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Caserta / Piedimonte Matese – Gestione rifiuti, confermata la condanna per Santillo: Magliocca e il lupo a guardia delle pecore

Caserta / Piedimonte Matese – La Corte dei Conti Centrale ha respinto l’appello proposto da Gianluigi Santillo, ex presidente del Consorzio rifiuti Ce1 e attuale presidente del consiglio comunale di Piedimonte Matese. I giudici romani hanno confermato la sentenza di condanna in primo grado: Santillo dovrà rimborsare l’ente consortile di San Potito Sannitico, con 120mila euro. La sentenza è definitiva. E questo apre un altro fronte: quello che si snoda lungo la politica provinciale. Infatti, lo scorso 12 ottobre Santillo è stato eletto (elezione di secondo livello, cioè i politici si votano fra loro) consigliere provinciale. E pochi giorni fa il neo presidente della provincia di Caserta – Giorgio Magliocca – ha conferito a Santillo la delega all’ambiente (in sostanza all’ecologia e quindi ai rifiuti).
Come mai?
Magliocca non sapeva della sentenza dello scorso luglio 2017?
Ha deliberatamente ignorato?
A molti è sembrato come mettere un lupo a guardia di un ovile. Santillo – davanti ai giudici della Corte dei Conti – ha tentato di difendersi in ogni modo, anche affermando di essere ignorante in materia. “….. attesa la complessità della procedura di assunzione – per la quale l’appellante tiene, peraltro, a sottolineare la propria “ignoranza” in materia (“forse troppo ignorante per rendersi conto dell’eventuale alterazione delle procedure burocratiche…”) essa non poteva essere gestita dal solo Presidente.
I giudici, sulla questione sono stati molto chiari:
“…… Non può invece essere condiviso il fatto della supposta ‘ignoranza’ giuridica del Presidente del Consorzio (che risulta in atti essere insegnante di Educazione Fisica), in quanto essa non solo non può essere scusata, per definizione (qualora fosse veritiera), ma certamente non può giustificare i comportamenti illegittimi mantenuti quale Presidente del Consorzio, che hanno dato luogo ad assunzioni illecite, in quanto trattasi di carica (quella di Presidente) che risulta essere stata liberamente accettata e che per ricoprire la quale è richiesta espressamente dallo Statuto del Consorzio, art. 19, “specifica competenza professionale, tecnica ed amministrativa”.

Ecco la sentenza n.247/2017

REPUBBLICA ITALIANA

CORTE DEI CONTI

Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello

Composta dai sig.ri Magistrati:

dott. Enzo ROTOLO             Presidente

dott. Salvatore NICOLELLA       Consigliere

dott.ssa Emma ROSATI    Consigliere relatore

dott.ssa P.M. Adriana LA CAVA Consigliere

dott.ssa Elena TOMASSINI          Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi in appello in materia di responsabilità, iscritti ai nn. 50035 e 51135 del Registro di Segreteria, proposti, rispettivamente, 1) dal sig. Gianluigi SANTILLO , rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio SANTILLO , elettivamente domiciliato a PIEDIMONTE MATESE 81016, Via dell’Immacolata, n. 3, presso lo Studio del medesimo avvocato difensore, appellante principale, 2) dal Procuratore Generale, appellante incidentale, avverso la sentenza n. 575/2015 della Corte dei conti Sezione giurisdizionale per la Regione CAMPANIA, depositata il 22 maggio 2015.

Visti gli atti d’appello e gli atti tutti di causa;

uditi, nella Pubblica Udienza del 20 dicembre 2016, il Relatore, Consigliere dott.ssa Emma ROSATI, l’avvocato Antonio SANTILLO , per parte appellante principale nonché il VPG dott.ssa Alessandra POMPONIO, per la Procura Generale.

* * * * *

Ritenuto in fatto

Con la sentenza impugnata è stata condannato il sig. Gianluigi SANTILLO , nella qualità di Presidente del CONSORZIO UNICO di BACINO delle Province di NAPOLI e CASERTA, al risarcimento erariale del danno di euro 120.000,00, oltre accessori.

