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TEANO – Europee, Pina Picierno: “Grazie a Matteo Renzi e al Pd. Una bellissima nuova avventura. Ci divertiremo un sacco!”.

TEANO –  “Grazie a Matteo Renzi e al Pd. Una bellissima nuova avventura. Ci divertiremo un sacco!”. Questo il commento di Pina Picierno affidato a Facebook sulla sua candidatura alle prossime Europee. La direzione nazionale del Partito Democratico candida la deputata Pina Picierno, di Teano, capolista nella circoscrizione Sud alle Europee del prossimo maggio. In lista anche il consigliere regionale della Campania Nicola Caputo, di Teverola, escluso nel 2013 dalle liste della Camera per la vicenda dei rimborsi in Consiglio regionale. La scelta della Picierno rientra nel piano “rosa” dei democratici. Tutti i capolista nelle varie circoscrizioni, infatti, sono donne: Alessandra Moretti per il Nord Est, Alessia Mosca per il Nord Ovest, Simona Bonafè per il Centro, Caterina Chinnici per le isole. “Non cerchiamo candidature di  bandiera, ma qualcuno che vada a Bruxelles e lavori in modo  determinato e forte”, ha detto il premier e segretario nazionale del partito Matteo Renzi. Queste le teste di lista del Pd per le prossime europee. Nord Ovest: Alessia Mosca, Mercedes Bresso, Sergio Cofferati. Nord Est: Alessandra Moretti, Paolo De Castro,  Cecile Kyenge. Centro: Simona Bonafé, David Sassoli, Roberto Gualtieri. Sud: Pina Picierno, Michele Emiliano, Gianni Pittella. Isole: Caterina Chinnici, Renato Soru, Giusi Nicolini.

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7 commenti

  1. Mentre l’Italia va a OAS, la PiCERno si diverte che fine ha fatto il popolo di sinistra!

  2. Questa è la meritocrazia … magico il giovane Renzi

  3. La democrazia e le quote rosa.
    In nessun’ epoca storica, il mondo occidentale ha mai dato tanto valore alle donne e alle loro problematiche come in quella contemporanea, al punto che oggi, se di discriminazione si vuol parlare, essa sta colpendo gli uomini, divenuti il capro espiatorio dei fallimenti del gentil sesso e valvola di sfogo delle sue frustrazioni.
    L’ideologia femminista, abusando del principio delle pari opportunità, ha finito per scavalcarlo, facendo apparire addirittura legittimo e positivo il suo superamento. Essa non solo ha imposto coattivamente la partecipazione femminile in alcuni settori lavorativi e in politica, ma si è fatta promotrice di iniziative finalizzate alla tutela di genere che, paradossalmente, si sono tradotte in vere e proprie discriminazioni nei confronti del mondo maschile.
    In ambito nazionale e internazionale, conseguenza diretta della propaganda femminista sono state le quote rosa. Introdotte con la legge 120/2011, cosiddetta Golfo-Mosca, esse hanno imposto alle società quotate in borsa, sia pubbliche che private a partecipazione statale, di rinnovare i propri organi sociali, riservando una quota pari al 30% dei propri membri alle donne. Successivamente, questo vero e proprio privilegio d’ancien regime è stato esteso alle liste elettorali comunali, (aumentando la percentuale a un terzo e introducendo addirittura la doppia preferenza in lista), e alle commissioni esaminatrici pubbliche.
    In totale spregio del principio di uguaglianza e della meritocrazia, di cui oggi se ne fa un gran parlare, questo strumento è una vera e propria corsia preferenziale che consente a qualsiasi persona di occupare un posto di rilievo, in un Consiglio di Amministrazione societario o in politica, solo perché di sesso femminile. A prescindere dalle reali ed effettive capacità, una donna dovrebbe avere un posto riservato solo perché tale, per l’unico motivo che una legge, ideologicamente orientata, ne imponga coattivamente la presenza.
    Il merito, per le femministe, dovrebbe valere per tutti tranne che per le donne, al punto che, ancora oggi, riguardo alla recente riforma della legge elettorale di cui si discute in Parlamento, sono state avanzate proposte di imporre nelle liste elettorali il 50% di presenze femminili.
    Addirittura, con legge cost. del 30 maggio 2003 è stato modificato l’art 51 della Costituzione, per rendere legittima questa vergognosa pratica discriminatoria, giudicata incostituzionale già nel 1995, perché le quote: «non si propongono di “rimuovere” gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi» (Corte Costituzionale, sent. n. 422 del 1995).
    Sfruttando strumentalmente il principio di uguaglianza, si è arrivati ad attribuire alle donne veri e propri privilegi di genere, con la grave compiacenza delle Istituzioni che sul rispetto effettivo di tale principio dovrebbero vigilare.
    Vorremmo però chiedere alle lobbies femministe e a coloro che le rappresentano, per quale motivo tali battaglie ideologiche non vengono intraprese per garantire il rispetto della parità di genere in quei settori in cui a prevalere è la presenza femminile, ad esempio nelle scuole, nelle pubbliche amministrazioni o nei servizi sociali. Oppure perché non si impongono quote rosa anche in quei settori lavorativi usuranti e pericolosi che sono totalmente appannaggio del genere maschile.

