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Piedimonte Matese / Letino – Abusivismo nel Parco del Matese, il tar respinge il ricorso di Carini: le opere dovranno essere abbattute e il ristorante chiuso

Piedimonte Matese / Letino – i giudici del tribunale amministrativo di Napoli hanno respinto il ricorso proposto da Carini Alfredo, in proprio e nella qualità di Presidente dell’A.S.D. Matese Country Ranch, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Sarro, contro il Comune di Letino, difeso dall’avvocato Luigi Tretola, per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza n. 1 del 29.06.2017, con la quale il Comune di Letino ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate nel medesimo Comune, alla Località Santa Maria dell’Arco, ed ha contestualmente disposto la cessazione dell’attività di “home restaurant” ivi svolta. Il Tar Napoli (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, lo respinge. Condanna parte ricorrente alla rifusione in favore del Comune di Letino delle spese di giudizio, che liquida in complessivi €2.000,00 oltre accessori di legge.

Ecco la sentenza del TAR IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3258 dell’anno 2017, proposto da Carini Alfredo, in proprio e nella qualità di Presidente p.t. dell’A.S.D. Matese Country Ranch, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Sarro, con domicilio eletto presso lo studio di questi, in Napoli, al viale Antonio Gramsci n. 19;

contro

Comune di Letino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Tretola, unitamente al quale è elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Firenze n. 32, presso lo studio dell’avv. Francesco Gentile;

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

a) dell’ordinanza n. 1 del 29.06.2017, con la quale il Comune di Letino ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate nel medesimo Comune, alla Località Santa Maria dell’Arco, ed ha contestualmente disposto la cessazione dell’attività di “home restaurant” ivi svolta;

b) della nota prot. n. 1511 del 24.6.2017, con la quale il Comune di Letino ha comunicato l’avvio del procedimento volto all’adozione dell’ordinanza di demolizione per le opere abusivamente eseguite;

c) di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente-

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Letino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2018 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il presente ricorso, notificato a mezzo posta il 26/7 – 1/8 2017 e depositato l’1.8.2017, Carini Alfredo, in proprio e nella qualità di Presidente p.t. dell’A.S.D. Matese Country Ranch (svolgente anche attività di home restaurant denominata “Locanda dai nonni”, in Letino, alla località Santa Maria dell’Arco), ha esposto

– che Ernesto Carini (figlio di esso ricorrente) acquistava, nell’anno 2000, un fondo sito nel Comune di Letino, alla Località Santa Maria dell’Arco, identificato in catasto con p.lla n. 5096 (ex 74), fg. 18, con entro un manufatto adibito a civile abitazione;

– che tale unità immobiliare, composta da complessivi 7,5 vani catastali distribuiti su 3 livelli (piano seminterrato, piano terra e sottotetto), era stata realizzata in virtù di concessione edilizia n. 88/99 del 24 dicembre 1978 e successiva concessione edilizia in sanatoria n. 30/99 del 6 ottobre 1999, ai sensi della L. n. 47/85; e che l’intero manufatto aveva destinazione abitativa certificata sia dalla visura catastale (avendo assegnata destinazione A2), che dall’atto per notar Antonio Ventriglia del 04.07.2000 (Rep. 39961 – Rac. 14509), laddove, relativamente al manufatto in discorso, risultava la seguente descrizione: “abitazione unifamiliare composta da 7,5 vani catastali distribuiti tra il piano terra, il primo piano ed il piano sottotetto, con annesso pertinente terreno di proprietà esclusiva, adibito a giardino, della estensione complessiva di mq 1865”;

– che, successivamente alla presentazione della menzionata istanza di condono, venivano realizzate delle ulteriori opere edilizie in assenza del permesso di costruire (completate negli anni 90), consistenti nella edificazione di 2 strutture in legno al piano seminterrato, nonché di un modesto locale deposito in muratura adiacente al piano terra del fabbricato;

– che, sull’area in argomento, inoltre, aveva sede l’attività equituristica “MATESE COUNTRY RANCH” (attivata in data 22.10.2014), svolgente anche attività di “home restaurant”, con insegna “Locanda dei Nonni”;

– che, per l’esercizio della riferita attività di “home restaurant”, il ricorrente Alfredo Carini, in qualità di Presidente della menzionata associazione nonché di residente nel fabbricato in parola, presentava, in data 11.10.2016, apposita comunicazione di inizio attività al Comune di Letino, corredata di tutta la documentazione all’uopo necessaria, ivi compreso il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio di Caserta;

– che, in data 08.06.2017, i Carabinieri del Nucleo Forestale Campania – Stazione di Piedimonte Matese, si recavano presso l’abitazione del ricorrente ed accertavano la realizzazione delle seguenti opere: “struttura adibita a salone, realizzazione di un deposito, realizzazione di un porticato, realizzazione di 2 tettoie in legno, realizzazione di un ulteriore vano deposito e cambi di destinazione di altri vani del fabbricato principale”;