Il danno – originariamente contestato dalla Procura Regionale, il 10 gennaio 2012, per euro 610.137,37, nei confronti dei signori Gianluigi SANTILLO e Annamaria DEL VECCHIO, rispettivamente, Presidente e Responsabile del servizio finanziario del CONSORZIO suddetto – originava dall’avere dolosamente effettuato assunzioni illegittime, nel corso dell’anno 2008, a seguito del passaggio dei dipendenti della soppressa società MATESE AMBIENTE srl al CONSORZIO UNICO di BACINO (CUB).

In particolare, si trattava di sette lavoratori non aventi titolo ad essere assunti con contratto a tempo indeterminato, in assenza di regolare procedura concorsuale, quale prevista dall’art. 35 D.Lgs. n. 165/2001 (per il quale, l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni avviene con contratto individuale di lavoro tramite procedure selettive, volte all’accertamento della professionalità richiesta ovvero mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo e facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità) e dall’art. 40 dello Statuto del CONSORZIO CE/1, che prevede assunzioni di personale mediante concorso pubblico e pubblica selezione.

Tre dei sette dipendenti, infatti, risultavano assunti ex novo senza procedura concorsuale, non essendo in precedenza neppure dipendenti della stessa MATESE AMBIENTE srl, mentre gli altri quattro non possedevano una anzianità di servizio superiore a sei mesi presso la predetta Società ed avrebbero ottenuto anche considerevoli miglioramenti economici con il passaggio al tempo indeterminato e l’incremento delle ore di lavoro part-time, da venti a trenta settimanali.

Le assunzioni de quibus neppure erano state sottoposte alla ratifica del CdA del CONSORZIO, in violazione dello Statuto, fatto questo che ne avrebbe dovuto comportare l’immediata ed automatica decadenza.

Con la sentenza impugnata è stato ritenuto di escludere la responsabilità della signora DEL VECCHIO, con riferimento alla insussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave, essendosi la medesima limitata a verificare l’esistenza della copertura finanziaria dell’operazione, mentre – peraltro – veniva rimarcata in sentenza la sua attività di denuncia e di collaborazione con gli inquirenti.

Il danno addossato al solo Presidente SANTILLO veniva rideterminato in euro 200.000,00, con determinazione equitativa e veniva poi ridotto, in presenza di validi elementi comportanti l’applicazione del potere riduttivo del giudice, in euro 120.000,00.

Avverso la sentenza ha proposto appello il signor G. SANTILLO , lamentando erroneità ed ingiustizia della medesima, contraddittorietà, illogicità ed incoerenza della motivazione, rispetto al contesto normativo vigente ed alla ricostruzione del fatto illecito e dei principi giurisprudenziali costanti; ha rassegnato perciò plurime doglianze, che possono riassumersi: 1) la sentenza deve essere integrata nella ricostruzione dei fatti processuali, tenuto conto che parte appellante principale (a dispetto di quanto omesso a pag. 5 della sentenza impugnata) ha impugnato la documentazione prodotta agli atti della Procura Regionale, trattandosi di documentazione acquisita in violazione del contraddittorio delle parti, inutilizzabile ai fini della decisione e chiesto l’acquisizione ex art. 210-213 cpc, dal CONSORZIO UNICO di BACINO di informazioni scritte relative ai contratti ed utilizzo del personale con riferimento alle persone DI STASIO, BOLOGNA, PISATURO, VITELLI, BRANDI, TREPICCIONE, MIRANDA (chiedendone, altresì, l’escussione come testi). 2) L’appellante rileva poi l’erronea applicazione dei principi di diritto e dei precedenti giurisprudenziali in tema di onere della prova, non essendo stata acquisita agli atti alcuna prova della consapevolezza e della compartecipazione volitiva od omissiva del SANTILLO al fatto considerato produttivo del danno o dello svolgimento di un ruolo chiave nel corso delle trattative con le organizzazioni sindacali; il SANTILLO si sarebbe infatti limitato a svolgere il ruolo di notaio, ma non di decisore, avendo peraltro certezza della copertura finanziaria ed essendo rimasto in carica per un periodo limitatissimo di appena tre mesi; inoltre, attesa la complessità della procedura di assunzione – per la quale l’appellante tiene, peraltro, a sottolineare la propria “ignoranza” in materia (“forse troppo ignorante per rendersi conto dell’eventuale alterazione delle procedure burocratiche…”) – essa non poteva essere gestita dal solo Presidente. 3) Il CONSORZIO aveva natura privatistica e come tale non era tenuto ad osservare le norme pubblicistiche in materia di assunzione di personale. 4) La quantificazione del danno a carico del solo SANTILLO appare eccessiva in rapporto agli stipendi medi mensili (non superiori a 1.100,00 euro) erogati a sette dipendenti per tre mesi. 5) Erronea mancata considerazione dei vantaggi conseguiti dalla pubblica amministrazione.

