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LA RITRATTAZIONE E I SEGNALI CHE CI PERMETTONO DI CAPIRE SE UNA PERSONA STA MENTENDO

L’ambiente giudiziario è pieno di casi in cui individui che hanno confessato un reato poi ritrattano l’autoaccusa, oppure situazioni in cui un testimone afferma prima di aver assistito ad un crimine e poi lo ritratta in un secondo momento. L’accusa e la ritrattazione sono fenomeni antichi e risalgono al 1600, quando a Salem molte donne vennero accusate di stregoneria. Una di queste, Margaret Jacobs, confessò spontaneamente di praticare stregoneria, coinvolgendo anche suo nonno ed altre persone nella vicenda con l’accusa di averla iniziata alla magia nera. Solo nel 1692, dopo l’impiccagione dei “colpevoli”, Margaret ritrattò le accuse tramite una lettera scritta al padre: << La ragione della mia incarcerazione è la seguente, che ho, per via delle minacce dei magistrati e del mio cuore vigliacco e maligno, confessato molte cose contrarie alla mia coscienza e alla mia conoscenza, nonostante le ferite alla mia anima, che Iddio mi perdoni per questo >>. La donna fornì una falsa confessione per salvarsi da una morte orribile.

Una persona può decidere di ritrattare per svariati motivi: per paura, per coscienza o perché confusi. Ma alle motivazioni della ritrattazione vanno collegate anche quelle che hanno spinto l’individuo a deporre precedentemente: si può testimoniare per accusare altri o se stessi, per cooperare con la polizia, per impedire che un crimine resti impunito. Quindi si può affermare che i motivi della ritrattazione variano in base a quelli per cui si è resa una dichiarazione nel corso di una testimonianza. Molto interessante è anche il caso di tutti quegli individui che si autoaccusano di un crimine che in realtà non hanno mai commesso. Oggigiorno è frequentemente utilizzata l’analisi del DNA per identificare il colpevole o per scagionare persone accusate ingiustamente. I dati rivelano che il 22% dei soggetti scarcerati, dopo tale riscontro, si erano accusati di aver commesso il fatto, quindi le false confessioni sembrano abbastanza frequenti. Ma ci chiediamo quali siano i motivi che spingono a produrre false testimonianze, probabilmente il principale potrebbe essere quello inerente al meccanismo della giustizia, infatti nel momento in cui viene commesso un crimine si procede alla ricerca del colpevole, tuttavia, a volte le tecniche di indagine sono tali che, anziché trovare il colpevole, ossia la persona che ha effettivamente commesso il fatto, si tende a concentrarsi su un possibile colpevole, cioè l’individuo che presumibilmente potrebbe aver commesso il delitto.

Esistono delle tecniche per capire se una persona mente, ma non è per niente facile riuscirci. Di solito ci si concentra su tre aspetti: il comportamento non verbale, il contenuto delle affermazioni, e le risposte fisiologiche osservate mediante l’utilizzo ti tecniche sofisticate. E’ pensiero comune che le persone che mentono si comportino in modo tale da rivelare il fatto che stiano dicendo delle fandonie, attraverso comportamenti che la maggior parte di noi attribuiscono ad un bugiardo, come: distogliere lo sguardo, arrossire, muoversi in modo brusco o impacciato, avere una mimica facciale diversa dal solito, emettere un tono di voce differente da quello usuale, essere più lenti o più rapidi nell’eloquio, ecc.

Un mentitore esperto pensa rapidamente e non prova emozioni di colpa, paura o gioia, quindi capire se dice il vero o no è molto difficile. Però ci sono dei segnali che ci aiutano a comprendere se una persona mente, la prima cosa che un investigatore deve fare è quella di non fidarsi e di sospettare di chiunque. Poi bisogna osservare i movimenti del corpo, infatti, a differenza della mimica facciale, le persone non sono allenate a controllare i movimenti del corpo: si tratta di movimenti sottili, non funzionali, come quelli delle gambe, dei piedi e della mani. Il bugiardo esperto muove questi ultimi in misura minore rispetto a chi dice la verità. Egli tende a controllare questi movimenti fino a sopprimerli, quindi è molto più rigido rispetto ad una persona veritiera. Inoltre, anche il volto può fornire informazioni importanti: le emozioni producono modificazioni automatiche nella mimica, ma se si presta attenzione al viso si può notare se il soggetto ha difficoltà nel passare da un’espressione all’altra. Ad esempio, per passare dalla paura alla rabbia occorre muovere le sopracciglia verso il basso, mentre tendono ad incurvarsi verso l’alto quando si prova paura. Tuttavia non esistono gesti o mimiche tipiche di chi sta mentendo, occorre valutare ciascuna persona nella sua individualità e avere a disposizione il tempo necessario per poter notare cambiamenti nella mimica, nei gesti e nella postura che possano rivelare il tentativo di sopprimere un’emozione o di controllare espressioni inizialmente involontarie.

La rubrica di approfondimento su tematiche psicologiche, a cura della Dott.ssa Angela Pagliaro, Psicologa, ha l’obiettivo di affrontare argomenti che ci incuriosiscono e su cui vogliamo saperne di più, fornendo spunti di riflessione e quesiti sulla nostra vita. Le informazioni fornite hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale.

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