– che in conseguenza del citato sopralluogo, il Comune di Letino, con nota prot. n. 1511 del 24.06.2017, comunicava l’avvio del procedimento teso all’emissione dell’ordinanza di demolizione delle riferite opere edilizie;

– che da ultimo, con ordinanza n. 1 del 29.06.2017, il medesimo Comune ordinava la cessazione immediata dell’attività di home restaurant praticata nell’immobile, e ingiungeva la demolizione delle opere accertate con il riferito sopralluogo del 08.06.2017, come di seguito descritte:

piano seminterrato

1. cambio di destinazione da cantina a cucina soggiorno;

2. realizzazione di una struttura adibita a salone sul lato ovest del fabbricato principale … realizzata in parte in muratura e la restante parte in legno con ampie vetrate e copertura in struttura leggera;

3. realizzazione di un deposito sul lato est del fabbricato principale con strutture portanti in legno e copertura in struttura leggera;

4. realizzazione di due tettoie in legno;

piano primo

1. realizzazione di un vano deposito sul lato nord del fabbricato principale con strutture portanti in muratura e solaio in c.a.;

piano sottotetto

1. cambio di destinazione da stenditoio a camere da letto e da lavatoio a bagno.”.

Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato, in uno all’atto di avviso di avvio del relativo procedimento, l’ordinanza n. 1 del 29.06.2017, con la quale il Comune di Letino aveva ingiunto a lui ed a Carini Ernesto la demolizione delle opere realizzate nel medesimo Comune alla Località Santa Maria dell’Arco ed aveva contestualmente disposto la cessazione dell’attività di “home restaurant” ivi svolta, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

A) SULLA CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI “HOME RESTAURANT”

I. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 64 DEL D.LGS. N. 59/2010 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L. 241/1990 – ECCESSO DI POTERE PER CARENZA ASSOLUTA DEI PRESUPPOSTI – ILLOGICITA’ – CONTRADDITTORIETA’.

Sarebbe illegittima l’ordinanza n. 1/2017, nella parte in cui il Comune di Letino ha inibito l’esercizio dell’attività di “home restaurant” praticata nell’immobile in titolarità del ricorrente, in quanto i presunti locali abusivi contestati (due dei quali adibiti a deposito e completamente estranei all’esercizio dell’attività ristorativa) riguarderebbero soltanto una piccola parte dell’immobile legittimamente assentito – all’interno del quale risiede Alfredo Carini – con la conseguenza che l’atto gravato sarebbe certamente affetto da eccesso di potere perché l’Amministrazione, a tutto concedere, avrebbe dovuto limitare la sanzione di cessazione dell’attività alla sola parte del locale non autorizzata sotto il profilo edilizio.

II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA RISOLUZIONE N. 50481 DEL 10.04.2015 DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 59/2010 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L. N. 287/1991 – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI.

Nel disporre la chiusura dell’attività di home restaurant in titolarità del ricorrente, il Comune di Letino avrebbe arbitrariamente applicato la disciplina prevista per le normali attività di somministrazione di alimenti e bevande, ciò in quanto l’attività di home restaurant, attualmente sprovvista di una specifica normativa, viene definita dal D.D.L. n. 3258/2016 (già approvato dalla Camera dei Deputati ed in corso di esame al Senato) come “l’attività occasionale finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo”: perciò, nell’attuale vuoto legislativo, l’esercizio di tale tipologia di ristorazione sarebbe sostanzialmente “libera” e non assoggettabile ad alcuna previsione normativa.

Tale carenza non potrebbe colmata con le indicazioni – sostanzialmente di carattere fiscale – fornite dal Ministero dello Sviluppo Economico con Risoluzione n. 50481 del 10.04.2015, laddove è stato chiarito che “l’attività in discorso … non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela … Pertanto, anche nel caso dei soggetti richiamati nel quesito, considerata la modalità, si applicano le disposizioni di cui all’art. 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i…”, poiché, non essendo la riferita risoluzione ministeriale un atto normativo, sarebbe evidente che, in assenza di una specifica disciplina atta regolamentare l’intero settore (il relativo disegno di legge, come detto, è in corso di approvazione al Senato), non sarebbe possibile equiparare l’home restaurant ad un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande.

Pertanto, alle attività del tipo di quella in discussione, non sarebbe applicabile il regime sanzionatorio previsto per le normali attività di ristorazione, anche in considerazione del fatto che l’home restaurant non viene esercitato in pubblici locali, ma nell’abitazione privata dell’esercente.

III. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA RISOLUZIONE N. 50481 DEL 10.04.2015 DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 59/2010 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L. N. 287/1991 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 19 DELLA L. 241/1990 – ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE.

