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PERUGIA / PIETRAMELARA – Frodi fiscali, Gallo è libero ma non può lasciare Pietramelara

PERUGIA / PIETRAMELARA – E’ stato scarcerato l’uomo di Pietramelara coinvolto in un’inchiesta – condotta dalla Guardia di Finanza di Perugia – contro un’associazione a delinquere  finalizzata alle frodi fiscali nella commercializzazione di carburante per autotrazione. Per il 39enne Filippo Gallo, difeso dall’avvocato Michele Mozzi, il giudice ha imposto l’obbligo di dimora nel piccolo comune dell’alto casertano, Pietramelara.  La maxioperazione della Guardia di finanza a Perugia aveva condotto a 13 arresti  nell’ambito di un’indagine su una presunta associazione per delinquere finalizzata a commettere frodi fiscali mediante la commercializzazione di carburante per autotrazione. Le misure cautelari erano state disposte dal gip di Perugia al termine dell’inchiesta Good Platts eseguita dal nucleo di polizia economico-finanziaria del capoluogo umbro. Contestualmente agli arresti, con l’ausilio dell’Agenzia delle dogane di Perugia, cè stato il sequestro di un importo equivalente alla frode all’Iva accertata, superiore a 25 milioni di euro, sui conti correnti, sulle quote societarie e sui beni mobili e immobili considerati riconducibili agli indagati ed alle società coinvolte. Gallo è detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Due “organizzazioni” di imprenditori smantellate, la figura dell’imprenditore umbro Mauro Olivi considerata come collante di una maxi evasione sulla benzina e il gasolio da oltre 25 milioni di euro, un giro vorticoso di società che producono documenti contabili falsi e prestanome ottantenni: questo, il giro scoperto e stroncato dalla guardia di finanza e dall’ufficio delle dogane di Perugia nel corso di due anni di indagini, con provvedimenti importanti per bloccare subito gli effetti nefasti di questa maxi frode.
Le complesse indagini di polizia giudiziaria, dirette da questo Ufficio ed eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia e, per i profili di competenza, dal locale Ufficio Doganale, hanno preso il via da un controllo fiscale aperto nei confronti di un’importante società umbra operante nella distribuzione di prodotti petroliferi.
All’esito di detto controllo si è proceduto all’effettuazione di mirate analisi di rischio, insieme aspecifici servizi di osservazione e pedinamento ed approfondimenti dei rapporti commerciali intrattenuti da un imprenditore umbro, che hanno consentito, anche con l’ausilio di indagini tecniche e finanziarie, di risalire sino ai vertici di due distinte organizzazioni criminali, di cui una operante anche in ambito internazionale, nel settore della commercializzazione di carburante per autotrazione.
In particolare, l’imprenditore umbro è risultato il “terminale privilegiato” delle due organizzazioni che, in modo del tutto indipendente l’una dall’altra, avevano messo in piedi una colossale frode all’IVA. Infatti, sui carburanti gravano, per il 72% circa del costo industriale, due tipologie di imposte: le accise (50% circa) e l’IVA (22%), che costituiscono un’importante entrata per il bilancio nazionale. Sfruttando la normativa vigente in caso di acquisti di beni in ambito comunitario, per cui l’IVA viene applicata nel Paese di destinazione, le due organizzazioni criminali avevano posto in essere sofisticati sistemi per evitare il pagamento dell’imposta ed ottenere illeciti guadagni con il commercio di carburante.  In particolare, i promotori di una delle due associazioni avevano costituito una società svizzera, che acquistava carburante da regolari raffinerie dislocate in Slovenia e Croazia e lo rivendeva, applicando un margine di guadagno, a 8 società fittizie con sede in Italia, appositamente create ed intestate a prestanomi ma, di fatto, riconducibili agli stessi promotori.  Così, mentre il carburante transitava dall’Est Europa in un deposito fiscale italiano, in attesa di giungere ai destinatari finali, le società interposte emettevano false fatture di vendita ad un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto dalla società svizzera, con l’applicazione dell’IVA.  In questo modo, i destinatari finali del carburante riuscivano a spuntare un prezzo più basso di quello praticato dal mercato, così da poter praticare, presso le proprie pompe di benzina, prezzi più convenienti rispetto alla concorrenza, con conseguente distorsione del mercato e notevole danno per gli altri operatori del settore.
Inoltre, per evitare controlli che potessero disvelare il meccanismo fraudolento, il prelevamento del carburante dal deposito fiscale avveniva in tutta regolarità, con il pagamento dell’accisa e la predisposizione della documentazione di trasporto per le autocisterne: allo stesso modo, venivano regolarmente effettuati i pagamenti in corrispondenza dei vari passaggi del prodotto (società svizzera – società fittizie – cliente finale). Analogo schema fraudolento è stato adottato dalla seconda organizzazione criminale che si è avvalsa della consulenza di un commercialista romano per l’individuazione dei potenziali prestanomi cui intestare 13 società fittizie, che rivendevano il carburante a distributori finali.In alcuni casi, venivano poste in essere delle varianti al modus operandi per rendere più complessa la ricostruzione dei fatti illeciti: le società fittizie procedevano, infatti, all’acquisto di carburante da fornitori italiani presentando false “dichiarazioni di intento”, in cui attestavano di essere esportatori abituali, circostanza che consentiva di traslare su di loro il debito IVA.

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