggiunge, quindi, l’esito del saggio fonico; la banca, cioè, non solo non ha fatto quanto in suo dovere ai fini della identificazione dell’ordinante ma poi ha anche eseguito un’operazione su ordine proveniente non dall’attore (titolare del conto) ma da persona estranea. E le critiche rivolte alla c.t.u. (nella parte in cui conclude che la voce ordinante non si appartiene al titolare del conto), rimangono a loro volta assorbite dalla dirimente circostanza che la banca non ha adempiuto agli obblighi di cui all’art. 4, II e III cpv., delle norme che regolano il servizio di banca diretta, sicché prima ancora che essere responsabile per aver eseguito ordini non impartiti dal titolare del conto, è incorsa nella colpa grave del mancato rispetto proprio di quelle norme che tale rischio miravano ad evitare.

Pertanto la domanda sul punto formulata dall’attore deve ritenersi fondata e di conseguenza, poiché la banca risulta inadempiente rispetto alle obbligazioni as­sunte, e poiché da tale inadempimento è derivato il fraudolento prelievo, non può che disporsi a suo carico, ai sensi dell’art. 1218 ce, il rimborso all’attore della somma illecitamente sottrattagli (L 57.650.000); detratti, ovviamente, gli importi ancora esistenti sul suo conto (L. 4.791.063), con il risultato di Lire 52.858.937 (€ 27.299,36), oltre interessi legali dalla domanda.

II) Non altrettanto fondata è invece la ulteriore domanda di Ferraro Albino per il pagamento della somma di Lire 84.000.000.

Lo istante asserisce di aver consegnato detta somma in contanti al sig. Puccio Antonio in data 15.6.2000 affinchè venisse partitamente utilizzata per la sottoscrizio­ne di quote di fondi di investimento ed esibisce la relativa lettera di mandato alla Banca Mediolanum compilata su modulo prestampato sottoscritta dal Riccio (doc. n. 2 dell’attore).

Tale operazione del 15.6.2000, confrontata con le precedenti, è quanto meno anomala. Vero è che a tale data il dott. Ferraro Albino non aveva ancora ricevuto l’estratto conto (di appena 15 giorni dopo) con il quale gli venivano comunicati i cinque bonifici (eseguiti dal 9.5.2000 al 6.6.2000) poi rivelatisi fraudolenti come innanzi illustrato; ma non può farsi a meno di rilevare quanto segue: a) egli era senz’altro a conoscenza che il Riccio rivestiva la qualità di mero procacciatore o segnalatore -come risulta dalla richiesta di apertura del conto corrente (doc. n. 17 della convenuta) che reca la indicazione e la sottoscrizione del promotore (lovino Bruno) e del segnalatore (Riccio Antonio)- al quale è precluso di concludere con­tratti, essendo tenuto esclusivamente a promuovere la loro conclusione (presentando il cliente al promotore incaricato dalla banca -v. pure lettera di incarico doc. n. 25 della convenuta-). Ed infatti la richiesta di apertura del conto ed il documento infor­mativo recano la sottoscrizione del promotore lovino (-v. doc. n.17 convenuta-) alla quale si accompagna quella del procacciatore Riccio (al chiaro fine di dar conto della sua prestazione); b) che a differenza dei due precedenti versamenti (di L 30.500.000 e 26.000.000) per i quali il Ferraro si era uniformato alle regole di comportamento (illustrate nel documento informativo della clientela) utilizzando lo strumento sicuro dell’assegno (doc. n. 17 della convenuta ed estratti conto) materialmente consegnato al promotore (lovino), per l’ultimo versamento di Lire 84.000.000, effettuato in unica soluzione e di importo di gran lunga superiore al totale dei primi due, ha invece opta­to non solo per i contanti ma anche per la consegna a mani di colui (il Riccio) che egli sapeva essere un procacciatore (o segnalatore) e non un promotore; né il Ferraro ha spiegato (e nemmeno provato) per quali plausibili motivi o convenienti ragioni abbia maturato questa sua decisione di inaugurare una nuova prassi, più rischiosa e per un importo insolitamente superiore ai precedenti.