Pur volendo riconoscere alla citata risoluzione del MISE valenza e portata normativa, il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo, per essere stata l’attività del ricorrente, in conformità a quanto prescritto dal Ministero nel citato atto, ritualmente autorizzata in conseguenza della comunicazione di inizio attività presentata in data 11.10.2016: ne deriva che, trattandosi di abusi preesistenti al titolo rilasciato, l’Amministrazione avrebbe dovuto adottare un provvedimento di secondo grado teso alla rimozione del precedente titolo, illo tempore illegittimamente concesso, indicando espressamente le ragioni di interesse pubblico sottese all’esercizio del potere di autotutela o, in alternativa, avrebbe dovuto motivare in ordine alla intervenuta radicale trasformazione del locale rispetto al contenuto della licenza a suo tempo concessa tale da comportarne la decadenza (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. III, 11.12.2012, n. 5072).

Il provvedimento impugnato sarebbe, altresì, illegittimo per essere l’Amministrazione incorsa in evidente eccesso di potere allorquando ha disposto l’immediata cessazione dell’attività in parola senza una congrua motivazione atta a giustificare l’adozione di una simile decisione. Difatti, con l’ordinanza n. 1/2016, il Comune di Letino ha disposto la cessazione dell’attività in titolarità del ricorrente – autorizzata in conseguenza della comunicazione di inizio attività presentata in data 10.11.2016 – semplicemente sulla base della pretesa irregolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio di alcuni locali del fabbricato interessato, richiamando l’accertamento compiuto dai Carabinieri del Nucleo Forestale Campania – Stazione di Piedimonte Matese in data 08.06.2017: siffatta motivazione sarebbe, tuttavia, da considerarsi assolutamente erronea, non avendo l’Amministrazione indicato in maniera precisa quale sia il bene pubblico da tutelare che rende inevitabile l’adozione di un provvedimento destinato a spiegare effetti fortemente negativi nella sfera giuridica del destinatario.

In tal modo, il Comune di Letino sarebbe incorso nel vizio dell’eccesso di potere per erroneità dei presupposti, poiché la determinazione di bloccare con immediatezza ed integralmente un’attività del tipo di quella in esame non potrebbe essere disposta in forza di motivazioni inerenti esclusivamente al profilo edilizio, ed in particolare alla presunta abusività di alcuni dei locali ove la medesima attività viene esercitata.

Per costante giurisprudenza, qualora la posizione del destinatario di un provvedimento si sia consolidata nel tempo, suscitando un affidamento sulla legittimità del titolo stesso, sarebbe richiesta la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all’annullamento, diverso da quello corrispondente al mero ripristino della legalità violata e, comunque, prevalente sull’interesse del privato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n.1946 del 07.04.2010; Cons. Stato, Sez. IV, sent. n.8529 del 21.12.2009; Cons. Stato, Sez. IV, sent. n.3909 del 20.07.2005).

IV. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7 E SS. DELLA L. 241/1990 – VIOLAZIONE GIUSTO PROCEDIMENTO – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – DIFETTO DI MOTIVAZIONE.

Ulteriore illegittimità dell’ordinanza n. 1 del 29.06.2017 deriverebbe dal non aver l’Amministrazione resistente fornito la prescritta comunicazione di avvio del procedimento relativa alla cessazione dell’attività di “home restaurant”, posto che con l’atto prot. n. 1511 del 24.06.2017 il Comune di Letino aveva unicamente comunicato l’avvio del procedimento volto all’emissione dell’ordinanza di demolizione, omettendo qualsivoglia comunicazione in ordine alla riferita attività di ristorazione. Tale omissione si porrebbe in insanabile contrasto con quanto previsto dagli artt. 7 e ss. della L. 241/90, ove si consideri che la comunicazione di avvio del procedimento ha la finalità di consentire gli apporti collaborativi dei privati, allo scopo di porre questi ultimi in condizione di chiarire, già nella fase procedimentale, tutte le circostanze ritenute utili per l’adozione di una corretta decisione, senza costringerli ad adire, successivamente, le più gravose vie giurisdizionali.

In assenza di particolari ragioni d’urgenza – comunque da esplicitarsi nel provvedimento definitivo – la disposta chiusura di una qualsivoglia attività commerciale dovrebbe essere sempre preceduta dalla prescritta comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della L. 241/1990; cosa invece non avvenuta nel caso di specie.

B) SULLA DEMOLIZIONE DELLE OPERE ABUSIVE

V. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 31 D.P.R. 380/2001 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE LEGGE N. 241/1990 – ECCESSO DI POTERE – DIFETTO DI MOTIVAZIONE IN ORDINE ALL’INTERESSE PUBBLICO TUTELATO – VIOLAZIONE DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO.