In conclusione, l’appellante principale ha chiesto la totale riforma della sentenza, con l’assoluzione da ogni addebito e, in via gradata, previa assunzione dei mezzi istruttori indicati, la riforma della sentenza nella parte ritenuta erronea e non conforme a diritto, secondo quanto rappresentato nell’atto d’appello.

Con atto di costituzione e comparsa defensionale, depositato il 23.2.2016, la signora DEL VECCHIO, per mezzo del patrocinio legale dell’avv. Ciro CENTORE, ha ribadito la propria completa estraneità ai fatti di causa, chiedendo il rigetto dell’appello principale.

Con atto d’appello incidentale, datato 18 luglio 2016, l’Ufficio di Procura Generale ha impugnato la sentenza nella parte in cui ha quantificato il danno da condanna in euro 120.000,00, applicando una “doppia” riduzione del danno, che, a parere dell’Ufficio requirente, si appalesa esagerata e sproporzionata, rispetto al danno da citazione (=euro 610.137,37); ha perciò chiesto la condanna del sig. SANTILLO al risarcimento totale del danno da citazione, oltre accessori.

Alla stessa data del 16 luglio 2016 e contestualmente all’appello incidentale, l’Ufficio di Procura Generale ha contestato l’atto d’appello principale, ritenendolo infondato e chiedendone la sua reiezione con l’accoglimento del proprio appello incidentale ed il pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

All’odierna pubblica udienza, l’avv. A. SANTILLO , per l’appellante principale, ha chiesto preliminarmente l’inammissibilità dell’appello incidentale della Procura Generale, in quanto tardivo ed erroneamente iscritto quale appello incidentale; ha richiamato gli artt. 65 e 66 del Reg. Proc. e ss. mm. ii. Corte conti, n. 1038/1934.

Nel merito ha precisato l’inesistenza di alcun procedimento penale a carico del SANTILLO e che l’inserimento dei dati fu effettuato dall’impiegato MASTRANGELO mentre la trattativa con i Sindacati era seguita dalla sig.ra DEL VECCHIO; per motivo di ciò ha affermato che o non c’è responsabilità alcuna o, se c’è, questa debba essere condivisa con altri corresponsabili. Il SANTILLO ricoprì la carica per soli tre mesi, poi ci fu il commissariamento e lui non dovrebbe rispondere di un danno dalla natura incerta, per il quale vi sono solo indizi. Le somme addebitate appaiono inoltre esagerate e la responsabilità dell’eventuale danno, comunque, o è di tutti i corresponsabili della procedura o di nessuno. Ha chiesto conclusivamente l’accoglimento dell’appello; in subordine, ha chiesto che l’entità del danno venga rapportata ai soli tre mesi di carica e agli eventuali danni effettivi.

Il PM d’udienza ha anch’egli confermato l’inutile spirare dei termini per la proposizione dell’appello incidentale da parte dell’Ufficio requirente: sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale, inutilmente decorsi ed ha citato la QM n. 9/2000 delle SS.RR. di questa Corte. L’appello incidentale tardivo, tuttavia, può essere preso in considerazione alla stregua di memoria, per il ragionamento fatto palese dall’Ufficio di Procura.

