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foto di repertorio

GIOIA SANNITICA – Sparò e uccise un ladro, partito l’Appello: l’accusa chiede riduzione di pena

Gioia Sannitica – Uccise il ladro che si era introdotto nella sua casa, ieri si è discusso il processo di Appello. Ha parlato l’accusa. Il procuratore generale ha chiesto la derubricazione del realto da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale. Per cui ha chiesto la riduzione della pensa da dieci a sei anni di carcere. Si tornerà in aula fra pochi giorni quando la parola passerà alla difesa. Dopo la condanna in primo grado (dieci anni di carcere e pagamento di 50mila euro in favore dei familiari della vittima, a titolo di acconto – alla vedova di Dasmir Xhelp)  Giovanni Capozzo, è adesso partito il processo d’appello.  Dasmir Xhelpa era ritenuto una delle ementi di un gruppo di banditi  che per lungo tempo terrorizzò l’intero Matese. I difensori dell’uomo (l’avvocato Ercole Di Baia) tenteranno di ribaltare la sentenza di primo grado puntando ad una consistente riduzione della pena subita in primo grado.
La storia:
Uccise uno dei ladri che si erano introdotti nella sua abitazione, sparò perchè vide un uomo che tentava di entrare nella stanza delle figlie. Giovanni Capozzo, l’operaio che per difendere la propria casa dall’assalto di una banda di ladri, sparò uccidendo un albanese. La moglie della  vittima si è costituita parte civile. Tutto accadde oltre un anno fa quando Capozzo scoprì nella sua casa alcuni ladri, uno di loro stava forzando la porta d’ingresso che conduceva alla camera da letto delle due figlie. L’operaio allora imbracciò un fucile e fece fuoco; l’arma era caricata a pallettoni – quelli normalmente usati per i cinghiali – e quattro colpi (ogni cartuccia contiene nove proiettili) avrebbero centrato l’albanese. Successivamente Giovanni Capozzo,  42 anni,  carica il cadavere su un fuoristrada e lo getta nel fiume Voltrurno. Era il sei luglio del 2012;  Dashamir Xhepa, 39enne di origine albanese, non rientra a casa. I suoi amici indicano alla moglie il luogo dove stavano rubando. La donna presenta denuncia e le ricerche dei carabinieri costringono Capuozzo alla confessione. L’operaio indica il luogo dove aveva seppellito il cadavere e fornisce piena collaborazione alla magistratura. Viene arrestato e per alcuni mesi resta in carcere; poi passa ai domiciliari ed ottiene il permesso di recarsi al lavoro.  L’albanese ucciso a Gioia Sannitica venne già arrestato nel 2005 dai carabinieri di Alife perchè ritenuto responsabile di una serie di furti nell’area del Matese. Tutto faceva supporre che l’uomo era una figura di spessore al punto da guidare gruppi specializzati in furti in appartamenti.  A Gioia Sannitica, piccolo centro ai piedi del Matese, il metalmeccanico non è considerato un assassino ma solo un uomo sfortunato che ha tentato di difendere la propria casa e la propria famiglia. Lui la vera vittima di tutta questa vicenda, commentano i concittadini.

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