L’ordine di demolizione impugnato sarebbe assolutamente illegittimo per aver il Comune di Letino omesso qualsivoglia indicazione in ordine all’interesse pubblico sotteso all’adozione della misura demolitoria, tenuto conto del lungo lasso di tempo intercorso dall’epoca della realizzazione delle opere sanzionate e dell’affidamento ingenerato in capo al proprietario attuale circa la legittimità dei manufatti (posto che le due strutture in legno al piano seminterrato, nonché il locale deposito adiacente al piano terra del fabbricato, sarebbero stati realizzati negli anni ’90, ovvero ben prima dell’acquisto del manufatto da parte di Ernesto Carini, avvenuto nell’anno 2000). Il Comune di Letino avrebbe dovuto, quindi, fornire adeguata motivazione in merito all’interesse pubblico tutelato, anche in ragione del legittimo affidamento ingenerato nel Carini.

VI. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 31 DEL D.P.R. 380/2001 – ECCESSO DI POTERE – CARENZA DEI PRESUPPOSTI IN FATTO E DIRITTO – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – CARENZA ISTRUTTORIA.

L’ordinanza 1/2017 sarebbe, altresì, illegittima nella parte in cui include, tra le opere da demolire, quelle interessate dal presunto cambio di destinazione d’uso: da cantina a cucina soggiorno – al piano seminterrato; da stenditoio a camere da letto e da lavatoio a bagno, al piano sottotetto; e ciò in quanto il mutamento di destinazione d’uso degli immobili ha rilievo sotto il profilo urbanistico solo se accompagnato da opere edilizie che ne modifichino la sagoma o la volumetria.

Per la giurisprudenza, il mutamento di destinazione d’uso senza opere non sarebbe sanzionabile sotto il profilo urbanistico, pur costituendo – in linea di principio – un abuso: infatti, al precetto contenuto nell’art. 8, lett. a), l. 28 febbraio 1985 n. 47, contenente il divieto di porre in essere “variazioni essenziali” consistenti nel semplice mutamento di destinazione d’uso senza autorizzazione, non corrisponderebbe alcuna specifica sanzione; né potrebbe, in particolare, trovare applicazione l’art. 7 comma 2, l. n. 47, il quale collega chiaramente la sanzione della demolizione alle variazioni essenziali che abbiano comportato l’esecuzione di opere edilizie.

In data 31 agosto 2017 si è costituito in giudizio il Comune di Letino, ed il giorno successivo ha depositato una memoria, contestando l’ammissibilità, la procedibilità, e, comunque, la fondatezza del proposto ricorso.

In data 1 agosto 2017 risulta essere stata presentata al Comune di Letino, da Carini Ernesto, una domanda (prot. n. 1907) di permesso di costruire in sanatoria, comprendente anche un “progetto di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del codice dei Beni Culturali e del Paesaggio ai commi 4 e 5”.

Con ordinanza n. 1238/2017 del 7 settembre 2017, questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente, sulla base della seguente motivazione: “Considerato che, a fronte della realizzazione senza alcun titolo di un complesso organico di opere e modifiche edilizie tutte finalizzate all’esercizio nell’immobile di una attività di somministrazione di cibo e bevande (non solo a soci della ASD ricorrente, ma anche a occasionali clienti, come emergente dalla comunicazione di inizio attività dell’8.9.2016), l’ordine di demolizione ha costituito atto doveroso e vincolato nel contenuto, perciò non necessariamente preceduto da avviso di avvio del relativo procedimento (stante anche la sua conseguente intangibilità successiva, ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/1990), e peraltro dotato di adeguata motivazione, consistente nel richiamo alle norme violate e nella descrizione delle opere abusive, non occorrendo nella specie alcuna specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n. 2529 del 27.4.2004; T.A.R. Emilia Romagna-Parma n. 154 del 25.5.2011; T.A.R. Campania-Napoli n. 16526 dell’1.7.2010; T.A.R. Campania-Napoli n. 13422 del 7.10.2008); Considerato che, parimenti, costituisce atto dovuto e meramente conseguenziale (ai sensi dell’art. 3 co. 7 L. 287/1991, applicabile anche nella presente fattispecie, non avendo allo stato il cd. home restaurant una propria disciplina di favore) la contestuale inibizione alla prosecuzione dell’attività di somministrazione nei locali interessati da tali abusi, riguardanti l’intero immobile (cfr. TAR Sicilia-Palermo n. 946 dell’1.4.2014; TAR Basilicata n. 340 del 6.6.2013; TAR Campania-Napoli n. 1770 del 4.4.2013); Considerato che non può allo stato ritenersi che la domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata da Carini Ernesto renda inefficace l’ordine di demolizione impugnato con il presente ricorso, poiché, essendovi stata realizzazione di volumi in zona paesaggisticamente vincolata, trova applicazione il divieto di nulla osta paesistico ex post, con conseguente preclusione della sanatoria di cui all’articolo 36 D.P.R. n. 380/2001”.

