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CAPUA – Arco di Diana, lavori completati: la meravigliosa Basilica riaprirà al pubblico

CAPUA (di Giovanna Lepore)  – A seguito del completamento dei lavori di messa in sicurezza dell’Arco di Diana arriva  anche la certificazione di regolare esecuzione resa dal direttore  dei lavori  e  dal  progettista, entrambi  incaricati  dalla  Soprintendenza    Archeologica B.A.P. per le province di Caserta e Benevento. Pertanto, nei prossimi giorni potrebbe arrivare anche il via libera da parte dell’Autorità Giudiziaria al dissequestro dell’area, attualmente sottoposta a sequestro giudiziario successivamente ad alcuni crolli di edifici di proprietà privata, avvenuti nello scorso anno nei pressi dell’Arco di Diana. Ricordiamo che le opere per la messa in sicurezza temporanea che hanno interessato l’Arco consentiranno l’accesso pedonale alla Basilica di S. Angelo in Formis e alle abitazioni a ridosso della stessa. Si coglie l’occasione per ringraziare tutti i partner istituzionali e coloro che hanno partecipato al gruppo di lavoro costituito in Prefettura a partire dalla locale Soprintendenza e dal suo Dirigente Arch. Salvatore Buonomo, che ha nelle more sostenuto l’onere finanziario ed ha commissionato e curato l’iter procedimentale   per i lavori di messa in sicurezza. La collaborazione, all’interno del gruppo di lavoro, del Comune di Capua, del CNR di Napoli e dell’Università Vanvitelli-Dipartimento di Architettura, oltre che dei proprietari degli immobili ubicati a ridosso dell’Arco, ha consentito di definire e sperimentare un modello organizzativo e di lavoro fattivo e concreto finalizzato all’ultimazione dei lavori. Si rende adesso necessario considerare la possibilità tecnica e finanziaria di procedere al consolidamento idrogeologia dell’intero borgo.
La basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis è dedicata all’Arcangelo Michele. L’edificio appare espressamente menzionato, per la prima volta, in un documento della prima metà del X secolo, con cui il vescovo di Capua, Pietro I, concesse ai monaci dell’abbazia di Montecassino, la chiesa di San Michele Arcangelo, prima detta ad arcum Dianae nei documenti coevi, poi, in quelli successivi, ad Formas, e, infine, Informis, o in Formis. La basilica fu costruita nel luogo in cui, in età classica, sorgeva un tempio dedicato a Diana, divinità della caccia, alla quale tutto il monte Tifata, un tempo ricoperto di boschi, era consacrato. Di questo tempio sono stati riutilizzati nell’edificio romanico alcuni elementi, come le colonne, i capitelli (alcuni dei quali parzialmente rilavorati), e gran parte del pavimento in opus sectile, integrato con alcuni cocci in epoca medioevale. La parte frontale di un sarcofago strigliato orna l’altare. L’edificio è a tre navate, con quella centrale larga il doppio delle laterali, e segue il modello architettonico benedettino – cassinese con l’abside centrale più larga e più alta delle laterali. Di grande interesse è il ciclo di affreschi che abbellisce l’interno dell’edificio. L’attenzione del visitatore è immediatamente catturata dal Cristo Pantocratore che giganteggia nel catino absidale, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti. Nella fascia inferiore sono, invece, rappresentati i tre Arcangeli (nell’ordine: Gabriele, Michele e Raffaele), affiancati dall’abate Desiderio a sinistra (raffigurato con il modello della chiesa tra le mani), e da San benedetto a destra. Anche nell’abside destra l’affresco è diviso in due fasce sovrapposte: in quella superiore vi è raffigurata la Vergine col Bambino fiancheggiata da due angeli ai quali si aggiungono, nella fascia inferiore, sei santi.
Lungo la parete di sinistra si possono trovare molte tracce, tra l’altro ben conservate, di un ciclo di affreschi rappresentante episodi del Vecchio Testamento. Sulle pareti laterali della navata centrale sono raffigurati episodi del Nuovo Testamento. Sulla base del tradizionale e logico presupposto di un inizio dei lavori di costruzione della chiesa, avvenuto nella zona presbiteriale intorno al 1072, poiché gli affreschi venivano eseguiti dopo l’innalzamento delle murature, è possibile ritenere che la loro stesura sia stata avviata poco dopo la fondazione dell’edificio nella zona absidale, per poi estendersi alle pareti perimetrali, alla controfacciata, e a quelle interne del cleristorio.
In alto, tra le finestre, sono raffigurati i quattro angeli con le trombe del Giudizio; nella fascia centrale vi è rappresentato Cristo Giudice con la mandorla apocalittica, tra gli Apostoli seduti sui troni; più in basso i Beati, ed infine i Dannati. Si deduce, pertanto, basandosi sul dogma dell’Incarnazione, questo ciclo di affreschi tende ad evidenziare il piano provvidenziale di Dio per la redenzione finale e la salvezza eterna dell’umanità, attuato mediante il sacrificio di Cristo, suo figlio.

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