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RIARDO – Greenwashing, i fallimenti delle acque in bottiglia con il green marketing. Quando il rispetto dell’ambiente è solo “facciata”

RIARDO – E’ evi­dente a tutti come il tema della soste­ni­bi­lità e del rispetto per l’ambiente sia cen­trale sia per le imprese che per i cit­ta­dini. Ma come spesso accade con temi “caldi”, molti sal­gono sula carro del vin­ci­tore cer­cando di sfrut­tare delle ten­denze e caval­care l’onda. E’ il caso appunto della soste­ni­bi­lità. Que­sto feno­meno è ben rias­sunto nel ter­mine “gree­n­wa­shing”, ovvero il fal­li­mento del green mar­ke­ting, quando insomma l’impresa (o il pro­dotto) è green solo in appa­renza, senza solide basi di sostenibilità. Essere green signi­fica com­piere delle azioni con­crete, non limi­tarsi alla sola comu­ni­ca­zione: chi porta il ves­sillo del green mar­ke­ting, spesso dimen­tica che nelle famose 4P al primo posto c’è il pro­dotto.  In Ita­lia sono incap­pate nel tra­nello del gree­n­wa­shing nume­rose aziende, san­zio­nate dall’Antitrust; tra le tante, ben tre pro­dut­tori di acque in bottiglia.

Fer­ra­relle

Fer­ra­relle pub­bli­ciz­zava la pro­pria bot­ti­glia come “Pro­dotto a Impatto Zero”. In poche parole, Fer­ra­relle dichia­rava di com­pen­sare la CO2 emessa nell’atmosfera a fronte della pro­du­zione delle bot­ti­glie, con la crea­zione e tutela di nuove fore­ste. L’Antitrust però ha rile­vato che l’azione pro­mossa dall’azienda sarebbe durata solo due mesi, tempo insuf­fi­ciente per annul­lare l’impatto di Fer­ra­relle sull’ambiente.

Acqua Sant’Anna

Acqua Sant’Anna pro­po­neva l’eco-bottiglia “Bio Bot­tle”. Fatta salva la qua­lità del pro­dotto, l’azienda comu­ni­cava “un rispar­mio di 176.800 barili di petro­lio” a fronte di “un con­sumo di 650 milioni di Bio Bot­tle”. Il dato di 650 milioni di bot­ti­glie però fa rife­ri­mento all’intera pro­du­zione annuale, com­pren­siva di bot­ti­glie in pla­stica e Bio Bot­tle, la cui per­cen­tuale sul totale delle ven­dite ammon­tava nel 2010 al solo 0,2%.

Acqua Mine­rale San Benedetto

Anche Acqua Mine­rale San Bene­detto è stata bec­cata sul pac­ka­ging. Con la linea “eco-friendly”, San Bene­detto pro­muo­veva una ridu­zione della quan­tità di pla­stica per bot­ti­glia in varie per­cen­tuali in base alla capa­cità della stessa. L’Autorità Garante della Con­cor­renza e del Mer­cato ha veri­fi­cato la veri­di­cità dei dati non riscon­trando ele­menti che cer­ti­fi­cas­sero la veri­di­cità di quanto riportato.

I tre casi sono emble­ma­tici e riguar­dano un set­tore par­ti­co­lar­mente a rischio sulle tema­ti­che ambien­tali. Il mes­sag­gio è chiaro, per essere green biso­gna farlo e cre­derci per dav­vero; al green mar­ke­ting deve far fronte un impe­gno con­creto ma soprat­tutto tra­spa­rente e docu­men­tato. La soste­ni­bi­lità deve essere reale, altri­menti il green mar­ke­ting diven­terà, aldilà della san­zione mone­ta­rio, solo un boo­me­rang, andando a demo­lire la brand repu­ta­tion dell’azienda.

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