Ed altrettanto inspiegabile è la sua affermazione (pag. 6 dell’atto di citazio­ne) di non avere elementi per dimostrare una responsabilità penale del Riccio (alle cui mani tuttavia aveva a suo dire direttamente affidato il ragguardevole importo di Lire 84.000.000 in contanti), che comunque rimane il primo (e l’unico) a cui almeno chiedere conto di tale affidamento (ed invece non è stato nemmeno convenuto).

Nella fattispecie non emergono elementi significativi di una collusione o di una connivenza tra il Ferraro Albino ed il Riccio Antonio nella formazione della lettera di mandato che attesta il versamento della somma di Lire 84.000.000 (doc. n. 2 dell’attore) e pertanto concludere che il Riccio, resosi ormai conto della imminente prossima scoperta dei suoi illeciti (si sono celebrati numerosi processi penali e civili analoghi al presente che lo vedono coinvolto, a differenza di oggi, anche come parte convenuta) e messo alle strette, abbia cercato di rabbonire Ferraro Albino con tale lettera di mandato, è certamente una mera illazione; tuttavia rimangono le segnalate anomalie capaci di escludere qualsiasi rapporto di occasionalità necessaria tra il pale­se illecito operato del procacciatore (e non promotore) e la banca convenuta e, in ogni caso, integranti la corresponsabilità del cliente ex art. 1227 ce. idonea ad inci­dere, in via esclusiva, sulla produzione dei conseguenti danni.

Ili) Per Ferraro Giuseppe (come per Albino al precedente paragrafo I) deve rilevarsi quanto segue. Egli ha acceso il conto corrente nel mese di settembre 1999 con il versamento tramite assegno della somma di Lire 6.000.000; a questo sono seguiti altri a più riprese sempre tramite assegni per un totale di Lire 162.500.000; sul punto non vi sono contestazioni tra le parti. Ed a differenza che per Albino nem­meno è contestato che Lire 50.000.000 furono versate da Giuseppe in data 12.11. 1999 allorché conferì il mandato di acquisto di quote di fondi comuni di investimento (v. doc. n. 8 della convenuta); detta somma risulta poi disinvestita ed infine distratta all’insaputa del cliente.

Giuseppe dunque lamenta di aver subito prelievi fraudolenti dal proprio conto, senza cioè che ne avesse impartito l’ordine. La situazione è in parte analoga a quella esaminata all’inizio sub I); e nel suo caso, pur non essendosi proceduto al sag­gio fonico, la banca non ha tuttavia dimostrato, in presenza di specifica contesta­zione del cliente, che l’ordine eseguito provenisse dal titolare del conto. Tale prova andava fornita a cura della banca, in quanto debitrice della relativa prestazione ed in virtù del criterio di vicinanza, mediante le registrazioni delle conversazioni telefo­niche eseguite dalla banca stessa (v. art. 4 cpv. Ili delle norme che regolano il ser­vizio di banca diretta) e perciò in suo possesso, le quali tuttavia non risultano pro­dotte. Ed inoltre anche per Giuseppe deve presumersi, in considerazione di quanto già visto per Albino e non essendovi peraltro prova del contrario, che la banca nei suoi contatti telefonici non abbia osservato la procedura di identificazione come pre­vista dall’art. 4, secondo cpv. delle norme che regolano il servizio di banca diretta (il cliente nei suoi contatti telefonici viene identificato dalla banca mediante la verifica del codice cliente e del primo codice segreto ed eventualmente dei dati anagrafici).

Non avendo dunque fornito prova dell’esatto adempimento della prestazione a suo carico (di eseguire esclusivamente gli ordini provenienti da persona autorizzata previa identificazione dell’ordinante) e non avendo nemmeno dimostrato che l’ina­dempimento in cui è incorsa non fosse a lei imputabile (per cominciare bastava di­mostrare di aver applicato la procedura prevista dal citato art. 4 cpv. II e III) la banca deve ritenersi responsabile pure del prelievo fraudolento subito da Ferraro Giuseppe.