Con ordinanza n. 5124/2017 del 27.11.2017, la sezione VI del Consiglio di Stato, adita in sede di appello, ha, in riforma della suddetta ordinanza n. 1178/2017 di questo TAR, sospeso “il provvedimento impugnato (ordinanza n. 1 del 29.6.2017)”, così argomentando: “Considerato che: a) l’appellante in data 1.08.2017 ha proposta istanza di sanatoria delle opere abusive oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata; b) allo stato non è dato conoscere l’esito di tale procedimento; ritenuto che in pendenza di tale domanda, non essendosi ancora pronunciata l’amministrazione competente, non sia consentito al Giudice di esprimere valutazioni circa la fondatezza o meno di tale istanza; ritenuto pertanto che, nelle more, in considerazione della presentazione dell’istanza di sanatoria, sia necessario sospendere l’ordinanza di demolizione impugnata; considerata infatti la gravità del danno derivante dall’esecuzione dei provvedimenti impugnati in primo grado seguente alla demolizione di opere di cui non può escludersi in questa sede la sanabilità, tenuto anche conto che l’immobile oggetto dell’ordinanza di demolizione costituisce il luogo in cui si svolge l’attività imprenditoriale di ristorazione dell’appellante; considerato, quanto alle spese di lite del doppio grado cautelare, che le stesse possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi”.

Tutte e due le parti hanno poi presentato memorie (in data 9.2.2018) e repliche (in data 20.2.2018).

All’udienza pubblica del 14 marzo 2018 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

DIRITTO

E’ oggetto di impugnazione in questa sede, unitamente al presupposto avviso di avvio del relativo procedimento, l’ordinanza n. 1 del 29.06.2017, con la quale il Comune di Letino ha ingiunto a Carini Ernesto (in qualità di proprietario) e Carini Alfredo (in qualità di utilizzatore dell’immobile) la demolizione di opere realizzate senza titolo nel medesimo Comune alla Località Santa Maria dell’Arco ed ha contestualmente disposto la cessazione dell’attività di “home restaurant” ivi svolta.

La suddetta ordinanza ha fatto seguito ad un sopralluogo effettuato in data 8 giugno 2017 dal responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Letino, coadiuvato da personale dei Carabinieri della locale Stazione Forestale, all’esito del quale era emersa la presenza di rilevanti difformità, nell’immobile in parola, rispetto ai titoli edilizi posseduti dagli interessati (ovvero la concessione edilizia n. 88/99 del 24.12.1978, e la successiva concessione edilizia in sanatoria n. 30/99 del 6.10.1999, rilasciata ai sensi della L. 47/1985).

Pertanto, dopo invio di avviso di avvio del procedimento (riferito alla sola presenza di opere abusive, me rimasto senza riscontro alcuno), con l’impugnata ordinanza sono state evidenziate e sanzionate, in applicazione dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, le seguenti difformità:

al piano seminterrato,

1. cambio di destinazione da Cantina a Cucina-soggiorno;

2. realizzazione di una struttura adibita a salone sul lato OVEST del fabbricato principale con le seguenti dimensioni ml. 8,40 x ml. 5,00 ed un’altezza di ml. 2,35 alla gronda e ml. 3,10 al colmo, realizzata parte in muratura per circa cm. 50 e la restante parte in legno con ampie vetrate e copertura in struttura leggera;

3. realizzazione di un deposito sul lato EST del fabbricato principale con le seguenti dimensioni ml. 4,10 x ml. 3,75 ed un’altezza di ml. 2,50 con strutture portanti in muratura e solaio in legno;

4. realizzazione di un porticato sul lato EST del fabbricato principale con le seguenti dimensioni ml. 4,60 x ml. 8,40 con strutture portanti in legno e copertura in struttura leggera;

5. realizzazione di due tettoie in legno”;

al Piano Primo,

6. realizzazione di un vano deposito sul lato NORD del fabbricato principale con le seguenti dimensioni ml. 8,15 x ml. 6,20 ed un’altezza alla gronda ml. 2,30 e al colmo ml. 3,25 con strutture portanti in muratura e solaio in c.a.”;