Nel merito, ha sostenuto trattarsi di comportamento doloso del SANTILLO , per la consapevole condotta indirizzata contro chiarissime norme di legge; ha citato l’art. 32bis della L.Reg. n. 4/2008 ed ha ribadito trattarsi di disposizioni chiare e reiterate che il Presidente dell’ente conosceva. Ha ribadito che il principale requisito della legittimità delle procedure di assunzione fosse il concorso e che questo sia stato omesso. Risulta peraltro provata l’assenza dei requisiti da parte dei soggetti assunti. Ha chiesto infine la conferma della sentenza, senza ulteriore riduzione dell’importo, che sarebbe non motivata.

Considerato in diritto

Preliminarmente, si dispone la riunione in rito dei due giudizi d’appello all’esame, essendo rivolti ad impugnare la medesima sentenza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 335 cpc.

L’appello incidentale è inammissibile.

Sul punto, questo Collegio conferma e fa proprie le considerazioni di diritto, diffusamente svolte nelle pronunce delle Sezioni Riunite di questa Corte su questioni di massima relative all’ammissibilità e alle modalità dell’appello incidentale innanzi a questo Giudice, cui si fa opportuno e totale rinvio. (Cfr., SS.RR. n. 23/1998/QM, n. 9/2000/QM). Qui preme solo rammentare – come anche il PM d’udienza non ha mancato di sottolineare – che tutte le tipologie di appello ammissibili sono comunque soggette, in ambito giuscontabile, a termini perentori di presentazione.

Quanto all’appello principale, preliminarmente, in relazione al primo motivo, corre l’obbligo di rilevare che il requirente di prime cure, attraverso attenta e approfondita attività di indagine, nella fase pre-processuale dell’invito a dedurre, ha chiesto opportunamente alcuni incombenti istruttori, a seguito delle deduzioni fornite dagli invitati, SANTILLO e DEL VECCHIO, delegando la Guardia di Finanza di CASERTA.

Gli elementi acquisiti attraverso la suddetta delega istruttoria – il cui potere è rimesso per legge al pubblico ministero procedente – e le relative documentazioni acquisite sono poi entrati a far parte del fascicolo d’ufficio a seguito della citazione in giudizio. Nessuna lesione del diritto di difesa appare realizzata, né la documentazione acquisita, lo è stata in violazione del contraddittorio tra le parti e come tale inutilizzabile ai fini della decisione, perché trattasi di attività-facoltà – quella di delegare opportune indagini necessarie al successivo processo – del pubblico ministero contabile nella fase pre-processuale del giudizio (fase dell’invito a dedurre, caratterizzata da un contraddittorio ‘affievolito’), che poi viene rimessa agli atti di causa e viene a formare il fascicolo d’ufficio, che, nella successiva fase processuale, è, evidentemente, a disposizione di controparte per le relative difese. Si tratta, a ben vedere, di documentazione cartacea, su cui non c’è contestazione e sulla quale v’è stato contraddittorio pieno nella fase processuale.

2) Con il secondo motivo d’appello, l’appellante sostiene che non è stata acquisita agli atti alcuna prova della consapevolezza e della compartecipazione volitiva od omissiva del SANTILLO al fatto considerato produttivo del danno o dello svolgimento di un ruolo chiave nel corso delle trattative con le organizzazioni sindacali. Infatti, il SANTILLO si sarebbe limitato a svolgere il ruolo di notaio, ma non di decisore, avendo peraltro certezza della copertura finanziaria dell’operazione ed essendo rimasto in carica per un periodo limitatissimo di appena tre mesi. Inoltre, attesa la complessità della procedura di assunzione – per la quale l’appellante tiene, peraltro, a sottolineare la propria “ignoranza” in materia (“forse troppo ignorante per rendersi conto dell’eventuale alterazione delle procedure burocratiche…”) – essa non poteva essere gestita dal solo Presidente.