    Le pari opportunità non fanno comodo in questo caso?
    Recentissima è la notizia dell’esplosione di una miniera in Ucraina il cui bilancio è di sette morti, ovviamente tutti di sesso maschile. Non abbiamo sentito nessuna femminista impegnata mostrare sdegno per le condizioni pietose in cui sono costretti a lavorare migliaia di uomini quotidianamente, correndo seri pericoli per la propria incolumità e rischiando la morte, né visto sventolare lo spauracchio dell’uguaglianza di genere in nome di un effettiva parità.
    La logica deduttiva femminista è la seguente: dove le donne sono in minoranza, la causa è del maschilismo che impedisce loro l’accesso, ad eccezione dei settori in cui conviene non essere affatto presenti (cantieri, pescherecci, miniere, ecc.). Laddove, invece, esse sono in maggioranza, il merito è tutto personale e conseguenza della loro capacità, tenacia e intraprendenza.

  4. Ganimede Esposito

    Il Movimento5Stelle non prevede quote rosa, proprio perchè la pari opportunità non ha bisogno di riserve indiane o di ghetti femminili. Infatti le donne vengono valutate sulla base delle capacità e non nominate dal capo. Tant’è che, le donne votate come candidate, hanno surclassato gli uomini e sono donne qualunque, come alle politiche scorse lo erano Sarti, Lupo, Ruocco, Taverna, che sono mamme, mogli e figlie, non certo gallinelle con il cervello al macero cresciute da galli nelle stie del grande allevamento dei partiti. E ogni giorno dimostrano di che pasta sono fatte le 5stelle, facendo opposizione in Parlamento alle balle del “tacchino ripieno” e contro i suoi complici Berlusconi, Dell’Utri e Formigoni.
    Ma agli elettori del PD piacciono le Picierno, cosi come al nano piacevano le Minetti assessori regionali.

    Sarti, Taverna, Ruocco, Lupo,

  5. Che cos’è il Movimento Cinque Stelle?
    Per molti versi non è altro che la micidiale fusione di questi due cambiamenti epocali, entrambi risalenti a mezzo secolo fa. Grazie alla diffusione di internet, l’utopia di una comunità di decisori potenzialmente universale, in cui tutti decidono su tutto, è sembrata improvvisamente una possibilità reale. Il mito della democrazia diretta, da cui Norberto Bobbio ci aveva sempre messi in guardia, è sembrato finalmente alla portata dei tempi. Una volta acquisito che tutti possono circolare in rete, una volta stabilito che il discorso pubblico non richiede alcuna speciale competenza, una volta interiorizzata l’idea che chi fa politica è migliore di chi non la fa, c’erano tutte le condizioni per la nascita di un movimento come quello di Grillo: un movimento iper-democratico, perché fondato sulla credenza che tutti possano partecipare e sulla convinzione che debbano farlo.
    Restava un piccolo problema, un dettaglio non risolto. La maggioranza della gente, la stragrande maggioranza delle persone normali, ha un sacco di cose da fare e non si diverte affatto a fare politica, a meno di voler chiamare «politica» il fare gli spettatori nei combattimenti di galli che ogni sera ci offrono Floris, Santoro, Formigli, Paragone, eccetera. Da decenni e decenni le inchieste rivelano che i cittadini politicamente attivi sono una piccolissima minoranza (diciamo il 3%), e che la maggior parte della popolazione o disprezza, o ignora, o assiste passivamente alla commedia della politica. E questo è ancora più vero nel movimento di Grillo, dove i militanti sono circa lo 0,5% degli elettori, ossia qualcosa come 5 persone su 1000.
    Ciò crea un salto, una vera e propria frattura, fra la grande e silenziosa maggioranza degli elettori, che si limita a votare e tutt’al più a informarsi, e la minoranza degli impegnati, che frequenta sempre meno le sedi di partito superstiti ma, in compenso, inonda la Rete di ogni sorta di pensieri, analisi, insulti, volgarità, esternazioni più o meno ostili alla grammatica italiana.