al Piano sottotetto,

7. Cambio di destinazione da stenditoio a camere da letto e da lavatoio a bagno”;

con le precisazioni dell’essere tali opere (abusive in quanto “in assenza del prescritto titolo abilitativo”) “ultimate e adibite a civile abitazione e Home Restaurant…effettuate a partire dall’anno 2000 alla data del 9.9.2016 (comunicazione di apertura HOME RESTAURANT <Locanda dei Nonni>”; del dover essere le stesse “stante la loro consistenza….considerate <interventi di nuova costruzione>, riconducibili alla definizione di cui all’art. 3 lett. e) del D.P.R. 380/01, in quanto costituiscono inconfutabilmente nuovi organismi edili, caratterizzati da un proprio impatto volumetrico e ambientale e, dunque, idonei a determinare una trasformazione permanente urbanistico-edilizia ed ambientale del territorio”, e perciò “soggette al regime di cui all’art. 10 del D.P.R. 380/01”; dell’essere il luogo dell’intervento gravato, tra gli altri da “vincolo paesaggistico ex Decr. Leg.vo 42/04, con il vincolo del Parco regionale del Matese istituito con delibera di Giunta Regionale della Campania n. 1407 del 12.4.2002” e dal ricadere in zona E1 – agricola normale del vigente P.U.C., in zona P.A.F. – Zona di Protezione del Paesaggio Agricolo di Fondovalle del vigente P.T.P. – ambito Massiccio del Matese, in zona B – Area di Riserva generale Orientata e di Protezione del Piano Parco del Matese, in zona ZPS – Zona di Protezione Speciale e Bioitaly e SIC – Sito di Interesse Comunitario di cui ai D.P.R. 357/97 e 120/03.

Va evidenziato che, in data 1 agosto 2017, Carini Ernesto ha presentato al Comune di Letino, per le opere oggetto della sanzione demolitoria di cui all’ordinanza n. 1/2017, una domanda (prot. n. 1907) di permesso di costruire in sanatoria, comprendente anche un “progetto di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del codice dei Beni Culturali e del Paesaggio ai commi 4 e 5”; e che tale domanda non risulta aver avuto – ad oggi – alcun riscontro.

Sulla base di più motivi, Carini Alfredo contesta la legittimità dell’impugnata ordinanza, sia nella parte in cui viene ingiunta la demolizione delle opere qualificate come abusive, sia nella parte in cui dispone di cessare l’attività di home restaurant praticata nell’immobile interessato dalle citate opere.

Resiste il Comune di Letino, ponendo alcune eccezioni preliminari, e, nel merito sostenendo l’infondatezza degli argomenti di controparte.

Ciò posto, osserva il Collegio che può prescindersi dalle preliminari eccezioni sollevate dal Comune di Letino, in quanto il ricorso è infondato nel merito, e va respinto.

Per prime vanno esaminate le censure articolate dal ricorrente avverso l’ordine di demolizione, costituendo l’accertamento circa la presenza di opere abusive il presupposto anche del contestuale e connesso ordine di cessazione dell’attività di home restaurant svolta nell’immobile.

In proposito, va sottolineato come gli abusi accertati dal responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Letino in esito al sopralluogo dell’8.6.2017, e poi posti a fondamento dell’ordinanza demolitoria n. 1/2017, non siano stati contestati dal ricorrente quanto alla loro materiale esistenza, tant’è vero che successivamente Carini Ernesto (figlio di Alfredo e proprietario del fabbricato interessato) ha presentato per gli stessi una domanda di sanatoria con connessa richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica (ai sensi dell’art. 167 commi 4 e 5 Decr. Leg.vo 42/2004).

Peraltro, va precisato che detti abusi (come chiaramente evincibile dal verbale di sopralluogo dell’8.6.2018 e dalla allegata documentazione fotografica) hanno costituito un insieme organico di opere e modifiche edilizie, tutte finalizzate all’esercizio nell’immobile di una attività di somministrazione di cibo e bevande, comportante sia modifiche della sagoma dell’edificio preesistente, sia un aumento dei volumi e delle superfici utili precedentemente assentiti, cosicché essi, per un verso non potrebbero essere considerati partitamente (ovvero nelle loro singole individualità), e, per altro verso, la loro complessiva realizzazione avrebbe richiesto il previo rilascio di un permesso di costruire e di una autorizzazione paesaggistica.

Tornando alla presentazione dell’istanza di sanatoria sopra citata, occorre stabilire se tale evento possa avere incidenza, ed eventualmente quale, sulla situazione in esame, comunque dovendosi tener presente che non è stato dato alla richiesta alcun riscontro da parte del Comune di Letino.

Ebbene, ritiene il Tribunale, aderendo alla giurisprudenza assolutamente maggioritaria sul punto (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n. 410 dell’1.2.2017; TAR Campania-Napoli n. 708 dell’1.2.2018; TAR Campania-Napoli n. 4655 del 5.10.2017; TAR Puglia-Bari n. 846 del 20.7.2017; TAR Lombardia-Milano n. 1231 dell’1.6.2017; TAR Campania-Napoli n. 1874 del 31.3.2015), che, una volta decorsi 60 gg. dalla presentazione, sull’istanza in parola si è formato un provvedimento tacito diniego, secondo quanto previsto dall’art. 36 comma 3 DPR 380/2001: tale provvedimento avrebbe dovuto, a sua volta, essere oggetto di gravame, ma ciò non è accaduto, con la conseguenza che oggi deve dirsi definitivamente accertata l’abusività e la non sanabilità delle opere di cui si discute.