Partendo dalla fine, si deve subito rilevare che il Collegio di prime cure ha avuto ben presente il fatto della complessità della procedura di assunzione de qua e della necessaria compartecipazione di vari soggetti ed organi ad essa, tanto è vero che nelle motivazioni della rideterminazione dell’addebito sono state prese virtualmente in considerazione ulteriori responsabilità concorrenti e lo stesso fatto storico della breve permanenza nella carica del Presidente SANTILLO .

Non può invece essere condiviso il fatto della supposta ‘ignoranza’ giuridica del Presidente del Consorzio (che risulta in atti essere insegnante di Educazione Fisica), in quanto essa non solo non può essere scusata, per definizione (qualora fosse veritiera), ma certamente non può giustificare i comportamenti illegittimi mantenuti quale Presidente del Consorzio, che hanno dato luogo ad assunzioni illecite, in quanto trattasi di carica (quella di Presidente) che risulta essere stata liberamente accettata e che per ricoprire la quale è richiesta espressamente dallo Statuto del Consorzio, art. 19, “specifica competenza professionale, tecnica ed amministrativa”.

Ora, senza dubbio egli svolse la sua carica valendosi dell’apporto di collaboratori (la cui virtuale responsabilità, infatti, è stata presa in considerazione) ma ciò, evidentemente, non può eliminare la sua responsabilità personale nella vicenda de qua, in quanto, vuoi per la posizione esponenziale rivestita nell’ente, vuoi per il ruolo svolto, egli doveva avere necessariamente la piena consapevolezza dell’illecita operazione assunzionale che stava ponendo in essere, a meno di non pensare che si trattasse di un minus habens; risultano, infatti, effettuate – come evidenziato dal responsabile dell’Articolazione territoriale CE/1 del CONSORZIO UNICO di BACINO delle Province di NAPOLI e CASERTA – assunzioni macroscopicamente ingiustificate ed illegittime di sette dipendenti da parte del CONSORZIO CE/1, non aventi alcun titolo per ottenere la stipulazione di contratti a tempo indeterminato dall’Ente casertano. Ciò non poteva essere ignorato dal titolare di ufficio, più alto in carica del CONSORZIO, a prescindere dal possesso delle competenze in materia, che comunque devono ritenersi presunte, attesa l’importanza istituzionale del ruolo rivestito nell’Ente.

3) Con il terzo motivo d’appello, l’appellante si duole del fatto che il CONSORZIO aveva natura privatistica e come tale non era tenuto ad osservare le norme pubblicistiche in materia di assunzione di personale, per cui l‘eventuale responsabilità dell’organo decisore non può essere valutata solo sulla scorta di un dato formale ovvero la mancanza di concorso pubblico. A parere di parte impugnante, infatti, non sussisterebbe il danno all’Ente, stante la copertura finanziaria e l’effettivo lavoro svolto dai dipendenti assunti.

Anche questo motivo d’appello è infondato.

E’ appena il caso di sottolineare la netta connotazione giuridica pubblica del consorzio unico di bacino de quo, caratterizzato dall’appartenenza territoriale alle Province di NAPOLI e CASERTA, disciplinato, in materia di assunzioni, dalle normative di cui al D.Lgs. n. 165/2001, nonché dalle specifiche normative dello Statuto, che fanno indubbio riferimento alle procedure concorsuali pubbliche, quale unica modalità per la provvista di personale a tempo indeterminato.

In particolare, l’art. 40 dello Statuto del Consorzio intercomunale per lo smaltimento dei rifiuti del bacino di utenza n. CE/1, che reca “Assunzioni del personale”, recita espressamente: “Il personale del consorzio è assunto mediante concorso pubblico o mediante pubblica selezione. E’ consentito affidare a singoli professionisti o a società specializzate la preselezione o la selezione del personale da assumere”.