Anche nel caso di Giuseppe, come per Albino (al precedente paragrafo I), deve pertanto concludersi che la domanda è fondata e di conseguenza, poiché la banca risulta inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte, non può che disporsi a suo carico, ai sensi dell’art. 1218 ce, il rimborso ad esso attore della somma illecitamente sottrattagli (L. 162.500.000); detratti, ovviamente, gli importi ancora esistenti sul suo conto (L. 8.483.633), con il risultato di Lire 154.016.367 (€ 79.542,82), oltre interessi legali dalla domanda.

IV) Altrettanto fondata è la domanda di risoluzione del contratto di conto corrente stipulato da ciascuno degli attori. Al riguardo la mancata adozione da parte della banca della procedura che si era impegnata ad adottare per l’identificazione

 

dell’ordinante e per la prova delle operazioni eseguite (secondo le regole di cui al citato art 4, cpv. II e III, delle norme che regolano il servizio di banca diretta) costituisce grave inadempimento (dell’orge»tarilis) che giustifica il venir meno della fiducia da parte dei clienti circa l’esattezza dei successivi adempimenti e la sicurezza dei loro risparmi (la cui tutela è prevista dall’art. 47 della Costituzione) affidati ad un soggetto qualificato (banchiere) e perciò tenuto all’obbligo di specifica diligenza (art. 1176 ce, comma II) nell’adempimento delle proprie obbligazioni; ciò posto e fatta applicazione (per analogia) del combinato disposto degli artt. 1564 e 1667 ce deve dichiararsi la risoluzione dei contratti di conto corrente n. 240361 (intercorso con Albino) e n. 243955 (intercorso con Giuseppe).

V)Gli ulteriori capi di domanda degli attori (quali il risultato che avrebbero
conseguito a seguito della negoziazione dei titoli; il danno all’immagine; il danno
morale) peraltro genericamente formulati e non accompagnati da compiuta esposi-
zione dei fatti non risultano nemmeno assistiti da prova idonea con la conseguenza
che vanno disattesi.

VI)Quanto al governo delle spese di giudizio tra i due attori, che hanno visto
solo in parte accolte le loro domande, e Banca Mediolanum si propende per com-
pensarle per 1/3 con i restanti 2/3, liquidati in dispositivo secondo i criteri del d.m.
55/2014, a carico della banca convenuta in considerazione della sua soccombenza.

Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto e provvisoriamente poste a carico degli istanti, gravano definitivamente sulla convenuta Banca Mediolanum.

La decisione del giudice:

disattesa ovvero respinta ogni altra domanda, istanza ed eccezione:

–  dichiara risolto il contratto di conto corrente n. 240361 intercorso tra Ferraro Albino e la Banca Mediolanum Spa;

–  dichiara risolto il contratto di conto corrente n. 243955 intercorso tra Ferraro Giu­seppe e la Banca Mediolanum Spa;

–  dichiara la Banca Mediolanum Spa in persona del legale rappresentante p.t. respon­sabile del prelievo non autorizzato della somma di € 27.299,36 dal conto corrente di Ferraro Albino e della somma di € 79.542,82 dal conto di Ferraro Giuseppe;

–  per l’effetto condanna Banca Mediolanum SpA, in persona del legale rapp.te p.t. al pagamento in favore dell’attore Ferraro Albino della somma di € 27.299,36 oltre interessi legali dal 24.5.2001 al soddisfo;

–  per l’effetto condanna Banca Mediolanum SpA, in persona del legale rapp.te p.t. al pagamento in favore dell’attore Ferraro Giuseppe della somma di € 79.542,82 oltre interessi legali dal 24.5.2001 al soddisfo;

–  condanna Banca Mediolanum SpA, in persona del legale rapp.te p.t. al pagamento in favore degli attori dei 2/3 delle spese di lite che si liquidano in € 7.500, di cui 140 per spese e 7.360 per compenso professionale, oltre iva, c.p.a. e 15% per rimborso forfettario con attribuzione al difensore che ha dichiarato di averne fatto anticipo.

 

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