Quanto, poi, all’ordinanza di demolizione, deve mettersi in evidenza che la sua legittimità non è stata in alcun modo intaccata dalla mera presentazione dell’istanza di sanatoria, sia perché questa è avvenuta dopo la sua adozione, sia perché, comunque, non risulta formulata alcuna censura incentrata sulla detta presentazione. Peraltro, va sottolineato come la non sanabilità delle opere in oggetto fosse evidente già al momento della citata istanza di sanatoria, per non sussistere nella specie i presupposti per l’applicazione dell’art. 167 co. 4 e 5 del medesimo Decr. Leg.vo 42/2004 in tema di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica (ostandovi la circostanza dell’avvenuta realizzazione di ulteriori volumi e superfici utili, e la conseguente impossibilità di rilasciare la necessaria autorizzazione paesaggistica, costituente, ai sensi dell’art. 146 co. 4 Decr. Leg.vo 42/2004, “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”).

Invece, per la situazione in commento appare calzante l’indirizzo giurisprudenziale per il quale la presentazione dell’istanza diretta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. art. 36 T.U. 6 giugno 2001 n. 380 determina solo un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, che è così posto in uno stato di temporanea quiescenza; sicché, in caso di diniego (anche silente) di accoglimento della domanda avente per oggetto il permesso in sanatoria, l’originaria ingiunzione demolitoria riprende vigore e l’unico aspetto che va riconsiderato è quello del conteggio del termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione, che dovrà decorrere dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell’interessato, eventualmente anche nella forma del silenzio rigetto previsto dalla normativa richiamata (cfr. Cons. di Stato sez. sez. VI, n. 3308 del 5.7.2017; TAR Campania-Napoli n. 616 del 29.1.2018; TAR Campania-Napoli n. 708 del dell’1.2.2018; TAR Lazio-Roma n. 400 del 23.1.2007).

Quanto al merito degli specifici motivi di ricorso articolati avverso l’ordine di demolizione adottato ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, va detto che il quinto è infondato poiché, trattandosi di un intervento edilizio realizzato in assenza del prescritto titolo abilitativo, l’ordine di demolizione costituisce atto doveroso e vincolato nel contenuto; e, peraltro, il provvedimento appare dotato di adeguata motivazione, consistente nel richiamo alle norme violate e nella descrizione delle opere abusive, non occorrendo alcuna specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico alla demolizione, né una comparazione di queste ultime con gli interessi privati coinvolti e sacrificati (cfr. Cons. di Stato Ad. Plen. n. 9 del 17.10.2017; Cons. di Stato sez. V, n° 3270 del 29.5.2006; Cons. di Stato sez. V, n° 5178 dell’11.10.2001; T.A.R. Campania-Napoli n° 4556 del 15.5.2008; T.A.R. Campania-Napoli n° 3072 del 30.4.2008; T.A.R. Toscana n° 1354 del 24.4.2008).

Parimenti da disattendere, è, altresì, il successivo sesto motivo di ricorso, in quanto con esso si vorrebbe “parcellizzare” l’intervento posto in essere (ovvero, prendere in esame solo l’avvenuto mutamento della destinazione d’uso di alcuni locali, per sostenere che la sanzione ripristinatoria non avrebbe potuto essere irrogata per tale situazione, perché, a dire di parte ricorrente, non accompagnata dall’esecuzione di opere edili): si è visto, invece, come l’intervento vada preso in considerazione nel suo complesso, e come, pertanto, esso avrebbe richiesto il previo rilascio di un permesso di costruire, avendo portato ad un organismo edilizio del tutto diverso (e di maggiori volumi e superfici utili) rispetto a quello precedentemente esistente.

Rimangono da esaminare i motivi di ricorso volti a censurare l’ordinanza n. 1/2017 nella parte in cui dispone la cessazione di ogni attività di home restaurant nel fabbricato de quo.

Tale disposizione risulta con evidenza ricollegabile all’avvenuto accertamento, nell’immobile interessato dallo svolgimento dell’attività, degli abusi sanzionati ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, con applicazione, quindi, dell’art. 3 L. 287/1991, tuttora in vigore, secondo il quale “Le attività di somministrazione di alimenti e di bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, fatta salva l’irrogazione delle sanzioni relative alle norme e prescrizioni violate.”.