    Ma non si tratta solo di una frattura, quella c’è sempre stata, anche ai tempi del glorioso Pci. La novità è che ora, con il movimento di Grillo, a quella frattura si dà uno statuto nuovo, esplicito e paradossale. Grillo sogna una civiltà digitale in cui tutti, seduti davanti al proprio schermo, partecipino alle decisioni fondamentali della comunità. Una civiltà iper-democratica perché tutti possono partecipare, tutti hanno le competenze per farlo, e l’assenza di partecipazione è una colpa, come era nel ’68 e come, sotto sotto, è sempre rimasta nella cultura e nella mentalità della sinistra.

    Questa visione della democrazia e della partecipazione genera almeno due conseguenze. La prima è il sostanziale disprezzo per la democrazia rappresentativa, che si basa invece proprio sul principio opposto, secondo cui la gente ha il pieno diritto di non occuparsi attivamente di politica, ed è del tutto normale che il cittadino deleghi ad altri, i politici di professione, il compito di amministrare la cosa pubblica. La seconda conseguenza è il disprezzo per il proprio stesso elettorato, ossia per quei 995 elettori su 1000 che non partecipano alle decisioni in Rete. Questo disprezzo, non il presunto fascismo o stalinismo, è secondo me il vero lato inquietante del grillismo. Perché, nel movimento di Grillo come negli altri partiti, i militanti non sono affatto un campione rappresentativo degli elettori. Spesso sono invece i più aggressivi, i più faziosi, i peggio informati (perché leggono tanto, ma solo ciò che li conferma nelle loro opinioni), i meno vicini al sentire comune delle persone normali. Le quali lavorano, studiano, si divertono, cercano la loro via nel mare aperto della vita. L’iper-democrazia della Rete, molto poco democraticamente, le snobba e le esclude, e in questa esclusione rivela il vero volto di sé stessa.

  6. Giuseppe Martello-M5Stelle

    Nonostante tutti i limiti che stigmatizzavi trovo che il M5Stelle sia per logica di cose l’elemento di rottura generato dallo stallo e dall’ignoranza della politica attuale. Io non so dove questo porterà, nè so se evolverà in un pensiero unico, o ad una democrazia piramidale. Quello che so è che, al di là delle teorie-da verificare-un’alternativa non c’è per far finire questa concezione imperiosa dell’IO COMANDO IO DECIDO, che esclude dalla partecipazione politica e fonda solo ed esclusivamente sulle affinità e fedeltà tra i sottoposti e il capetto di turno. Un’altra cosa che so, è che prima della nascita del Movimento si veniva additati dai “tifosi” delle larghe intese, ossia la complicità ventennale PD/PDL come utopisti nel migliore dei casi e pazzoidi nel peggiore, mentre oggi tutti ne dissertano, analizzano, prospettano, magari solo per fare in modo che le orde dei barbari continuino ancora a scorazzare imperterrite con aggressività senza pari…tanto per venire sul tuo discorso relativo all’aggressività. Se è il pericolo di una deriva autoritaria quella che rappresenterebbe Grillo che preoccupa, mi chiedo: come mai non ci si è preoccupati e non ci si preoccupa di ben altre derive già in atto da vent’anni e che solo grazie a Grillo stanno subendo una seria battuta d’arresto? E poi, come la vogliamo chiamare questa legge elettorale con le liste bloccate e i candidati scelti dai segretari senza permettere al popolo di decidere chi devono essere i candatiti e quali quelli che meritano di essere votati se non deriva? In quale contesto sono stati chiamati i militanti delle altre forze oltre a votare primarie farlocche ed elezione dei segratri locali, che si addice più alle truppe cammellate che a persone intrise di passione politica? Rimango perplesso davanti alla tua disparità di giudizio, anche perchè non noto altrettanta veemenza contro chi ha distrutto economia e finanza; cultura e tradizione; ambiente e patrimoni storici, senza contare la guerra civile che ci ha portato fino ai pianerottoli delle nostre abitazion e nei luoghi di lavoro; che ha imbonito i nostri ragazzini con le sue televisioni di merda deacriticizzandoli esostituendo valori con caratteri di comportamento e risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
    Caro Omega, ti ricordo che parli dell’opposizione, non di una maggioranza e ti ricordo anche che da ieri sappiamo che la debolezza culturale della gente ha portato al potere il fior fiore dei deliquenti, come Dell’Utri (latitante), Berlusconi (ai lavori forzati) e tanti altri di destra e di sinistra.
    Quindi, qualunque cosa siamo, è di gran lunga meno indigesta di questa melma. Sai, c’è chi si accontenta di una picierno qualunque e chi preferisce Una Paola Taverna. E’ la democrazia, caro mio, anche se, come nel caso della picierno, produce risultati che lasciano esterefatti.

  7. Infatti a Servizio Pubblico si è divertita tantissmo…la Taverna.

    Che ridere!