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MARZANO APPIO – L’importanza di chiamarsi “Maestro”: i Maestri hanno fatto la storia, i Professori la spiegano

MARZANO APPIO (di Nicolina Moretta) A volte incontro persone che con benevolenza e buonafede mi chiamano professoressa. Con la stessa benevolenza e buonafede preciso: sono maestra. Ieri è apparso su questo giornale un articolo che commemorava l’anniversario della morte del maestro Maurizio (tutti lo chiamavano Mauro) Venticinque e nel titolo dell’articolo è stato definito: “professore Venticinque.” Maurizio era mio amico e collega ed era un maestro, nel senso che faceva il maestro. Allora mi chiedo: perché si ha tanta difficoltà ad usare questo nome comune? Pare che vi sia una sorta di pudore nel chiamare un maestro: maestro o maestra, che non mi spiego. Eppure abbiamo una storia e ne abbiamo fatta di storia. I nostri decani e decane sono stati i cani da guardia dell’opera svolta dai partigiani per la democrazia. Nel dopoguerra abbiamo alfabetizzato l’Italia con enormi sacrifici. Abbiamo raggiunto montagne e ogni luogo impervio a dorso di mulo o a piedi per insegnare a tutti. Mentre il maestro Alberto Manzi insegnava dallo schermo televisivo, giovani maestri e maestre insegnavano nelle scuole serali agli adulti e agli anziani che apprendendo, imparando a leggere, scrivere e far di conto, sviluppavano anche il desiderio di un mondo migliore pure per i propri figli e nipoti. E se proviamo ad allargare l’orizzonte su di uno scenario millenario incontriamo subito Il Maestro nostro Signore. Provate un po’ a dirmi chi è stato più rivoluzionario di Lui? Senza contare i maestri che si incontrano nella storia dell’arte. Come venivano chiamati Leonardo da Vinci e Michelangelo? E provate a chiamare un direttore d’orchestra: professore e non maestro, vedete un po’ cosa vi risponde! Dunque, con buona pace dei professori, penso si possa dire: i maestri hanno fatto la storia, i professori la spiegano.

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