E’ perciò evidente l’imprescindibilità del concorso pubblico e della selezione dei partecipanti per tale tipologia di enti; del resto, anche l’opportuno richiamo, in sentenza, e, all’odierna udienza, da parte del PM, all’art. 32bis della legge regionale 28 marzo 2007, n. 4, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. r), L. R. CAMPANIA, n. 4/2008, non fa che confermare la connotazione pubblica dei consorzi obbligatori di bacino per lo smaltimento dei rifiuti, che – cessando di svolgere le proprie funzioni – vengono assorbiti dalle Province, che subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi. Per questo motivo risultano appositi moniti ad opera del Commissario delegato e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri (come riportati dalla GdF nella Relazione del 16 dicembre 2010, pag. 19) che intendono sensibilizzare i consorzi verso il rispetto delle procedure concorsuali di assunzione: “Giungono segnalazioni in merito alla circostanza che alcuni consorzi di bacino stiano assumendo personale o siano in procinto di farlo, nonostante il disposto di cui all’art. 32bis della legge regionale n. 4/08”. A ciò si aggiunga che il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con nota del 27 giugno 2008, n. 2036/5, indirizzata a tutti i Consorzi, ha segnalato la “necessità di astenersi da atti eccedenti l’ordinaria amministrazione anche con riferimento a possibili assunzioni di personale”.

4) L’appellante ha quindi dedotto la sussistenza di un’erronea quantificazione del danno, sproporzionata ed ingiustificata in rapporto agli stipendi degli assunti.

Anche questo motivo appare infondato.

Ed invero l’atto di citazione espone chiaramente e con ragionamento immune da qualsiasi censura, il calcolo effettuato (evidentemente, al lordo e non al netto di tutte le somme pagate, come trasmesse dal rapporto della GdF) in relazione agli emolumenti pagati in favore dei dipendenti interessati, che qui basterà solo fare opportuno rinvio alle pagg. 5-6-7 dell’atto di citazione in giudizio.

Il danno imputabile è stato poi notevolmente ridotto dal primo giudice, proprio in considerazione di virtuali corresponsabilità, del tempo limitato in cui il SANTILLO ricoprì la carica e del fatto che i successori non adottarono provvedimenti di autotutela; sulla rideterminazione, come detto, è stato ulteriormente applicato il potere riduttivo dell’addebito, in considerazione anche di causa esterne; il danno per cui è condanna appare quindi correttamente individuato.

5) Né è possibile prendere in considerazione eventuali, supposti vantaggi, atteso che l’illecita operazione di assunzione non ha potuto procurare alcuna utilità alla pubblica amministrazione, trattandosi di personale assunto irregolarmente e che non possedeva i requisiti di legge per l’assunzione medesima: ogni assunzione ‘diretta’ è infatti illegittima e fonte di responsabilità amministrativa. E’ evidente che così facendo l’amministrazione, non escludendo i candidati privi dei requisiti previsti dalla legge e non indicendo regolari selezioni pubbliche aperte, ha illecitamente introdotto in ambito pubblico chi avrebbe dovuto restarne fuori, impedendo l’accesso a chi eventualmente avesse posseduto i requisiti soggettivi per partecipare alle legittime selezioni.

Va infine precisato che nella fattispecie all’esame l’illiceità delle assunzioni è stata altresì suggellata dall’assenza della successiva ratifica da parte del preposto organo consortile, Consiglio di Amministrazione, cui gli atti di assunzione dovevano essere sottoposti per la relativa ratifica, entro dieci giorni dall’adozione (art. 26, 2° comma Statuto) e la mancata ratifica – entro trenta giorni dall’adozione – avrebbe dovuto comportare la loro automatica decadenza (art. 26, 3° comma Statuto).

Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ferme e comunque dovute le spese del primo grado.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, così decide:

DICHIARA l’inammissibilità dell’appello incidentale n. 51135;

RIGETTA l’appello principale n. 50035 e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in euro 144,00 (centoquarantaquattro/00).

Ferme e comunque dovute le spese di primo grado.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 20 dicembre 2016.

Il Consigliere estensore         Il Presidente

(f.to dott.ssa Emma ROSATI) (f.to dott.Enzo ROTOLO)

 

Depositata in Segreteria il 5 LUG.2017

(IL DIRIGENTE)

f.to Daniela D’Amaro

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