In proposito, va confermato che sussiste un condizionante rapporto tra la regolarità urbanistico – edilizia di un immobile e la possibilità che esso venga destinato ad esercizio di un’attività commerciale, posto che appunto l’art. 3, comma 7, della L. 25.8.1991 n. 287, sopravvissuto all’abrogazione da parte Decr.Leg.vo n. 59/2010, ha coordinato il profilo urbanistico-edilizio e quello più propriamente commerciale, stabilendo che la regolarità edilizia dei locali in cui è esercitata l’attività di somministrazione di alimenti e bevande costituisce condizione per il legittimo esercizio della stessa, nel senso che l’esercizio di un’ attività commerciale è ancorato, sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l’intera durata del suo svolgimento, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanistico-edilizia dei locali in cui essa viene posta in essere (cfr. T.A.R. Sicilia-Palermo n. 946 dell’1.4.2014; T.A.R. Basilicata n. 340 del 6.6.2013; T.A.R. Sicilia-Palermo n. 215 del 26.1.2017; T.A.R. Campania-Napoli n. 1770 del 4.4.2013; T.A.R. Campania-Napoli n. 556 del 3.2.2010).

Pervero, parte ricorrente sostiene (con il terzo motivo di ricorso) di essere in possesso di autorizzazione all’esercizio dell’attività di home restaurant a seguito della presentazione (in data 10.11.2016, rectius 11.10.2016, come risultante dalla documentazione prodotta) di una apposita s.c.i.a., e del suo consolidamento per essere poi decorsi 60 gg. senza adozione di alcun provvedimento inibitorio: di qui il non poter il Comune di Letino ordinare direttamente la cessazione dell’attività prima di aver rimosso tale titolo abilitativo.

In contrario a tale argomentazione, va invece rilevato come il comma 4 dell’art. 19 L. 241/1990, in tema di s.c.i.a., stabilisca che “Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l’amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21-nonies.”: perciò, nella specie non occorreva alcun previo provvedimento di ritiro (non essendovi alcun espresso provvedimento autorizzatorio), ben potendo comunque l’Amministrazione vietare la prosecuzione dell’attività una volta accertata la carenza dei relativi necessari requisiti e presupposti (nell’occasione costituita dai riscontrati abusi), attesa, peraltro la presenza delle condizioni previste dall’art. 21 nonies L. 241/1990 (ovvero essendo decorsi appena qualche mese dalla presentazione della s.c.i.a., nonché sussistendo in re ipsa un prevalente interesse pubblico volto ad evitare lo svolgimento di un’attività di somministrazione in locali abusivi).

Peraltro, la necessità di un previo avviso di avvio del procedimento di inibizione (cui viene fatto riferimento nel quarto motivo di ricorso) appare superabile ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/1990, avendo comunque il Comune di Letino dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (anche dovendosi considerare una implicita urgenza dell’adozione di questo).

Neppure risulta fondato il secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che la P.A. avrebbe, nel frangente, “arbitrariamente applicato la disciplina prevista per le normali attività di somministrazione di alimenti e bevande”, poiché parte ricorrente prospetta che l’attività di home restaurant, ancorché sprovvista al momento di specifica disciplina, sarebbe in realtà del tutto peculiare, come dimostrato dall’essere in corso l’iter legislativo per l’approvazione di una disciplina ad hoc. In contrario, invero, va osservato che, non essendo in vigore alcuna speciale disciplina derogatoria, all’attività in commento, avente essenzialmente ad oggetto la somministrazione di alimenti e bevande (come risultante da apposita comunicazione al Comune, prot. n. 1991 del 9.9.2016), per di più non occasionale o solo ai soci della ASD Matese Country Ranch, ma anche ad “eventuali clienti occasionali”, non può che applicarsi l’ordinaria normativa regolante appunto tali somministrazioni, e quindi anche l’art. 3 co. 7 L. 287/1991, indipendentemente dalla circostanza che ciò avvenga nel domicilio dell’esercente (a tacere del rilievo che, venendo meno la mera occasionalità della prestazione, anche tale ambito privato diverrebbe in realtà aperto al pubblico).

Da disattendere, infine, è anche il primo motivo di ricorso (secondo cui l’inibizione avrebbe dovuto essere limitata alla sola parte di immobile caratterizzata dalla presenza di difformità), in quanto dall’analitica descrizione degli abusi riscontrati si evince che questi hanno in pratica connotato l’intero immobile (essendo presenti in tutti e tre i livelli, ovvero al piano seminterrato, al piano primo e al sottotetto; nonché ai lati ovest, est e nord), non residuando perciò alcuna parte utilizzabile per l’attività in svolgimento.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da Carini Alfredo, in proprio e nella qualità di Presidente p.t. dell’A.S.D. Matese Country Ranch, lo respinge.

Condanna parte ricorrente alla rifusione in favore del Comune di Letino delle spese di giudizio, che liquida in complessivi €2.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore

Rosalba Giansante, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michelangelo Maria Liguori Italo Caso

IL SEGRETARIO

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